Formazione. Its, un'esperienza da cui imparare
Da circa dieci anni gli Its sono diventati un pilastro del sistema duale
L’Italia si sta misurando con la grande crisi globale dalla pandemia già provata da alcuni gravi fattori di ritardo. Tra questi hanno particolare rilevanza le basse percentuali di raggiungimento dei titoli di studio secondari e terziari: la quota di 25-64enni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore è pari al 62,2% nel 2019, un valore molto inferiore a quello medio dell’Ue, pari a 78,7%, e a quello di alcuni Paesi, tra cui Germania (86,6%), Francia (80,4%) e Regno Unito (81,1%). I 2/3 dei figli di genitori senza istruzione superiore non superano il livello delle loro famiglie. Quanto ai titoli di studio terziari, ne sono in
possesso solo due persone su dieci, circa il 19,6%, contro il 33,2% della media europea. Dalle rilevazioni sugli stranieri emerge che, nel 2019, solo il 47,3% ha almeno il diploma di secondaria superiore e appena il 12% un titolo terziario. Nell’Ue l’istruzione degli stranieri nel corso del tempo si è innalzata significativamente, mentre in Italia la quota di stranieri con diploma si è ridotta di 6,3 punti dal 2008
ed è rimasta invariata quella con un titolo terziario.
Inoltre la bassa produttività del lavoro, data dal rapporto tra valore aggiunto e ore lavorate: nel periodo 2014-18, la produttività è aumentata in misura modesta (+0,3% medio annuo), con ampliamento del divario rispetto all’Ue (+1,4%) e all’area Euro (+1%). Il ritmo di crescita è contenuto anche se confrontato con quelli di Francia (+1,3%), Germania (+1,1%), Spagna e Regno Unito ( +0,7%).
Per Dario Odifreddi, presidente di Piazza dei mestieri a Torino, «le due criticità sono interconnesse. Se non si risolve il problema dei bassi di livelli di istruzione non sarà possibile incrementare la capacità del sistema produttivo di competere sui mercati globali. La sfida riguarda l’intero sistema educativo, quindi scuole, Università e filiera professionalizzante». A proposito di quest'ultima, la prima tappa significativa si è avuta con la legge 53/2003, la cosiddetta legge Moratti, che per la prima volta ha introdotto un’ Istruzione e Formazione Professionale (I&Fp) come canale triennale in cui assolvere l’obbligo di istruzione e conseguire qualifiche professionali. «L’offerta - spiega Odifreddi - coinvolge in Italia circa 300mila giovani, purtroppo solo in meno di metà delle regioni. Una diffusione a macchia di leopardo derivata largamente da scelte regionali e dall’incapacità del governo centrale di dare vera attuazione ai Lep-Livelli
essenziali delle prestazioni nonché da una mole di risorse dedicate decisamente modesta. Si deve tuttavia osservare che dove la I&Fp si è radicata dotandosi anche di un IV anno per il diploma professionale, ha mostrato una buona capacità di ridurre la dispersione, di abbassare i tassi di inattività dei giovani, di ridurre i tempi di transizione al lavoro».
La valenza di questo segmento del sistema sta nel saper valorizzare il saper fare, costruendo l’apprendimento secondo una logica (appropriata al talento e alle aspirazioni di molti giovani) che dall’esperienza risale ai saperi generali attraverso un percorso progressivo di modellizzazione e generalizzazione. Negli ultimi cinque anni il sistema della I&Fp ha fatto un ulteriore passo avanti introducendo percorsi specifici di tipo duale in cui alla formazione si affianca un’alternanza rinforzata e una valorizzazione dell’apprendistato formativo di primo livello, quello per l’acquisizione di qualifiche
formali.
Negli ultimi dieci anni, invece, è nato il sistema degli Its (Istituti tecnici superiori). Degli Its si parla molto in quest’ultimo periodo in virtù del rilevante stanziamento di risorse ( 1,5 miliardi di euro) previsto nel Recovery Plan. Si tratta di un’offerta formativa fondata sulla collaborazione tra una pluralità di soggetti che introduce per la prima volta in modo significativo il concetto del merito nell’erogazione dei servizi educativi. «I&Fp e Its - conclude il presidente di Piazza dei mestieri - sono le due tessere principali di una delle sfide dei prossimi anni, la costruzione di una filiera professionalizzante verticalmente integrata che è una delle chiavi per ridurre i divari con i nostri competitor, sul tema della bassa scolarizzazione come su quello della riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Si tratta dunque di una scelta da cui dipenderà in misura significativa la tenuta imprenditoriale del Paese. Ma agire solo su una parte della filiera sarebbe una scelta miope, priva della necessaria organicità. È importantissimo, a questo scopo, superare lo stacco tra il diploma professionalizzante che si consegue con il IV anno e l’accesso all’Its, che oggi costringe i giovani interessati a colmare la distanza dal diploma quinquennale degli istituti tecnici e
professionali attraverso la frequenza di un anno di Ifts (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore). Di qui la proposta degli Its del Piemonte di sperimentare un percorso in continuità verticale tra I&Fp e Its. Ma ci sono anche altri temi da affrontare per sviluppare gli Its e l’intera filiera professionalizzante, tra cui come sottrarre l’offerta formativa al dispositivo dei bandi, che ostacola fortemente il suo affermarsi come sistema stabile e riconoscibile dall’utenza».