Economia

G20 A CANNES. Il Fmi vigilerà sull’Italia. «Ma niente aiuti»

Pietro Saccò venerdì 4 novembre 2011

Se gli investitori non credono al governo italiano, e si fidano poco anche della Commissione europea, crederanno almeno al Fondo monetario internazionale. È questa la logica della soluzione emersa dal vertice del G20 di Cannes per sgombrare il campo dei mercati dal rischio di scarsa fiducia nella capacità del nostro Paese di mantenere le promesse fatte.

L’Europa, e di conseguenza anche il G20, hanno confermato che le misure proposte dal governo italiano nel vertice del 27 ottobre scorso a Bruxelles per assicurare il risanamento dei conti pubblici e lo sviluppo sono adeguate. Ma i mercati hanno dimostrato di non credere che l’Italia riuscirà a metterle in pratica. Ed è qui che entra in gioco il Fmi, chiamato a verificare periodicamente se l’Italia manterrà i suoi impegni.Silvio Berlusconi può dirsi soddisfatto. Perché, come ha confermato il leader europeo José Manuel Barroso e come recita il comunicato finale del summit, è stata l’Italia a «decidere di invitare il Fmi a procedere con una verifica pubblica della messa in opera delle sue politiche su base trimestrale».

Quindi il controllo degli ispettori del Fondo non è un commissariamento e non risulta un’imposizione dell’asse franco-tedesco. Ed è stato ancora Barroso ad affermare che i dubbi sulla capacità dell’Italia di far fronte ai propri impegni «sono dei mercati» e non dell’Europa. Inoltre gli ispettori del Fmi, che saranno in Italia nelle prossime settimane, avranno solo il compito di "certificare" l’attuazione delle misure per lo sviluppo e per la solidità dei conti pubblici promesse da Roma a Bruxelles. Spiega il presidente del Consiglio: «Dovendo ottenere dall’opinione pubblica dei mercati finanziari la fiducia sulle riforme approvate in sede governativa, abbiamo ritenuto di fare come un’azienda, che quando vuole presentare nel modo migliore i suoi titoli sul mercato chiede la certificazione del proprio bilancio alla società specializzata. In questo caso il Fmi».A fianco di Berlusconi, Giulio Tremonti chiarisce che il Fondo in Italia farà «technical assistance», cioé «assistenza tecnica», e questo, precisa il ministro dell’Economia, è «un ruolo addizionale del Fondo nel quale l’organismo ha già molta esperienza». «Vogliamo che il processo di riforma in atto sia così trasparente da essere controllato» conclude Tremonti.

A questa soluzione, fa sapere Berlusconi, ha lavorato anche Giorgio Napolitano: «Il Quirinale si è fatto parte attiva colloquiando con Barroso e con Van Rompuy, quindi per dire che siamo tutti sulla stessa barca. Il presidente della Repubblica ha operato in un modo che io sento pubblicamente di ringraziare». Ma adesso, sottoposto a un doppio controllo internazionale, il governo non può permettersi di non procedere con le riforme promesse.Se gli ispettori nelle loro visite trimestrali dovessero dire che l’Italia non sta mantenendo la parola «saremmo in difficoltà», ammette Berlusconi, ripetendo però che questa «è un’ipotesi dell’irrealtà, perché noi le riforme le faremo» e che l’unica cosa che il Fondo ci dà è «l’autorevolezza che gli è propria». Non i soldi, anche su questo aspetto c’è un piccolo giallo. Il premier dice infatti che il direttore del Fondo, Christine Lagarde, ha anche «cordialmente» proposto all’Italia un aiuto finanziario, rifiutato dal governo. Altrettanto cordialmente, lei, però, smentisce.