La guerra e il mercato. Finanza etica sotto pressione: «Dovete investire sulle armi»
I carristi della 93esima brigata ucraina Kholodnyi Yar riparano un carrarmato nella regione del Donetsk
Con la guerra tra Russia e Ucraina che infuria alle porte dell’Europa è « perverso» che gli investitori che applicano criteri di sostenibilità continuino a evitare il settore della Difesa. È quello che due sottosegretari del governo britannico, Andrew Griffith e James Cartlidge, con delega, rispettivamente, ai servizi finanziari e agli appalti militari, hanno scritto in una lettera al Mail on Sunday del 1° agosto.
Un’uscita estemporanea? Non proprio. L’attacco dei due deputati Tory è la coda delle polemiche innescate dalla decisione della banca Coutts di chiudere il contro di Nigel Farage, il leader brexiteer della destra oltranzista, per prendere le distanze da un cliente controverso come Farage che avrebbe potuto metterne a rischio la reputazione. La vicenda è stata associata a un rigurgito di woke capitalism, una forma di capitalismo ancorata a “questioni di principio” riconducibili, per semplificare, alla governance attenta all’ambiente e alla giustizia sociale (i criteri ESG, sigla che sta per Enviroment, Social e Governance).
Per Griffith e Cartlidge la finanza etica è un « virus » che avrebbe pericolosamente contaminato l’industria e la finanza britannica. Il tabù degli investimenti in armamenti è a loro dire una chiusura al mercato che fa a pugni con l’idea su cui si regge l’appoggio dell’Occidente a Kiev nella guerra contro Mosca ovvero che la libertà e la democrazia si difendono anche con la forza. I due membri dell’esecutivo si sono spinti fino a considerare questo approccio come un « malinteso » che espone la nazione alle minacce di Paesi dittatoriali e che, a lungo termine, «rischia di far morire di fame» il mercato dei capitali d’Oltremanica.
Una vista della City di Londra, il cuore della finanza europea - Ansa
La “vicenda Farage” suona a molti come un pretesto per smuovere il dibattito, per lo più sommerso, sulla rottamazione dell’approccio etico agli investimenti e, in particolare, a quelli in Difesa, in corso già da tempo. Se il cambiamento climatico continua a drenare denaro verso fondi attenti all’ambiente, con il conflitto in Ucraina cresce la pressione sui fondi sostenibili perché smettano di astenersi dall’investimento sul settore delle armi. «Considerazioni ESG eccessivamente caute, o applicate in modo errato, stanno drasticamente influenzando la capacità del settore Difesa di offrire un vantaggio al Regno Unito» ha detto Kevin Craven, numero uno di ADS Group, l’associazione britannica dell’industria della difesa e degli armamenti.
Secondo i dati del London Stock Exchange Group dall’inizio del 2022 ad oggi gli investitori europei hanno aumentato la componente “difesa e aerospazio” dei portafogli puntando sia su aziende britanniche, come BAE System, Babcock e QinetiQ, sia su quelle europee. Diverse sono state invece le preferenze dei gestori della City londinese che le hanno rafforzate sulla piazza europea, puntando per esempio su realtà come Thales, Leonardo, Hensoldt, Rheinmetall, Saab, Safran e Airbus, ma ridotte su quella domestica. I due sottosegretari hanno inviato la loro lettera all’indomani di un incontro tra governo e imprese dedicato proprio alla questione. Secondo la ricostruzione del Financial Times gli imprenditori hanno ammesso che le donazioni di armi all’Ucraina hanno modificato il contesto generale. Ma hanno sollecitato l’esecutivo perché faccia di più per il “made in UK” militare. Vogliamo o no, è il senso della loro richiesta, continuare sostenere il presidente Volodymyr Zelensky in modo appropriato?
Non secondario è il fatto che al Regno Unito, sull’orlo di una recessione per il momento schivata, può far comodo avere in casa aziende da fatturati stellari. Per esempio le commesse di Bae System – che produce sottomarini, aerei e veicoli da combattimento soprattutto per gli Stati Uniti, oltre che per Arabia Saudita e Australia – a giugno scorso hanno superato il livello record di 66,2 miliardi di sterline. Il titolo è cresciuto in due anni del 63%. L’amministratore delegato della multinazionale, Charles Woodburn, che si proclama sostenitore della «coesistenza » tra etica e affari, ha confermato inoltre che il progetto di creare una base ucraina per produrre e riparare carri armati «sta progredendo».
La domanda di armi, munizioni e attrezzature è aumentata non solo per effetto dell’invasione russa in Ucraina. La necessità di aumentano le scorte è alimentata anche dalle tensioni nella regione dell’Asia- Pacifico. La sintesi di Aarin Chiekrie, analista di Hargreaves Lansdown, sugli scenari del futuro non può essere più esplicita: il limite per i budget in Difesa, ha scritto agli investitori, «è il cielo». Nella City di Londra sono in molti a non volere perdere l’occasione.
Tra gli esperti di finanza sostenibile è opinione diffusa che i fondi dirottati negli ultimi mesi in Difesa sono di investitori che non hanno mai puntato sulla finanza ESG. Per lo meno, non in modo davvero coerente. Gli analisti di Morningstar ritengono il vero problema del Regno Unito non è il woke capitalism ma le scarse aspettative riposte nella City. I gestori europei e statunitensi, di certo più consapevoli degli inglesi sulla necessità di iniettare fondi freschi nel comparto, sarebbero propensi a investire nelle armi “ made in UK” perché, questo sì che è perverso, con la sterlina relativamente debole si fanno comunque buoni affari.