Il primato della politica per porre
fine all'"ubriacatura tecnocratica" e per cambiare-verso a
un'Italia frenata per 20 anni dalla "malattia della riformite".
Davanti alla platea della Fiera del Levante il premier Matteo
Renzi ribadisce uno dei concetti a lui più cari rivolgendosi, di
fatto, ad imprenditori e politici di tutta la penisola e
rintuzzando, ancora una volta, critiche e timori dei "professori
della tartina". Il vento dell'elettorato, rimarca Renzi tornando
pienamente nelle vesti del "rottamatore", è dalla sua parte ed
anche per questo il premier-segretario "non intende mollare
neppure di un centimetro" su quella strada delle riforme
imprescindibile per "la credibilità" dell'Italia.
Renzi "sbarca" all'inaugurazione della 78/a Fiera Del Levante
di Bari nell'ambito di un non facile 'tour' nel Tacco d'Italia
che, dopo una tappa nel Gargano devastato dalle alluvioni, lo
espone alla contestazione degli operai e ambientalisti di
Taranto, dove si reca per affrontare la spinosissima questione
dell'Ilva. Ma a Bari Renzi non dà alcun segnale di arretramento
e non esita a definirsi "allenatore di una squadra di giocatori
forti che però non si parlano", rilanciando: "Ma l'allenatore ha
la testa dura e, soprattutto, sugli spalti c'è gente che tifa
perché quella squadra vinca". E vincere, è la sferzata del
premier, significa riformare il Paese rendendolo "più semplice e
meno costoso" e portando a conclusione, le riforme già in
cantiere come quella del bicameralismo perfetto che non "è una
forzatura della democrazia", ma il tentativo di "ridurre il ceto
politico".
Certo, la strada delle riforme è stretta e in salita, lo
sguardo dell'Ue resta vigile, il contesto economico non induce
al sorriso. "L'Italia non è ancora ripartita, non si è ancora
rimessa in moto", ammette il premier snocciolando gli ultimi
dati economici: da quelli "devastanti" della disoccupazione a
quelli del Pil. Dati che vanno ribaltati partendo anche dall'
economia reale, che Renzi, rivolgendosi alle banche, invita a
rifinanziare mettendo in circolo i soldi della Bce.
Ma non per questo, è il suo monito, bisogna proseguire con
quella "cultura del piagnisteo" che ha segnato l'atteggiamento
dell'Italia in Ue negli ultimi tempi. Da un lato, occorre
proseguire sulla strada delle riforme senza che sia Bruxelles a
chiederlo. Dall'altro, non bisogna esitare "a farci valere" ai
tavoli europei, chiedendo conto, ad esempio, dei 300 miliardi in
investimenti promessi dal neo-presidente della Commissione Ue
Jean-Claude Juncker, spiega il premier nelle stesse ore in cui,
al vertice Ecofin, il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan,
indica proprio in quella degli investimenti "la via maestra" per
la crescita.
I nodi a breve verranno al pettine. Già domenica sera, forse,
quando giungeranno a Palazzo Chigi le prime "due diligence" dei
risparmi possibili indicati da ciascun ministero per arrivare al
tesoretto della legge di stabilità. Ma nel frattempo, nella
Puglia di un Nichi Vendola mai così lontano dal Pd, al quale
tuttavia il premier riconosce di aver svolto un "lavoro serio"
nella sua regione, Renzi cerca di far leva sull'orgoglio di
imprese e cittadini senza mancare all'inaugurazione di uno
stabilimento aerospaziale a Mola di Bari. "Non vi lascio soli",
è il mantra che ripete nella Peschici dell'alluvione e nella
Taranto dell'Ilva ("una questione nazionale"). Prima di
sottolineare, alla Fiera barese, l'importanza del ruolo della
politica per risollevare l'Italia. Una politica che, dopo anni
di tentennamenti e di supremazia dei tecnocrati, "deve tornare a
fare il suo mestiere".