Economia

L’analisi. Fibre naturali e impegno sociale: la moda vira sulla sostenibilità

Cinzia Arena lunedì 19 agosto 2024

Sono il volto responsabile del variegato mondo della moda. Un piccolo esercito silenzioso in continuo aumento. Sono le aziende che decidono di diventare B Corp, adottando strategie per generare un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Secondo la recente analisi di B Lab Italia, l’organizzazione non-profit che coordina il movimento delle B Corp in Italia, sono oggi 18 le aziende del fashion certificate. Si tratta nella stragrande maggioranza di casi (89%) di pmi: il 72% ha meno di 50 dipendenti, mentre il 17% occupa tra i 50 e 250 lavoratori. Solo 3 realtà superano i 250 dipendenti: Linificio e Canapificio Nazionale, Successori Reda e North Sails con rispettivamente 850, 452 e 145 lavoratori, poche sono conosciute al grande pubblico, ad esempio Save The Duck con i suoi piumini colorati fatti di fibre vegetali, molte altre operano in settori di nicchia. In totale impiegano oltre 1.800 persone.

«Il settore della moda è spesso al centro del dibattito sulle sfide ambientali, soprattutto a causa del fast fashion. Secondo i dati Ue, nel 2020 è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e uso del suolo. Ma qualcosa sta cambiando: tra le piccole e medie imprese italiane emergono importanti esempi virtuosi che, abbracciando il modello B Corp, dimostrano come sia possibile unire successo economico e responsabilità ambientale, traendo dall’ambiente stesso l’innovazione per un approccio rigenerativo» sottolinea Anna Puccio, managing director di B Lab Italia.

A livello regionale, l’83% delle B Corp del settore del fashion sono concentrate nel Nord Italia (in particolare in Lombardia con 9 realtà), mentre il restante 17% si trova nel Centro Italia.

Le B Corp nel settore della moda si distinguono per la loro eccellenza produttiva (hanno avuto una crescita di fatturato del 55% in due anni contro una media del 16& del settore moda), e per una spiccata presenza di donne nelle posizioni chiave. Il 22% delle B corp del tessile è a guida femminile (contro il 14% della media del settore). «La leadership femminile è un aspetto che riguarda certamente il settore tessile, ma non solo. Nel 2023, il 26% delle aziende B Corp italiane sono fondate, guidate o partecipate da donne. Inoltre, il 30% delle B Corp vede almeno un terzo delle donne all’interno del cda. Si tratta di dati molto incoraggianti» sottolinea Puccio.

L’80% di queste si distingue per l’impegno nei confronti della tutela dell’ambiente, con particolare attenzione alla conservazione della fauna selvatica e del suolo e la riduzione di inquinanti e tossine ambientali. Si fa strada in particolare la produzione di tessuti con risorse naturali in netta contrapposizione con il fast fashion che utilizza nel 70% dei casi materiali sintetici come l’acrilico, il poliestere e il nylon che sono più inquinanti sia in fase di produttiva, con un maggior consumo di energia e di acqua, sia in fase di smaltimento. Il lavaggio di capi sintetici, solo per fare un esempio è responsabile ogni anno del rilascio di mezzo milione di tonnellate di microfibre di plastica dei mari. In direzione del tutto opposta vanno le B corp. Artknit studios ad esempio utilizza solo fibre naturali, dal lino al cashmire al cotone, e dota ogni capo di un passaporto digitale. Il brand Miomojo realizza borse e accessori con materiali vegetali di vario tipo: scarti di mele, cactus e ananas e destina il 10% del prezzo di vendita ad associazioni animaliste. Punta sul poliestere riciclato e su packaging composto di alghe marine Peninsula swimwear per realizzare i suoi costumi. Il 20% delle B Corp italiane si distingue per il proprio impegno a livello sociale, volto a generare impatti positivi sulla catena di fornitura, spesso integrando nel modello produttivo le comunità delle località in cui operano, con percorsi sostenibili di indipendenza economica per rifugiati, donne e le loro famiglie. È il caso di Endelea che realizza i suoi vestiti in Africa orientale (Tanzania e Kenya) dando lavoro a 325 sarte. Oltre ad uno stipendio dignitoso al personale vengono garantiti pasti e trasporto al lavoro, assicurazione sanitaria e corsi di inglese. Rifò trasforma i rifiuti tessili in vestiti e accessori alla moda ed investe nella formazione di migranti a Prato con il progetto di impatto sociale “Nei vosti panni”.

Il movimento italiano è arrivato a contare 292 B Corp, entro l’anno verrà sicuramente tagliato il traguardo delle 300 aziende, che occupano oltre 25.000 persone in 74 industrie diverse, generando un fatturato che supera i 14 miliardi di euro.

© riproduzione riservata