Economia

IL FUTURO DEL LINGOTTO. Sacconi: in Italia si può investire Sabato l'incontro Fiat-governo

lunedì 7 febbraio 2011
«Fiat potrebbe essere sollecitata ad andarsene solo da condizioni che finora non si sono verificate». Lo dice in un'intervista alla Nazione il ministro del Welfare Maurizio Sacconi a proposito dell'ipotesi di fusione del Lingotto con Chrysler e del trasloco a Detroit. «Le istituzioni italiane e il sindacato riformista - prosegue - hanno fatto ciò che doveva essere fatto per rendere l'Italia un Paese dove si può continuare a investire. Gli investimenti e le assunzioni fissate al 7 marzo a Pomigliano ne sono una conseguenza diretta».La telefonata con Marchionne, aggiunge, «è servita soprattutto a ridimensionare l'enfasi data alle sue parole da parte della solita Italia antitaliana, molto minoritaria ma rumorosa». Al numero uno del Lingotto il ministro chiede due cose: «La prima è mantenere un dialogo costante con tutte le forze sindacali» e la seconda creare «ugualmente una forte capacità di dialogo tra l'azienda e le singole persone». Sacconi auspica un coinvolgimento sempre maggiore dei lavoratori «fino alla partecipazione agli utili». Il ministro affronta poi i temi della disoccupazione giovanile e della stabilizzazione dei precari, il primo - a suo avviso - legato «alle difficoltà oggettive imposte dalla crisi, dalla rigidità residua del mercato del lavoro e dalla devastante eredità degli anni '70 che continua a produrre persone con competenze e formazione spesso inadeguate per le esigenze del mercato del lavoro».Il contratto a tempo indeterminato, aggiunge, non è un'idea tramontata: «Stiamo rilanciando il contratto di apprendistato - ricorda - che è un contratto a tempo indeterminato la cui conferma è legata ai risultati». Sacconi accoglie l'appunto del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia sul 17 aprile e spiega che sarà trovata «la formula giusta per celebrare l'Unità del Paese». Il ministro infine definisce le critiche di alcuni amministratori locali al federalismo come «l'ennesimo tentativo di spallata destinato a fallire», mentre la prospettiva del voto è «poco realistica», anche se il governo «deve fare i conti con una parte, minoritaria ma aggressiva e politicizzata, della magistratura».INCONTRO TRA GOVERNO E FIAT"Sabato chiederò a Marchionne l'impegno di investire nel nostro Paese e di rimanere con la testa e il cuore" in Italia. Così il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani che da notizia che l'incontro tra il premier Silvio Berluconi e l'a.d. di Fiat, si svolgerà sabato. Romani, assieme a Tremonti, Sacconi e Gianni Letta.Oggetto della riunione saranno lo stato di attuazione e le prospettive del progetto Fabbrica Italia e l'evoluzione dell'integrazione tra Fiat e Chrysler: in sostanza, la fusione tre le due case automobilistiche e, appunto, l'eventuale trasferimento del quartier generale Oltreatlantico. I contatti tra gli esponenti del governo e la dirigenza della Fiat, intanto, proseguono, anche per trovare uno spazio libero in agende molto fitte.In attesa di una presa di posizione chiarificatrice da parte del vertice del Lingotto gli enti locali coinvolti, intanto, continuano a veicolare le rassicurazioni del presidente del gruppo, John Elkann. Sabato aveva spiegato al sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che ci saranno più centri direzionali nelle aree dove c'è una forte presenza di mercato; domenica ha detto al presidente della Regione, Roberto Cota, che il Lingotto crede "in Torino" e "nella possibilità, qui, di avere le produzioni, non soltanto gli uffici di rappresentanza, ma gli stabilimenti con gente che lavora". Anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, è convinto che "la Fiat non se ne andrà Torino" e parla di "tempesta in un bicchier d'acqua".La Cgil, però, non si fida e con il segretario confederale Vincenzo Scudiere invita a stare in guardia: "Dire che l'azienda avrà più teste può essere al contrario un modo per ammettere i progetti di esodo dall'Italia". Allora è necessario, una volta per tutte, conoscere il piano industriale e "spetta solo al governo italiano chiedere conto all'amministratore delegato del Lingotto". Anche il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, ritiene necessario un chiarimento, ma spera che tutta la vicenda non sia "il solito pallone gonfiato mediatico". A giudizio di Bonanni, comunque, la Fiat non ha interesse a lasciare Torino e non solo per ragioni storiche, ma anche per far fruttare gli investimenti fatti in Europa. Il segretario generale dell'Ugl, Giovanni Centrella, chiede invece che "dopo il presidente del Consiglio, Marchionne incontri anche i sindacati, insieme a tutto il governo per chiarire definitivamente il futuro del Gruppo Fiat nel nostro Paese e i dettagli del progetto Fabbrica Italia".