Federalimentare. Produzione ed export: anche il food in sofferenza
Ivano Vacondio, presidente Federalimentare
Non è tutto oro quello che luccica. Dietro le percentuali a doppia cifra di aumento delle vendite nella grande distribuzione c’è un futuro pieno di incognite. Per almeno tre ragioni: il crollo delle esportazioni da un lato, la chiusura della ristorazione ancora per un paio di settimane e il rebus sulla ripartenza del turismo in estate. Anche il settore alimentare è in sofferenza. La corsa agli acquisti è durata un paio di settimane, ora nei supermercati si è tornati alla normalità. I consumi delle famiglie probabilmente scenderanno per via della crisi economica, mentre le esportazioni sono praticamente dimezzate negli ultimi due mesi. Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, che riunisce quasi settemila aziende del settore, 13 associazioni e dà lavoro a 400mila persone è convinto che per sostenere le aziende si debba favorire l’export, stringendo accordi commerciali con i paesi emergenti, e supportare il turismo, iniziando con quello domestico che sarà l’unico consentito quest’estate.
Presidente Vacondio, qual è la situazione al momento?
Sono orgoglioso di rappresentare l’industria italiana che in questi mesi ha tenuto in piedi questo Paese insieme al personale medico. Passata la domanda irrazionale di beni da parte della popolazione, con i consumi di alcuni prodotti triplicati nel giro di due settimane, oggi emergono le difficoltà che erano prevedibili. I dati Istat diffusi ieri certificano che la produzione alimentare di marzo, a parità di giornate, ha registrato un calo del -6,5% rispetto al 2019. Il trionfalismo degli inizi era solo una "bolla". A rischio c’è il 30% del nostro fatturato.
Un calo considerevole, quali sono le ragioni principali?
Il futuro appare cupo per diversi motivi. Innanzitutto perché l’export comincia a dare segni di crisi. Dal 2008 ad oggi era aumentato del 95%. Oggi rappresenta circa il 25% del fatturato totale, 40 miliardi su 140 miliardi. Ma in termini di redditività la percentuale è molto superiore. Come per la moda e le auto di lusso anche per il cibo l’Italia è riuscita a far passare il concetto che i suoi sono prodotti alimentari di eccellenza, sono un "brand" vincente. In particolare abbiamo avuto ottimi riscontri nei paesi emergenti in questo ultimo decennio. Servono però accordi bilaterali che favoriscano questa espansione.
Quali sono i Paesi dove il made in Italy alimentare può mettere radici?
Penso al Vietnam, ai paesi del Sud America e dell’Est Europa. Bisogna cercare di aprirsi a nuovi mercati perché questo significa aumentare la redditività delle nostre imprese. Tra marzo e aprile abbiamo registrato cali pesanti, fino al 50% delle esportazioni, un problema molto serio. Per l’anno in corso il calo sarà del 15%. Poi c’è l’altra grande nota dolente, la chiusura del settore Horeca.
Il premier Conte ha annunciato che bar, ristoranti e hotel resteranno chiusi sino a giugno.
La grande distribuzione ha tenuto ma l’Horeca (acronimo che indica bar ristoranti e hotel) è stato azzerato dal lockdown e lo sarà almeno per un altro mese. E la ripresa sarà lenta per via delle restrizioni e della paura. Questo settore rappresenta circa il 30% del fatturato. Le nostre stime per l’anno in corso purtroppo sono negative. La produzione industriale avrà una flessione del 7-8%. I consumi interni in dieci anni hanno perso il 10% e non ci sono margini di miglioramento perché le famiglie si ritroveranno impoverite, scenderanno di un altro 15%.
Ci saranno ripercussioni anche sul fronte dell’occupazione?
Al momento non possiamo fare previsioni, molte aziende hanno fatto ricorso alla cassa integrazione. Proprio in queste settimane era iniziata la trattativa per il rinnovo del contratto che è scaduto ma abbiamo chiesto ai sindacati, alla luce della situazione di incertezza, di rinviare a settembre.
Cosa chiedete al governo per la vostra "fase due"?
La politica deve capire che le industrie sono le uniche a produrre ricchezza per loro stesse e per il Paese, devono essere chiamate a partecipare al tavolo per le scelte future. D’altra parte anche gli imprenditori devono uscire dal recinto aziendale e dare un contributo di idee. Per il settore alimentare la ripresa sarà legata sicuramente alle esportazioni e al turismo: si viene in Italia anche per il buon cibo. Una curiosità di questi mesi è il boom di esportazione di pasta nel mondo, soprattutto negli Usa.