Economia

Ex Ilva. Un miliardo di danni agli impianti, ma lavori per 400mila euro

Cinzia Arena lunedì 17 giugno 2024

i preannuncia un’estate rovente per Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria da febbraio dopo l’uscita di scena del socio privato ArcelorMittal. La questione finanziaria tra impianti in pessimo stato, produzione ai minimi storici e debiti non pagati, si intreccia a doppio filo con quella della ricerca di un compratore, considerata dal governo Meloni l’unica via d’uscita alla crisi in cui l’acciaieria più grande d’Europa è ripiombata negli ultimi anni.Il dossier messo a punto dai tre commissari Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli ha evidenziato danni per un miliardo di euro agli impianti di Taranto. Ieri la precisazione dai diretti interessati dopo che la cifra era circolata. Per rimettere a norma gli impianti basterà meno della metà di quella cifra. Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria «tiene a precisare che il danno riscontrato negli impianti ammonta a un miliardo di euro e verrà riparato entro l’anno, spendendo una cifra di circa 400 milioni che verrà coperta con le fonti finanziare già previste dalla procedura» hanno chiarito i commissari in una nota. Finora sono stati trasferiti da Ilva in amministrazione straordinaria ad Adi 300 milioni.

All’appello mancano i 320 milioni del prestito ponte disposto dal governo e rimasto in sospeso in attesa dell’approvazione da parte della Commissione europea. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso continua a ripetere che le trattative procedono ma al momento non ci sono garanzie. Altra incognita è il debito accumulato negli ultimi anni. Attualmente i creditori rivendicano crediti non pagati per circa 1,5 miliardi di euro, cifra che a sua volta non include i 680 milioni dovuti alla holding Invitalia per finanziamenti in conto capitale.Due settimane fa intanto sono iniziate le visite negli stabilimenti dell’ex Ilva da parte di tre attori colossi dell’acciaio. L’obiettivo del governo, alquanto ambizioso, è quello di attivare a luglio le procedure per l’assegnazione degli impianti con un programma di ripristino produttivo che prevede la ripresa del secondo altoforno di Taranto a ottobre, la riattivazione del terzo altoforno a metà del prossimo anno in modo da raggiungere a livelli potenziali produttivi di 6 milioni di tonnellate (il doppio rispetto a quelli del 2023). Il traguardo è quello di vendere l’Ilva entro l’anno dando priorità alla vendita in blocco, per tutelare tutti gli impianti considerati complementari tra di loro.

L’ipotesi più concreta al momento sembra essere l’arrivo del gruppo Metinvest già operativo in Italia e che fornisce già la materia prima a Taranto. Gli imprenditori ucraini la settimana scorsa hanno trascorso due giorni tra gli altiforni e le acciaierie pugliesi e gli impianti di Genova e Novi Ligure. Metinvest ha avuto i propri impianti in Ucraina gravemente danneggiati a causa della guerra. Il gruppo, forte della disponibilità di materie prime per la produzione dell’acciaio, ha cominciato a guardare al di fuori dei propri confini ed è già impegnato in un progetto nell’area di Piombino: un forno elettrico, 2 miliardi di investimento con 1.500 occupati i cui lavrebbero cominciare a fine anno. La prima settimana di giugno sono stati i due colossi indiani Vulcan Steel (gruppo Jindal) e Steel Mont a fare un sopralluogo approfondito. Metinvest ha avuto i propri impianti in Ucraina gravemente danneggiati a causa della guerra. Critici i sindacati che sottolineano come la gestione ordinaria non sarà mai in grado di garantire il funzionamento degli impianti. Il coordinatore nazionale Siderurgia per la Fiom-Cgil, Loris Scarpa ha spiegato che «non servono soldi solo a spot, ma servono soldi per la ripartenza» a partire da quel miliardo di euro per la decarbonizzazione ricavato dal Pnrr e di cui adesso non si parla più. « Vendere in fretta e furia rischia di riportarci ad una situazione come quella con Arcelor Mittal» ha aggiunto Scarpa.

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