La paura torna a investire le borse europee, che hanno bruciato 166 miliardi di euro dopo i dubbi gettati da Josef Ackermann, l'amministratore delegato di Deutsche Bank, sulla probabilità che la Grecia riesca a cavarsela. Il venerdì nero parte proprio dalle banche, con la loro esposizione verso i paesi ad alto indebitamento epicentro della crisi, a subire le perdite maggiori, mentre gli investitori in fuga dal rischio corrono a comprare i bund tedeschi. L'indice Stoxx 600 ha ceduto il 3,41%, pari a 166 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati in una sola giornata. Tornano a volare i premi di rendimento sul bund di Grecia (oltre i 500 punti), Portogallo (172), Irlanda (175), Spagna (111) e Italia (105), ma anche i credit-default swap con cui si scommette sul rischio di fallimento.La giornata è stata durissima per il listino Ibex di Madrid, -6,64% in chiusura dopo perdite di oltre il 7% in una seduta iniziata malissimo dopo i dati sull'inflazione spagnola, che hanno mostrato il primo calo dell'indice 'corè (al netto di alimentari freschi ed energia) dal 1986 facendo ipotizzare al Financial Times che la Spagna si trovi sull'orlo di una deflazione. Proprio il premier spagnolo Jose Luis Zapatero - come ha riferito El Pais - avrebbe raccontato un retroscena sugli incontri che lo scorso weekend hanno sbloccato il paino salva-euro da 750 miliardi varato dai leader europei: Nicolas Sarkozy avrebbe minacciato l'uscita dall'euro per convincere la Germania a firmare. Un mix micidiale per le borse europee, il cui rimbalzo dopo il crollo della scorsa settimana era fragile e incerto, fra i commenti scettici degli analisti sulla tenuta dei conti greci e dichiarazioni non proprio rassicuranti da parte dei leader europei. Come Angela Merkel, che ha parlato di una situazione "molto, molto grave", contribuendo a mandare a picco l'euro sotto gli 1,24 dollari mentre la borsa di Francoforte cedeva oltre il 3% e Milano il 5%. Sui mercati è di nuovo corsa al rifugio sicuro dell'oro, oltre che del dollaro, con il metallo prezioso volato a nuovi record, mentre i timori per le prospettive di ripresa, ormai allargati su scala globale, hanno mandato a fondo il petrolio, sotto i 72 dollari al barile. Fra i singoli titoli è una giornata nera per gli istituti di credito, come lo spagnolo che crolla a Madrid (-9%), Barclays che affossa Londra con un -6%, Bnp Paribas pesante a Parigi (cede oltre il 7%) e Deutsche Bank giù del 4% a Francoforte. Le banche sono sotto pressione anche a New York, dove le indagini sul Goldman Sachs e Morgan Stanley minacciano di allargarsi e contribuiscono ad affondare gli indici (il Dow Jones cede il 2% circa a metà seduta). Tremano anche le materie prime, da Rio Tinto (-5,5% a Londra) a Bp (alle prese con il disastro ecologico del Golfo del Messico cede oltre il 3% a Londra). La giornata era iniziata male già in Asia, con Sony in calo di quasi il 7% a Tokyo fra avvisaglie di un possibile "significativo impatto" dalla crisi del debito europeo.
Inflazione. Intanto l'Istat ha reso noto che l'inflazione ad aprile è salita all'1,5% dall'1,4% dei marzo, precisando che su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,4%. Il tasso tendenziale è il più alto dal febbraio 2009. L'aumento è dovuto soprattutto alla componente energetica, spiegano all'Istat. Al netto di tale contributo l'inflazione scende infatti drasticamente all'1,2%. Il tasso di fondo (al netto cioè non solo dell'energia ma anche degli alimentari freschi) è invece uguale a quello al consumo, pari all'1,5%. Per quanto riguarda l'indice armonizzato europeo (Ipca), ottenuto tenendo conto delle riduzioni temporanee di prezzo e che fornisce ormai la base di calcolo per il rinnovo dei contratti di lavoro, il tasso di inflazione è salito all'1,6% (dall'1,4%) di marzo, al top da aprile 2009. Su base mensile i prezzi sono invece aumentati dello 0,9%.
Consumatori., Un dato, quello diffuso dall'Istat, che fa infuriare le associazioni dei consumatori. L'aumento dell'inflazione all'1,5% ad aprile è «un dato assurdo, in pieno contrasto con le più ovvie regole di mercato». Lo affermano Adusbef e Federconsumatori, chiedendosi in una nota come sia possibile che, di fronte alla contrazione dei consumi e «all'onda lunga di cassa integrazione e licenziamenti alla quale si affiancano ora anche le pesanti ripercussioni della crisi greca», l'inflazione possa segnare un rialzo.«Tale incremento non solo è estremamente grave, ma desta anche forte preoccupazione, dal momento che avrà pesanti ricadute, sia sul benessere delle famiglie, che dovranno far fronte a maggiori spese di 450 euro annui, sia sull'economia del Paese, che continuerà a subire le conseguenze della contrazione della domanda interna», sottolineano le associazioni. Secondo i consumatori, quindi, «non si possono e non si devono rimandare oltre degli interventi determinati, da parte di chi ha responsabilità di governo, per avviare una vera ripresa dell'economia»..