Energia. Sull’eolico in mare l’Italia resta indietro
Pale eoliche in mare a Nysted, in Danimarca
D’altra parte, l’Italia ha circa 8.300 km di coste, ma al largo delle sue sponde ci sono solo 10 pale eoliche in esercizio: installate di fronte al porto di Taranto dopo un iter autorizzativo durato 14 anni. Una goccia nel mare dell’energia rinnovabile che il Paese potrebbe ricavare da questa tecnologia, anche solo concentrandosi sugli impianti floating: ovvero quelli non radicati sul fondale marino, ma composti da una struttura galleggiante, attraccata al fondale tramite un sistema di ancoraggio e cavi, che riduce al minimo l’impatto ambientale.
Una tecnologia sposata dalla Floating offshore wind community, un progetto creato da The European House – Ambrosetti insieme a Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri ed Acciaierie d’Italia (ex Ilva): un gruppo di realtà industriali che insieme sta cercando di dare vita a una filiera del settore per far si che questa tecnologia possa creare a una vera e propria industria italiana. I margini di sviluppo sono molto ampi. Secondo lo studio Ambrosetti il potenziale dell’eolico offshore galleggiante viene stimato, per il nostro Paese, in 207,3 GW: si parla di una potenza in grado di generare elettricità per 540,8 TWh/anno, ovvero 1,7 volte l’intera domanda elettrica nazionale. Tra le aree del Paese con maggiore potenzialità di sviluppo di questa tecnologia si evidenziano la Sardegna, la Sicilia e la Puglia. Eppure in Italia l’obiettivo vigente al 2030 per l’eolico offshore (galleggiante o meno) si ferma ad appena 2,1 GW, quando invece la Germania punta a 30 GW, il Regno Unito a 50 GW e la Cina a 60 GW.
Un target che – se confermato – disperderebbe le ricadute socioeconomiche che la filiera dell’eolico offshore galleggiante può garantire: «A servizio di questa tecnologia servono i prodotti metallici, i materiali da costruzione, della meccanica avanzata, delle naval-meccanica e delle attrezzature elettriche», spiega Balanda secondo cui l’Italia (e la Puglia nel caso dei progetti Renantis-BlueFloat) «ha già tutte le industrie specializzate che le servono per favorire la diffusione dell’eolico galleggiante». Il condizionale resta d’obbligo perché la parte regolatoria è ancora indietro. Ma negli ultimi mesi il Governo ha dimostrato di voler accelerare per cui «ci aspettiamo a breve che possano essere emanate a breve le regole del sistema incentivante», spiega Balanda. Un passaggio chiave per poter programmare gli investimenti e i progetti che hanno comunque un orizzonte temporale medio lungo. Basti pensare che il progetto “Kailia” è in essere da tre anni e sarà cantierizzato nel 2027. «Ci aspettiamo l’autorizzazione unica nel 2025 e la messa in esercizio per il 2030».
Intanto Renantis lavora a stretto contatto con le comunità locali per far comprendere a pieno il progetto, adattato nel tempo alle osservazioni presentate, in modo da arrivare a una piena condivisione. Anche a questo scopo sul territorio l’azienda lavora alla nascita di diverse Cer (comunità energetiche).
L’impegno finanziario è significativo. Per Kailia saranno spesi circa 3,5 miliardi di euro per una capacità installata pari a 1,2 GW e la sua costruzione coinvolgerà l’ex Ilva e molte industrie specializzate presenti sul territorio.