Energia. Londra ha chiuso l’ultima centrale a carbone
La storica centrale di Ratcliffe-on-Soar
È la fine di un’epoca. La centrale elettrica a carbone di Ratcliffe-on-Soar, nel Nottinghamshire, l’ultima ancora attiva Oltremanica, è stata spenta per sempre, ieri, tra gli applausi e le lacrime dei dipendenti radunati nella mensa dell’impianto. In pochi minuti, le otto torri di raffreddamento in acciaio e cemento che, dall’alto di 199 metri, hanno sovrastato la valle per 57 anni hanno smesso di “respirare”. Il Regno Unito fu il primo Paese al mondo, nel 1882, ad aprirne una. Oggi, è il primo dei grandi del G7 ad averle rottamate tutte.
Il sito di Ratcliffe-on-Soar ha fatto, a suo modo, storia. Ci vollero quattro anni, a partire dal 1963, per costruirlo. Ha dato lavoro a generazioni di famiglie britanniche e prodotto circa 2mila megawatt di elettricità all’anno. Una fornitura importante, non solo per la regione delle Midlands ma per la nazione intera, che corrisponde a 5,5 milioni di tonnellate annue di carbone bruciato e, dettaglio non secondario, ad almeno 8 milioni di tonnellate di CO2. Nel 2009 era al diciottesimo posto della classifica delle trenta centrali elettriche più inquinanti dell’Unione Europea, inevitabile bersaglio delle associazioni ambientaliste che hanno più volta tentato di sabotarlo.
La sua chiusura è maturata tre anni fa nell’ambito della conferenza sul clima di Glasgow, la Cop26, quando fu adottata la “road map” che ambisce a traghettare il Paese verso la de-carbonizzazione totale dell’elettricità entro il 2030. Allora fu deciso che le fornaci sarebbero state spente nel 2022, obiettivo che il governo, d’intesa con la società che gestisce l’impianto, la tedesca Uniper, ha poi slittato di due anni per avere margini più ampi con cui navigare la crisi del gas innescata in Europa innescata dall’invasione russa dell’Ucraina. Nel frattempo, è continuato il ricollocamento del personale. I sindacati hanno aiutato gli ingegneri e gli operai che non hanno optato per la buonauscita (o la pensione) a trovare un nuovo impiego in altri settori dell’industria energetica britannica. Sul sito sono stati lasciati un centinaio di addetti che continueranno a lavorare lì massimo per altri due anni solo per perfezionare le operazioni di smantellamento. Ad aprile scorso, una dei quattro è stato messo in modalità stand-by; a giugno è stato consegnato l’ultimo carico di carbone (1.650 tonnellate). Tre mesi dopo, lo stop definitivo.
La svolta ha il sapore dolceamaro delle grandi rivoluzioni. Quella industriale, non a caso, è stata resa possibile proprio qui, nel Regno Unito, grazie al carbone estratto nelle miniere che, il secolo dopo, sono finite al centro delle contestatissime riforme della premier conservatrice Margaret Thatcher. Non c’è pagina della storia britannica degli ultimi 260 anni che non racconti di fumo e fuliggine. «Onoriamo l’eredità di Ratcliffe e le persone che ci hanno lavorato accogliendo il futuro di un’energia più pulita e flessibile», ha commentato Michael Lewis, amministratore delegato di Uniper.. «Dobbiamo essere orgogliosi della crescita resa possibile per oltre 140 anni grazie al carbone – ha sottolineato Michael Shanks, ministro delle politiche energetiche – ma è appena iniziata una nuova era in cui non mancheranno buoni posti di lavoro».
Che ne sarà adesso di Ratcliffe-on-Soar? Diversi sono gli appelli a non distruggere le iperbolidi torri di raffreddamento, come disposto per esempio per quelle di Didcot, Ironbridge e Warrington, ma a preservarle come patrimonio storico. L’edificio della primissima centrale elettrica a carbone del mondo, la Holborn Viaduct, costruita nel cuore di Londra nel 1882 da Thomas Edison, l’inventore della lampadina, è stata distrutta durante la Seconda Guerra mondiale. Un altro storico impianto della capitale, quello di Battersea, a sud del Tamigi, è diventato una galleria di ristoranti, negozi e loft di lusso. Tra le ipotesi al vaglio delle autorità c’è quella di convertire il sito nelle
Midlands in base per un reattore a fusione o, comunque, in hub per servizi dedicati all’industria verde. Sguardo, questo è il mandato, aperto sul futuro.