Edilizia. Ancora poche le donne in cantiere
Solo il 12% di lavoratrici nella filiera dell'edilizia
L’intera filiera dell’edilizia conta il 12% di lavoratori donne e solo il 9% considerando le aziende direttamente operative in cantiere. A leggere questi dati, viene spontaneo definire il settore delle costruzioni come un settore a completo appannaggio maschile, dove le donne sono relegate a ruoli secondari. Esiste una strada per rendere più paritario il ruolo della donna in questo settore? Una risposta arriva direttamente dalle parole di alcune dirigenti donna di Gse Italia, uno dei principali player dell’edilizia industriale a livello globale che si distingue tra i suoi competitor per un approccio fortemente orientato alla valorizzazione delle competenze dei dipendenti a prescindere dal loro sesso. Questo approccio si traduce in un tasso di occupazione femminile del 37,5%, ben tre volte superiore alla media di settore e nella presenza di diverse donne in ruoli chiave a capo di aree strategiche per l'azienda.
Per Valentina Fiorito, Construction Proposal Engineer & Tender Manager, «il segreto è considerare i lavoratori come delle risorse e non in quanto lavoratori o lavoratrici, valutandoli esclusivamente in base alle loro competenze e risultati. Siamo consapevoli che dovrebbe essere la norma del mondo professionale, soprattutto in ambito tecnico, ma poi così non è, come ho avuto modo di vedere anche in una mia precedente esperienza dove si tendeva ad assegnare tutti i lavori di progettazione e di concetto agli uomini perché “erano nelle loro corde”, mentre alle donne si tendeva ad affidare tutta la parte burocratica e di back office, ma senza valutare e mettere a confronto le diverse attitudini e capacità personali. Era una decisione di default, a prescindere da un’attenta valutazione della realtà».
Approccio orientato ai risultati in Gse Italia significa anche veder riconosciuto il proprio lavoro, con una crescita professionale adeguata, come spiega Charlène Castellano, Business Development Director di Gse Italia: «Fin dal mio ingresso nel mondo del lavoro mi sono scontrata con un pregiudizio di genere che, per quanto determinata e preparata, non mi ha mai permesso di emergere, perché ero una giovane donna. Questa situazione è continuata fino al mio ingresso in Gse Italia, sei anni fa. Dopo un mese, solo ed esclusivamente grazie al mio impegno, il management ha deciso di credere in me e sono stata inserita in un percorso di crescita che mi ha permesso di visitare tutte le filiali estere di GSE Group per apprendere dai miei colleghi tutto ciò che potevo. Grazie a questa esperienza e ai risultati raggiunti negli anni ho intrapreso una rapida carriera che mi ha permesso di realizzarmi a livello professionale, passando da assistente a direttore, senza per questo dover rinunciare a tappe importanti della mia vita personale. Sono infatti da poco rientrata dalla maternità, riprendendo il mio ruolo di direttore senza alcun problema. Devo dire che ho vissuto questo periodo in modo molto sereno grazie anche al rispetto dei miei colleghi e dei dirigenti che non mi hanno minimamente fatto pesare l’assenza».
Questi sono fattori strettamente legati alla cultura aziendale che deve necessariamente seguire un percorso top-down, come sottolinea Cinzia Montagner, Legal Manager di Gse Italia: «Si parte dall'alto: l'approccio del presidente di Gse è molto rispettoso nei confronti delle donne. Rispetto che si diffonde a cascata, coinvolgendo anche gli altri superiori uomini fino ai miei capi diretti, che mi valutano per il mio lavoro, ma, oltre al lato professionale, sono molto attenti agli aspetti più personali per garantirci un approccio più sereno alla nostra vita aziendale. Un esempio lampante di questa cultura è il mio orario: nonostante la centralità della mia funzione, mi è stato concesso un contratto part-time che mi permette di dedicarmi anche alla mia famiglia. Perché tutelare le donne, significa tutelare ogni loro sfaccettatura, anche l’essere mamma».
Per far sì che una donna riesca ad affermarsi in quanto tale, senza dover rinunciare a parti di sé fondamentali come la maternità, è fondamentale che sia inserita in un ambiente di lavoro sano che le permetta di esprimere appieno la propria professionalità. Anche questo dovrebbe essere la base di un normale rapporto lavorativo, ma, come ci racconta Daria Berni, Project Manager Gse Italia, non è assolutamente così: «Credo che l’aspetto fondamentale per una donna che voglia affermarsi dal punto di vista lavorativo, sia quello di rivendicare il potere della propria parola, che deriva dal riconoscimento della propria statura professionale. In una mia precedente esperienza professionale, mi capitava di trovarmi in riunioni in cui ero l’unica donna e l’unica a essere chiamata per nome e cognome, mentre tutti gli altri erano presentati con il loro titolo. Abituarsi ad atteggiamenti svilenti come questo può portare una donna a non esprimersi e a dimenticare di avere una voce. Io, per esempio, l’ho ritrovata in Gse Italia, dove tutti, dal Country Manager fino ai colleghi più junior, si rivolgono a me per ottenere un reale confronto sulla base delle mie competenze».
Questione di fiducia in sé stessi quindi che, quando si parla di donne e materie scientifiche, sembra venire a mancare se guardiamo i dati: solo il 23% dei laureati italiani in materie Stem, infatti, è donna; percentuale che si alza al 59% se prendiamo in considerazione il numero totale di laureati. A questo proposito Sofia Lamberti, responsabile Qsm Gse Italia afferma: «Sono convinta che questi dati siano spiegati dal fatto che esistono ancora troppi preconcetti riguardo ai "lavori da uomo" e ai "lavori da donna". Per superare questa situazione penso sia fondamentale puntare sulle nuove generazioni in modo concreto. Per esempio, mi piacerebbe andare nelle scuole per condividere la mia esperienza e dimostrare che per una donna è possibile coordinare un team di 60 uomini, persino in ambito edile. È importante lavorare sulla consapevolezza delle giovani ragazze, offrendo esempi positivi e incoraggiandole a perseguire i propri obiettivi senza lasciarsi condizionare dai retaggi culturali».