Educazione finanziaria. Solo il 21% degli italiani la ritiene essenziale. Ecco perché
Non è formula magica che solo un druido può decifrare. L'etimologia greca, oikos nomia, significa amministrazione della casa, scienza quotidiana dunque che serve la vita: del muratore, del finanziere, del presidente della Bce. Al pari dell'alimentazione, della salute e dell'ambiente: e invece ancora oggi consideriamo l'economia come materia da iperuranio, statistiche e tabelle per addetti ai lavori. Ma con l'inflazione che sale, il portafoglio che si svuota e la sfida di tutte le transizioni, non possiamo più permetterci il lusso di lasciarne alle sole élite la preziosa conoscenza.
Dall'Assemblea della Fondazione per l'educazione finanziaria e al risparmio arriva un avviso ai naviganti: nelle difficoltà economiche queste competenze, per giovani e meno giovani, servono ancora di più. “Nessuno di noi da solo può contrastare gli effetti della geopolitica o i movimenti dei mercati -spiega il presidente della Fondazione Stefano Lucchini- ma una educazione finanziaria più diffusa può meglio governarne gli effetti sia sui conti personali sia su quelli del Paese".
Il guaio è che non la consideriamo una priorità formativa, lo dice l'Ipsos: solo il 21% dei nostri connazionali la ritiene essenziale per agire in modo responsabile e fare scelte consapevoli. Un dato che stona se paragonato alla consapevolezza maturata in altri ambiti: basti pensare al 43% degli italiani che pensa cruciale la formazione nell'ambito della salute per la prevenzione delle malattie e al 41% che si focalizza sulla sostenibilità per limitare l'impatto delle attività umane sull'ambiente.
Certo, due anni di pandemia e una forte campagna europea per la transizione ecologica spiegano le differenze: ma proprio per questo ora (e non domani) è il momento propizio per spingere il piede sull'acceleratore. L'attenzione degli italiani ai problemi finanziari aumenta al crescere della crisi: il timore per il galoppo del tasso di inflazione attualmente preoccupa il 65% dei nostri connazionali, e il 77% degli intervistati è consapevole degli effetti che la perdita di potere di acquisto del denaro può avere sul proprio stile di consumo. A fronte di questa consapevolezza, alla domanda “Se avesse a disposizione dei risparmi per un
importo pari a diecimila euro come li investirebbe…”, il 27% risponde che terrebbe tutto il denaro sul conto corrente, il 36% che lo investirebbe solo in minima parte, depositandone il resto sul conto corrente. Solo il 24% invece investirebbe la maggior parte del risparmio minimizzando la liquidità.
Andando a indagare il sentimento degli italiani nei confronti del risparmio, la ricerca rileva alcune associazioni positive: il 35% della fascia tra 16-24 anni lo lega al futuro, il 32% della fascia 45-65 anni alla tranquillità e il 19% fascia 16- 34 anni e 25-34 anni alla progettualità. Quelle negative: il 26% nella fascia 16-24 anni e il 23% della fascia 35-44 anni lo correlano al sacrificio. "Alla luce dei dati emersi oggi -spiega Lucchetti- da un lato è evidente come sia ancora molto il lavoro da svolgere e dall’altro come il tema dell’educazione finanziaria non sia secondario nel dibattito sull’economia, grazie a valide iniziative come quella odierna o come “Young Factor” dell’Osservatorio Giovani Editori presieduto da Andrea Ceccherini che si è tenuta nei giorni scorsi”. C'è tanta strada da fare, ma siamo in cammino. Piccoli passi possibili.