Tendenza. Ecco i manager più ricercati in Italia
Manager in riunione
In un contesto socio-economico in rapida trasformazione, le imprese italiane sono alla ricerca di leader in grado di cavalcare le dinamiche di un mercato in continuo cambiamento e di affrontare le sfide contemporanee con visione e determinazione. In questo scenario, LHH ha condotto un’analisi sulle ricerche di nuovi dirigenti da parte delle aziende, effettuate nel corso del 2023, sia a livello nazionale sia locale. Stilata una top 20 di queste figure apicali, dove in cima svetta il Sales Manager (22% delle ricerche sono in ambito vendite), seguito dal Finance Manager (11%) e dal Plant Manager (6%). Inoltre, la classifica rispecchia un mercato del lavoro sempre più alle prese con processi di digitalizzazione aziendale e con il consolidamento delle più innovative tecnologie. Infatti, sono presenti in questa speciale classifica ben due figure relative all’area tecnologica - quali l’It Manager (11esimo) e il Technical Manager (14esimo) - che hanno l’obiettivo di accompagnare le aziende nella transizione e affiancare i dipendenti affinché si allineino con gli attuali standard. È anche interessante notare come nella classifica, sebbene al penultimo posto, figuri un ruolo apicale che si è consolidato solo di recente: ovvero quello del Sustainability Manager, frutto del sempre maggior interesse delle realtà imprenditoriali a occuparsi di tematiche legate agli ambiti Esg e sostenibilità. Guardando alla fascia più alta delle figure manageriali presenti in azienda, la C-Suite, il 5% delle ricerche totali riguarda proprio questo livello professionale. In particolare, il ruolo attualmente più ricercato della C-Suite sembra essere il Cfo-Chief Financial Officer: il 38% delle ricerche C-level si concentra infatti su questa figura, responsabile della gestione finanziaria di un'azienda, inclusi la pianificazione, il monitoraggio e la rendicontazione delle attività economiche e finanziarie.
Ecco la classifica:
1. Sales Manager
2. Finance Manager
3. Plant Manager
4. Operations Manager
5. Project Manager
6. Engineering Manager
7. Hr Manager
8. Export Manager
9. Marketing Manager
10. Legal Department Manager
11. It Manager
12. Business Development Manager
13. Risk Manager
14. Technical Manager
15. Supply Chain Manager
16. Purchasing Manager
17. R&D Manager
18. Product Manager
19. Sustainability Manager
20. Store Manager
Ma quali sono i settori nei quali si cercano più figure manageriali? In testa è la macro-area delle attività legali, contabilità, consulenza di gestione (12,17% delle ricerche), seguita da commercio all’ingrosso e al dettaglio (10,17%) e fabbricazione di macchinari (7,83%). Approfondendo l’analisi e guardando ai dati regionali, la Lombardia si conferma un polo attrattivo della forza lavoro del Bel Paese. È qui infatti dove si riscontra il numero maggiore di ricerche aziendali (51%), specialmente a Milano (35% delle ricerche totali), ma anche a Brescia (4%) e Monza Brianza (3%). Tra le regioni con più ricerche avviate, al secondo posto si colloca il Lazio (11%), con una concentrazione a Roma (11%). Seguono il Veneto (8%) e il Piemonte (6%), dove spicca il capoluogo Torino (4%). A livello di macro-aree geografiche, si consolida il trend nazionale. Sono infatti le figure addette alla vendita quelle più cercate dalle aziende, specialmente al Centro-Sud (dove il 21% delle ricerche è per questo tipo di figura), per ruoli come Sales Manager, Key Account Manager e Head of Customer Success. Si evidenzia invece una maggiore ricerca di figure in ambito finance, come Finance Manager e Finance Controller, nel Nord-Est (16%).
Per quanto riguarda le figure C-level, queste sono maggiormente cercate al Centro-Sud (7%) e al Nord-Est (7%), come Chief Financial Officer, Chief Operating Officer e Chief Technology Officer, mentre al Nord-Ovest si registra un 4% di ricerche, tra cui Chief Digital Officer e Chief Marketing Officer.
Quando si parla di figure manageriali, è interessante analizzare anche ulteriori aspetti delle candidature. Per esempio, contrariamente all’immaginario comune, che vede solitamente i colleghi maschi più interessati al settore finanziario, dall’analisi di LHH emerge invece che sono soprattutto le donne a candidarsi per posizioni apicali in ambito Finance (il 16% delle candidature femminili sono in questa area, vs. il 10% degli uomini). Dall’altro lato, si conferma una particolare inclinazione femminile per ricoprire quei ruoli afferenti ad aree come Hr (11% vs 2% degli uomini) e marketing (10% vs 2% dei colleghi). Qual è, invece, la vera passione degli uomini? In primis, è l’area sales (21% vs 9% delle donne). Guardando però all’insieme dell’analisi di LHH, le donne candidatesi per posizioni apicali sono state meno della metà degli uomini. Questo dato sembra confermare come le donne siano meno propense a concorrere rispetto ai colleghi, perché si sentono meno qualificate e anche perché identificano i prerequisiti della posizione aperta come molto rigorosi e non flessibili: ciò le fa esitare o direttamente desistere dalla candidatura. Non a caso, in Italia le donne rappresentano ancora la minoranza tra i ruoli dirigenziali e quadri. In base al Gender Gap Report 2023, l’analisi di JobPricing per LHH, la disparità risulta più evidente nel settore privato (dirigenti: 83% uomini, 17% donne; quadri: 69% uomini, 31% donne). Mentre, se si guarda il dato del mercato nel suo complesso, la situazione risulta migliore, segno che nel settore pubblico il gap, seppur presente, è meno accentuato (dirigenti: 67% uomini, 33% donne; quadri: 55% uomini, 45% donne).
Indipendentemente dalla tipologia di azienda (dalle multinazionali alle realtà di medie-grandi dimensioni), la ricerca di figure apicali è un procedimento molto articolato, delicato e complesso, durante il quale è necessario valutare più aspetti. Per questo, Luca Semeraro, amministratore delegato LHH Italia, Svizzera e Polonia, ha delineato un’istantanea dei principali elementi da considerare. Identificati tre macro-fattori da tenere a mente: la tipologia di processo di selezione, le tempistiche e le soft skill chiave. Innanzitutto, il processo di selezione per assumere figure apicali è più complesso rispetto all’hiring di middle management. La ricerca stessa è differente, in quanto spesso si prevede una prima mappatura interna alla realtà lavorativa, per valutare l’eventuale idoneità di qualcuno già in team. Altrimenti, si procede con un’indagine esterna delle possibili candidature, in termini di posizioni e anche dal punto di vista salariale. Diversamente rispetto a figure di middle management, per le quali il processo può iniziare e concludersi nell’arco di un quadrimestre, per i manager il procedimento può arrivare dai 9 mesi fino a oltre un anno. In secondo luogo, il fattore tempo gioca un ruolo cruciale in quanto spesso i manager in fase di cambio poltrona possono trovarsi oltre i confini italiani e necessitano di un margine adeguato per rientrare sul territorio nazionale e gestire anche lo spostamento di un’eventuale famiglia, considerando le attività scolari e lavorative di tutti i componenti di casa. Inoltre, le tempistiche possono variare ulteriormente a causa di specifici notice period e patti di non concorrenza da rispettare, in base al contratto e alle relazioni pattuite con la precedente organizzazione. Infine, ma, come sottolinea Luca Semeraro, non per importanza, c’è la valutazione delle soft skill. Tale indagine si attiva fin dai primi step, ma va raffinandosi nel susseguirsi di incontri e colloqui ed è un punto basilare del processo di selezione. Nello specifico, se risulta fondamentale che una figura manageriale padroneggi pienamente le hard skill di settore, ovvero competenze intrinseche della funzione ricoperta, lo è ancor di più che detenga soft skill specifiche, difficilmente acquisibili attraverso training. A un manager si richiedono, trasversalmente e indipendentemente dal comparto di riferimento, forti capacità di leadership, pensiero strategico, uno spiccato orientamento ai risultati e un’ottima capacità di gestire i cambiamenti. Non solo: è sempre più cruciale una personalità empatica, capace di creare engagement e consegnare una visione chiara ai team, una figura che non tema di cavalcare il cambiamento e sia fonte di ispirazione, anche quando si parla di diversità e inclusione.
Domande di lavoro e innovazione
Sono più di 40mila gli annunci di lavoro pubblicati sul web in Italia nel 2023 per i manager del terziario: un incremento del +6% rispetto al 2022. La ricerca dell'Osservatorio, nato dalla collaborazione tra Cfmt-Centro di formazione management del Terziario, l’Università degli Studi di Milano Bicocca e il Crisp, si è concentrata sulla ripresa delle domande di lavoro a seguito del calo della
domanda causato dalla pandemia di Covid-19 nel 2020. L’obiettivo principale dell’analisi è quello di esaminare l'evoluzione del mercato del lavoro per i manager del terziario. Individuando ed evidenziando i trend e le competenze necessarie delineate negli annunci di lavoro, puntando a sensibilizzare sui cambiamenti in atto e a fornire supporto alle politiche di intervento, soprattutto
in termini di formazione continua. L'edizione 2024 si avvale di una vasta base di conoscenze composta da circa 1,4 milioni di annunci di lavoro distinti pubblicati online in Italia durante l'anno 2023, annunci meticolosamente classificati secondo lo standard Esco per occupazioni e competenze, e circa 400 milioni di annunci in 28 Paesi esaminati. L’analisi mostra un incremento nella richiesta di dirigenti in Italia per il 2023 rispetto al 2022, con un aumento specifico del +6% per i manager del settore terziario, un trend positivo anche se si riduce rispetto agli aumenti a doppia cifra in risposta al periodo post-pandemico. La Lombardia e i Paesi del Nord-Ovest continuano ad affermarsi come le regioni con il maggior numero di inserzioni pubblicitarie in Italia (46%), seguite a ruota dal Nord-est (29%), dal Centro (16%) e Sud e Isole (9%), con alcuni particolari scostamenti tra le varie figure professionali.
Confrontando queste tendenze con i paesi europei analizzati – Germania, Francia, Spagna e Regno Unito – si osservano modelli simili a quelli osservati in Italia. Nel complesso, si registra un trend positivo per i manager del settore terziario e un trend negativo per quelli del settore manifatturiero, anche se alcune caratteristiche sono influenzate dal contesto specifico di ciascun Paese.
Il tema di innovare il management dovrebbe essere al primo posto nelle agende di tutti i manager. Da decenni si sente ripetere: le persone al primo posto, le persone sono la cosa più importante, le persone fanno realmente la differenza, ma è vero? Veramente le aziende sono fatte per permettere alle persone di lavorare al meglio ed utilizzare il loro pieno potenziale? Come è il rapporto capo-collaboratore? I risultati delle principali ricerche internazionali, ci dicono che alle parole non sono seguiti i fatti. Analizzando lo State
of the Global Workplace 2022 Report, stilato da Gallup, emerge che, da oltre dieci anni, mediamente solo il 20% dei lavoratori al mondo è engaged, e che solo il 33% ritiene di svolgere un lavoro significativo ed è fiducioso circa il futuro. In Italia c’è il tasso di engagement dei dipendenti più basso del mondo. Solo quattro lavoratori su 100 si sentono coinvolti nel proprio lavoro. Il management sembra così essere imprigionato in una capsula del tempo. È giunto il momento di cavalcare una nuova onda del management. I manager oltre a occuparsi dell’innovazione di prodotto, di processo o tecnologica dovrebbero occuparsi dell’innovazione manageriale, perché l’innovazione manageriale è l’unico vero vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Esistono differenti tipi di innovazione - operativa, di prodotto/servizio, strategica e manageriale - e ogni tipologia fornisce un suo contributo nel generare un vantaggio competitivo, tuttavia, come afferma Gary Hamel (2007) nel suo libro Il futuro del management, se dovessimo organizzare queste forme di innovazione in una gerarchia piramidale, l’innovazione di management si posizionerebbe al livello più alto per creazione di valore e difendibilità competitiva.
Tutti i numeri sulla formazione
Fornire alle imprese, ai dirigenti e alla business community fonti di ispirazione valide per innovare la cultura manageriale del Paese, attraverso una panoramica dei migliori interventi formativi realizzati attraverso il Conto formazione e gli Avvisi. Sono questi gli obiettivi del nuovo Catalogo della formazione manageriale d’eccellenza 2023, presentato da Fondirigenti. I risultati per l’anno 2023 confermano le ottime performance del fondo interprofessionale più grande d’Italia per il finanziamento della formazione continua del management, promosso da Confindustria e Federmanager. Sono 2.273 piani approvati e finanziati dal Fondo nel 2023, per oltre 26,3 milioni di euro, che hanno coinvolto 2.707 imprese italiane in quasi 293 mila ore di formazione per 12.781 dirigenti, a consuntivo dell’attività finanziata tramite Conto Formazione e Avvisi nell’anno appena concluso. La maggioranza dei piani ha interessato le grandi imprese, ben 1.345, che hanno assorbito oltre 17,5 milioni di euro di finanziamenti, prevalentemente grazie al Conto Formazione. Seguono le medie imprese, con 712 piani per quasi 6,6 milioni, e le piccole, con 216 piani per poco più di 2,2 milioni, in larga misura grazie agli Avvisi, che si confermano strumento prezioso per l’accesso alle opportunità formative per le imprese di piccola dimensione. Per favorire questo processo, Fondirigenti ha deciso di raccogliere alcuni interventi più significativi in un nuovo Catalogo 2023 della Formazione Manageriale d’eccellenza. Il catalogo raccoglie in tutto 47 esperienze aziendali, che hanno coinvolto 60 dirigenti per un totale di 2.958 ore di formazione in diversi ambiti di intervento considerati prioritari per la crescita manageriale e competitiva delle aziende. Dall’alimentare all’abbigliamento e alla moda, dall’aerospazio all’Ict, passando per l’arredamento, il settore chimico e metalmeccanico, per quello della consulenza e dei servizi, le schede progettuali raccontano i percorsi realizzati dalle imprese, mettendo in evidenza un approccio virtuoso che, partendo dall’analisi dei fabbisogni formativi, definisce obiettivi concreti e percorsi costruiti sulle reali esigenze delle aziende e dei propri manager. Gli interventi sono stati suddivisi in quattro aree di intervento che rappresentano altrettanti temi prioritari per la crescita manageriale e competitiva delle aziende:· Gestione dei rischi finanziari, che raccoglie interventi a supporto della capacità delle imprese e dei dirigenti di reagire alle crisi inattese, causate dalla pandemia da Covid 19 e dall’instabilità geopolitica, con strategie aziendali capaci di minimizzare l’impatto dei rischi finanziari, della riorganizzazione della supply chain e della protezione dei dati aziendali, garantendo al meglio la business continuity;· Transizione digitale con interventi a supporto dell’introduzione nelle imprese di nuove tecnologie digitali per innovare o riconvertire la propria organizzazione: dal governo dei dati all’innovazione dei processi produttivi e di vendita;· Sostenibilità ambientale e sociale che raccoglie i percorsi, incentrati sia sulla sostenibilità ambientale sia sulla sostenibilità sociale, di aziende che hanno intrapreso la transizione verde e ‘responsabile’ verso un modello di crescita efficiente e sostenibile;· Competenze per il cambiamento con interventi formativi per favorire l’adozione di nuovi strumenti e tecniche manageriali, modalità di lavoro e gestione delle relazioni, al fine di rafforzare le soft skills necessarie per guidare il cambiamento, valorizzare la Diversity & Inclusion, far crescere i talenti e migliorare le performance del personale.