Via libera alla fruizione del congedo parentale versione Jobs act. Mamme e papà, lavoratori dipendenti, infatti, possono astenersi dal lavoro, facoltativamente, finché il figlio non compie i 12 anni (precedentemente 8 anni), presentando domanda all’Inps. I benefici, tuttavia, sono a metà: è sempre garantita la contribuzione figurativa, ma non l’indennità economica. Questa, in particolare, non spetta mai per le giornate di astensione fruite dopo gli 8 anni del figlio (e fino a 12). La novità scaturisce dal dlgs n. 80/2015, attuativo dell’art. 1, commi 8 e 9 della legge delega n. 183/2014 (c.d. riforma Jobs Act). Tra l’altro il provvedimento, che è in vigore dal 25 giugno, ha modificato l’art. 32 T.U. maternità (approvato dal dlgs n. 151/2001) che disciplina il congedo parentale, consentendo ai genitori, lavoratori dipendenti, di fruirne fino ai 12 anni di vita del figlio oppure fino ai 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato, in luogo del precedente limite di 8 anni operativo fino al 24 giugno. Il prolungamento dell’astensione facoltativa, ha precisato l’Inps, è possibile per ora solo con riferimento ai periodi di congedo fruiti (o da fruire) tra il 25 giugno e fino al 31 dicembre 2015.
Da 8 a 12 anni di età del figlioDunque l’estensione del periodo di fruizione del congedo rappresenta la novità fondamentale di riforma: il limite è passato da 8 a 12 anni di età del figlio per il quale si richiede il congedo. La riforma, invece, ha lasciato invariato la durata dei congedi nel doppio limite massimo: a) individuale (del singolo lavoratore dipendente, papà o mamma) pari a 6 mesi, elevabile a sette nel caso in cui il padre ne fruisca di almeno 3 mesi; b) complessivo tra i genitori pari a 10 mesi, elevabili a 11 nel caso in cui il padre fruisca di un periodo non inferiore a 3 mesi; ovvero limite massimo di 10 mesi in caso di genitore solo. L’elevazione del limite comporta che, dal 25 giugno al prossimo 31 dicembre, ciascun genitore può fruire degli eventuali periodi residui di congedo parentale fino ai 12 anni di vita del figlio. La novità si applica anche per i casi di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento. Pertanto, sempre per l’anno 2015, il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro 12 anni (e non più 8) dall’ingresso del minore in famiglia, fermo restando che il congedo non può essere fruito oltre la maggiore età del figlio.
Da 3 a 6 anni di età del figlio La riforma, inoltre, ha elevato da 3 a 6 anni di vita del figlio il periodo entro cui, nel limite massimo di 6 mesi, il genitore che fruisce del congedo parentale ha diritto all’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera. Lo stesso vale nei casi di adozione o affidamento (entro i 6 anni, non più entro i 3 anni dall’ingresso in famiglia del minore). Anche questa novità, ovviamente, trova applicazione limitatamente ai periodi di congedo parentale fruiti dal 25 giugno al 31 dicembre 2015. Alla luce della riforma, pertanto, si distinguono tre ipotesi: 1) congedo indennizzato (30% della retribuzione) = periodo complessivo tra i genitori di 6 mesi, fruito entro i 6 anni di vita del bambino (non più 3 anni) ovvero dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento; 2) congedo indennizzato a condizione di reddito = periodi oltre 6 mesi o fruiti tra 6 anni e 8 anni del figlio (ovvero dall’ingresso in famiglia). Condizione di reddito individuale del genitore richiedente: inferiore a 2,5 volte il minimo di pensione (euro 6.531,07 nel 2015);3) congedo mai indennizzato = congedo fruito dagli otto anni ai dodici anni di vita del figlio (ovvero dall’ingresso in famiglia).L’Inps ha precisato, invece, che la fruizione di periodi di congedo parentale tra il 25 giugno e il 31 dicembre 2015 è sempre coperta da contribuzione figurativa fino al dodicesimo anno di vita del bambino (ovvero di ingresso del minore in caso di adozione o affidamento).