Disoccupazione. Draghi: i giovani vogliono lavoro e non sussidi
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha parlato da Dublino sul tema della disoccupazione giovanile. L'evento, che segue i colloqui che si sono tenuti a Lisbona nel giugno 2017, è stato organizzato in collaborazione con la Banca centrale d'Irlanda e Trinity College di Dublino.
«In alcuni Paesi dell'Eurozona sono stati fatti passi avanti per ridurre la disoccupazione giovanile e col consolidamento della ripresa diminuirà ulteriormente - ha affermato Draghi -. Ma per affrontare le cause strutturali della disoccupazione giovanile, sono necessarie forme di protezione omogenee tra i lavoratori, accordi di lavoro flessibili, programmi di formazione professionale efficaci, un elevato grado di apertura del commercio e sostegni per ridurre i costi sociali della mobilità».
«I giovani non vogliono vivere con i sussidi. Vogliono lavorare ed allargare le proprie opportunità ed oggi, dopo la crisi, i governi sanno come rispondere alle loro richieste e come creare un ambiente in cui le loro speranze possano avere una opportunità». Draghi ha esortato quindi i governi «a rispondere alle loro richieste, per il futuro dei loro Paesi e della loro democrazia».
«Il Pil dell'Eurozona è in crescita da 17 trimestri consecutivi, creando nel complesso oltre sei milioni di posti di lavoro». Draghi ha spiegato che «dal picco del 24% nel 2013, la disoccupazione giovanile è scesa intorno al 19% nel 2016, ma è ancora di circa quattro punti percentuali più alta rispetto all'inizio della crisi nel 2007». Il presidente della Bce ha però puntualizzato che «nel 2016 circa il 17% dei giovani tra i 20-24 anni non studia, non lavora e non fa formazione».
«La segmentazione del mercato del lavoro e una scarsa formazione professionale sono tra i principali motivi dell'elevato tasso di disoccupazione giovanile persistente in diversi Paesi colpiti gravemente dalla recessione come Italia, Grecia, Spagna e Portogallo». Il presidente Bce ha sottolineato invece che Paesi come «Germania e Austria sono riusciti a mantenere bassa la disoccupazione giovanile grazie a efficaci programmi di formazione professionale e piani mirati ai giovani più svantaggiati».