La scheda. Vaccini, ecco cosa c'è dietro i numeri dei produttori
Preparazione di una dose di vaccino
Sospendere i brevetti sui vaccini sarebbe una misura umanitaria ma anche di giustizia. Il premier Mario Draghi da Oporto è tornato sul nocciolo della questione: le multinazionali del farmaco non hanno il diritto di fare muro di fronte all’ipotesi di una liberalizzazione momentanea – chiesta da mesi da India e Sudafrica, capofila dei paesi poveri ai quali sinora sono andate solo le briciole – perché sono state sostenute in maniera cospicua da aiuti pubblici. L’apertura del presidente Usa Joe Biden secondo Draghi viene «da una constatazione: ci sono milioni di persone che non hanno accesso ai vaccini o per mancanza di distribuzione o per mancanza di denaro, che stanno morendo». E ancora: «Ci sono le grandi case farmaceutiche hanno avuto sovvenzioni governative imponenti. Semplicemente si potrebbe dire che ci si aspetta qualcosa in cambio da queste case farmaceutiche».
L’Unione Europea in realtà si è arroccata su posizioni ben più caute, sposando la linea Merkel e allineandosi alle critiche delle Big Pharma. Secondo le quali il problema non sarebbero i brevetti ma l’approvvigionamento delle materie prime e la realizzazione in maniera adeguata del vaccino. Il "liberi tutti" non porterebbe ad un aumento della produzione secondo la Pharmaceutical Research and Manufacturers of America e anzi rischierebbe di «disincentivare la ricerca, creando un precedente pericoloso».
Far quadrare i conti del vaccino – quanto costa e quanto rende – non è facile. Le case farmaceutiche tendono a non fornire le spese per la ricerca sostenute. Una serie di studi sui fondi stanziati dagli Stati (questi sì dichiarati) vanno tutti nella stessa direzione: la spesa per i vaccini anti-Covid è stata finanziata al 97-98% da fondi pubblici. Almeno in base ai dati disponili.
Secondo le analisi della Fondazione Kenup (Fondazione che sostiene l’innovazione nelle industrie sanitarie) il settore pubblico ha stanziato 93 miliardi di dollari nel 2020 per la lotta al Covid di cui 88,3 miliardi (il 95% del totale) alle aziende produttrici di vaccini. La maggior parte dei fondi, circa 86,5 miliardi, per stipulare Amc (Advance market commitments) vale a dire per il pre-acquisto di dosi con largo anticipo. Il 32% di questa valanga di denaro pubblico proviene dagli Stati Uniti, il 24% dall’Unione europea e il 13% dai governi di Giappone e Corea del Sud.
Ad analizzare le sole spese per la ricerca – quantificando in 5,9 miliardi di euro sino a marzo 2021 quelle tracciabili – il portale The Knowledge Network on Innovation and Access to Medicines del Global Health Centre (Ginevra). Il 98,1% proviene da finanziamenti pubblici: in particolare gli Usa e la Germania sono i principali sostenitori della ricerca con 2 miliardi e 1,5 miliardi di dollari. Il Regno Unito è terzo con 500 milioni mentre l’Ue ha investito circa 327 milioni. I finanziamenti sono andati principalmente a Moderna e Janssen che hanno ricevuto più di 900 milioni a testa, seguiti da Pfizer e BioNtech con 800 milioni. Una ricerca di Universities allied for essential medicines Uk (organizzazione che si batte per favorire l’accesso ai medicinali in tutto il mondo) ha analizzato la provenienza dei fondi (raccolti a partire dal 2002) per la ricerca del vaccino di Oxford/Astrazeneca: il 97% arrivava dalle casse pubbliche in particolare dal governo, dalla Commissione europea e da alcune organizzazioni benefiche. Un altro 2% dall’industria e dai privati.
A fronte di un grande sostegno pubblico la produzione di vaccini si è dimostrata, e non poteva essere altrimenti, un business molto redditizio. Gli interessi in gioco sono altissimi – non a caso dopo l’apertura di Biden a Wall Street i titoli di Moderna e Pfizer hanno virato verso il basso – con la previsione di vendite di 11 miliardi di dosi nei prossimi due anni per raggiungere l’immunità di gregge mondiale. Pfizer ha rivisto al rialzo le previsioni di entrate per il 2021 legate al vaccino da 15 a 26 miliardi di dollari. Moderna si aspetta un fatturato annuale di 19,2 miliardi, BionTech e Johnson&Johnson di 10 miliardi a testa.
Ai nastri di partenza ci sono poi gli altri due colossi europei: la tedesca CureVac e l’alleanza anglo-francese Gsk-Sanofi. Ma il dato che deve far riflettere, questo sì ufficiale, riguarda la diversa distribuzione dei vaccini: l’83% delle somministrazioni è stata fatta nei Paesi più ricchi dove in media è vaccinato un cittadino su quattro. Rapporto che crolla ad uno su cinquecento nei Paesi che chiedono la liberalizzazione.