Economia

ECONOMIA. Dpef, si alza lo scudo fiscale L'opposizione: «È un condono»

mercoledì 15 luglio 2009
Il Consiglio dei ministri ha dato via libera al Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2014. Le misure. L'Italia ha stanziato contro la crisi, senza considerare gli interventi a favore del settore bancario, «risorse lorde pari a circa 27,3 miliardi per il quadriennio 2008-2011 (2,7 miliardi nel 2008, 11,4 nel 2009, 7,5 nel 2010 e 5,8 nel 2011), corrispondenti all'1,8 per cento del Pil». A questo si aggiungono 16 miliardi di finanziamenti alle infrastrutture. È quanto afferma il Dpef che spiega come «l'incidenza dei provvedimenti con il sostegno pubblico diretto, in percentuale del Pil del 2008, è risultata maggiore nei paesi anglosassoni» perchè «in Italia non vi è stata necessità di intervenire a sostegno del sistema finanziario in modo così massiccio come altri Paesi». Secondo i dati comparativi del Fmi aggiornati al 19 maggio 2009 - sempre riportati in una tabella del Dpef - l'Italia avrebbe stanziato quest'anno lo 0,8% del Pil, a fronte dell'1,6% della Francia, del 3,7% della Germania, del 4,6% della Spagna e del 18,9% del Regno Unito. Arriva lo scudo fiscale. Intanto i relatori al decreto fiscale hanno presentato alla Camera l'atteso emendamento sullo scudo fiscale per la regolarizzazione dei capitali illecitamente esportati all'estero. Il testo è a firma dei relatori del dl nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, Chiara Moroni e Maurizio Fugatti."La norma prevede l'istituzione di un'imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali, detenute fuori dal territorio dello Stato [...] a condizione che le stesse siano rimpatriate in Italia da paesi Extraeuropei nonché regolarizzate ovvero rimpatriate perché in essere in Paesi dell'Unione europea e in Paesi aderenti allo spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa", spiega la relazione tecnica all'emendamento, che non quantifica gli effetti di gettito.L'imposta si applica su un rendimento lordo "presunto" del 2% annuo per i cinque anni precedenti il rimpatrio o la regolarizzazione "con un'aliquota sintetica del 50% per anno comprensiva di interessi e sanzioni e senza diritto allo scomputo di eventuali o crediti", recita il testo dell'emendamento. L'emendamento aggiunge che sono esclusi dallo scudo fiscale i reati tributari previsti nel decreto legislativo 74/2000 "ad eccezione dei reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione". Esclusi tra gli altri anche i delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, di corruzione, concussione, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, usura, traffico di armi, persone e droghe.L'oppoizione insorge: «È un condono». I cambiamenti introdotti dal governo, che ha cancellato ogni traccia di sanatoria per i reati penali, non rendono più digeribile alle opposizioni e ai sindacati il varo dello scudo fiscale. Che, tra l’altro, notano in tanti, era una misura in passato tassativamente esclusa dal ministro Tremonti. Spiega ad esempio Pierluigi Bersani, dal Pd: «Benché ci siano evidenti passi indietro rispetto alle prime intenzioni del governo, la scelta dello scudo fiscale rimane inaccettabile per tre motivi: lo sconto è impressionante e incomprensibile per chi le tasse le paga; non si capisce come garantire la certezza del periodo fiscale in esame e resta quindi ambiguo se si paghi il 5% o ancora meno; non c’è traccia alcuna di misure concrete tese a ripristinare la fedeltà fiscale». Contro la misura del governo scende in campo anche il segretario democratico Dario Franceschini, che nota: «Si tratta di un condono inaccettabile e anche nella sua forma peggiore». Il leader dell’Idv Di Pietro parte a testa bassa: «Alla casta con lo scudo fiscale si permette di far entrare proventi illegali mentre alle persone normali si impedisce di arrivare a fine mese, come avviene per i precari della scuola». Mentre il suo collega di partito Luigi De Magistris affonda: «Mentiva, sapendo di mentire, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Aveva promesso mai più condoni, aveva lasciato aperta, recentemente, la speranza che non ci sarebbe stato alcuno scudo fiscale: ed ecco invece la smentita». Il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero rivolge un appello al Quirinale, affinché Napolitano non promulghi una legge «che viola la Costituzione» e che costituisce «una gigantesca amnistia sotto mentite spoglie». Il provvedimento del governo è anche nel mirino dei sindacati. Gugliemo Epifani, numero uno della Cgil, nota che «lo scudo fiscale finisce per coprire evasione e reati finanziari commessi,  riduce ancora, e non ce n’è è altro bisogno, il campo della progressività d’imposta, parla di grandi patrimoni finanziari, senza occuparsi dei contribuenti onesti». Analoghe preoccupazioni arrivano dalla Uil, che appare più possibilista. Per il segretario confederale Domenico Proietti «la formulazione dello strumento dello scudo fiscale, pur  comprensibile in relazione a una situazione difficile di finanza pubblica nel quale occorre coniugare i principi con la straordinarietà dell’emergenza, non deve in alcun modo indebolire la lotta all’evasione fiscale e, per questi motivi, deve essere opportunamente raccordato a livello internazionale nella più generale lotta ai paradisi fiscali».