Divario di genere. Ancora 60 anni per la piena parità uomo-donna
In Italia appena il 18% delle posizioni da dirigente è occupato da donne
Colmare il divario di genere sul mercato del lavoro resta una conquista lontana. L'Italia, nonostante negli ultimi anni abbia messo a segno progressi verso la parità di genere a un ritmo più sostenuto rispetto a molti Stati europei, è ancora al 14esimo posto e, se si osserva la velocità di avanzamento degli indicatori, a questo passo e senza "una vera svolta", occorreranno più di 60 anni per conseguire la piena
parità di genere. È quanto emerge dal terzo Rapporto realizzato dall'Osservatorio mercato del Lavoro e competenze manageriali di 4.Manager, costituito da Confindustria e Federmanager, e presentato nel corso dell'iniziativa Donne al timone per la ripresa del Paese.
Il ritardo risulta particolarmente evidente nell'area della leadership femminile: nel nostro Paese appena il
18% delle posizioni regolate da un contratto da dirigente è occupato da donne, una percentuale che negli ultimi dieci anni è cresciuta soltanto dello 0,3%, rimanendo dunque sostanzialmente invariata. A ciò si aggiunge il fatto, viene inoltre evidenziato, che è proprio nei ruoli manageriali che emergono le maggiori differenze di retribuzione. In una situazione aggravata dall'attuale crisi pandemica, con le donne maggiormente colpite dalle conseguenze economiche e sociali.
Tra il 1977 e il 2018, in Italia il tasso di occupazione femminile è aumentato di 16 punti percentuali (dal 33,5% al 49,5%). Nel 2018 aveva un'occupazione solo il 32% delle donne al Sud contro il 60% al Nord, sottolinea il rapporto, evidenziando inoltre diverse dimensioni legate al gap retributivo relative, per
esempio, all'impatto della maternità, dove la perdita reddituale delle donne occupate è del 35% nei due anni che seguono il parto e del 10% negli anni successivi, e alla minore presenza femminile nei settori a maggiore remunerazione (tecnologia, ingegneria, finanza).
La pandemia, sottolinea ancora il rapporto, ha aperto uno scenario di grandi rischi, ma anche di opportunità. Tra i primi, quello della fuoriuscita dal mercato del lavoro che per le donne è di 1,8 volte maggiore rispetto agli uomini, anche a causa della difficoltà di conciliare i carichi lavorativi e familiari. Tra le seconde, la possibilità di dare "un forte impulso alla valorizzazione dei talenti femminili". L'Italia, viene ricordato, ha messo al centro della sua presidenza del G20 il tema dell'empowerment femminile e "ora
deve assolutamente agganciare gli stanziamenti del Next Generation Eu per colmare il gender gap e dare una spinta decisiva di sviluppo al Paese", sostiene lo studio dell'Osservatorio 4.Manager.
«Dobbiamo tessere una nuova tela, senza disfarla di notte - ha dichiarato il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla - e affrontare la questione del gender gap e della leadership femminile molto seriamente, consapevoli che non si tratta di un aspetto marginale, ma di una priorità. È dimostrato che l'equilibrio di genere fa aumentare il fatturato delle aziende e fa crescere il Pil. Le imprese con governance mista, equamente distribuita tra uomini e donne, sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi. Occorre quindi disegnare un orizzonte in cui merito e talento siano gli unici elementi premianti per la carriera e conseguire nuovi assetti manageriali, in cui le donne possano essere protagoniste del rilancio dell'economia e del Paese».