Economia

GLI ECONOMISTI. Disoccupazione, macigno sul dopo-crisi

Giorgio Ferrari sabato 5 settembre 2009
I cicli economici, si sa, abbondano di paradossi. E ieri al Workshop Ambrosetti ne è emerso uno, vistoso quanto inquietante. Perché mentre dal Fondo monetario internazionale e dalla Bce giungono segnali in qualche modo incoraggianti circa l’uscita dal tunnel della grande crisi mondiale, un altro dato esplode nella sua preoccupante evidenza, ed è la crescita impetuosa della disoccupazione. Con il risultato che forse a breve termine potremo dire che l’economia si sta riprendendo, che il grande malato dà segni di guarigione, ma che al tempo stesso un altro morbo non meno grave lo sta aggredendo. Come giudicare altrimenti il fatto che il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti sia salito al 9,7% nel mese di agosto dal 9,4% (in linea dunque con gli standard europei) mentre la nuova stima del Fmi per il Pil mondiale (al momento ancora negativa in ragione dell’1.3%) prevede per l’anno prossimo l’idea di un’espansione del 2,9%?Luci e ombre scorrono sopra i cieli di Cernobbio (dove si è svolta la prima giornata del workshop dal titolo «Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive»), in una giornata piovosa a tratti interrotta da brevi schiarite. Metafora migliore dello stato di salute dell’economia mondiale non sapremmo trovare. L’anno fatidico, si dice, sarà il prossimo, quando il barometro, se pure timidamente, volgerà al bel tempo. Ma non tutti sono d’accordo. «Potremo parlare di uscita dalla crisi solo nel 2012 – dice il francese Jean-Paul Fitoussi –: due anni fa c’era stato un calo di 6 punti del Pil, adesso sale dello 0,3%, ma ci vorranno almeno due anni per ritornare al livello del 2007. Di positivo c’è che stiamo venendo fuori dal buco in cui c’eravamo cacciati. Tutti i governi hanno preso sul serio il fallimento dei mercati. Ma in Europa la reazione è stata debole». Lo ammette anche il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, che già due settimane fa al forum di Jacksonville aveva invitato a non coltivare troppe illusioni: «Ci attendono tempi difficili – dice – e sono molto preoccupato per il fatto che molta gente pensa che i mercati stiano tornando alla normalita». A sentire il direttore generale del Fmi Dominique Strauss-Kahn «L’economia globale sta andando verso la ripresa, e i governi devono iniziare ad elaborare delle "exit strategy" dai piani di stimolo varati per affrontare la crisi». Idea condivisa dal presidente della Repubblica Ceca Vaclav Klaus, per il quale siamo già in ritardo sulla tabella di marcia.L’insidia maggiore dunque viene dal mercato del lavoro. E dai costi che l’alto tasso di disoccupazione finisce per comportare. «La coperta – spiegano numerosi analisti a Cernobbio – è sempre troppo corta: per quanto tempo si può riuscire a mantenere una rete di sicurezza come quella garantita dal Welfare dei tempi passati senza che questo strangoli la ripresa economica? E per quanto tempo ancora i governi potranno sostenere con le immense iniezioni di liquidità che si sono viste in America e in Europa le imprese in difficoltà senza che il tessuto economico stesso ne risenta e l’anello più debole, cioè l’occupazione, ne faccia le spese per tutti?» In effetti, ammette il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei, «sono un po’ stupito dall’ottimismo che circola qui a Cernobbio. Certo, qualche segnale di ripresa si intravede, ma è molto, molto modesto. Soffriremo ancora per qualche mese, ma i settori più colpiti finiranno per riprendersi». I segnali di ripresa – dice l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti – si vedono anche nel rallentamento della caduta dei consumi energetici». L’ottimismo, alla fine, è d’obbligo.