Randstad Workmonitor. Il 65% dei dipendenti pronto a emigrare per trovare un lavoro adeguato
I giovani hanno molte difficoltà a trovare lavoro in Italia e spesso sono costretti ad accettare posizioni inferiori al loro livello di istruzione, anche perché secondo sette lavoratori su dieci l'esperienza è più importante dell'educazione nel trovare un'occupazione adeguata. Ma per il 73% dei dipendenti non esiste nemmeno la certezza di mantenere il posto attualmente ricoperto e metà di questi è disposta a cedere parte dello stipendio in cambio di garanzie sulla sicurezza del proprio lavoro. E così, in una situazione di profonda incertezza, il 65% dei lavoratori si dice disposto a trasferirsi in un altro Paese per trovare l'impiego che sta cercando.In un mercato del lavoro complesso, le società di recruiting assumono un ruolo chiave nella connessione tra domanda ed offerta: il 55% dei lavoratori italiani si rivolgerebbe ad un’agenzia specializzata se si trovasse disoccupato. Mentre quasi tutti dichiarano di preferire un lavoro temporaneo piuttosto che rimanere senza lavoro e 6 su 10 ritengono che questo possa essere un trampolino di lancio per trovare successivamente un impiego a tempo indeterminato.
È quanto emerge dal Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro realizzata da Randstad, seconda azienda al mondo nel mercato delle risorse umane, nel secondo trimestre 2013. Lo studio è stato dedicato in particolare alla partecipazione al mercato del lavoro, attraverso un sondaggio sottoposto a lavoratori dipendenti di 32 Paesi nel mondo.
“Il Randstad Workmonitor delinea la fotografia di un mercato del lavoro segnato da una profonda incertezza – afferma Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia – in cui emergono in particolare le difficoltà dei giovani, che faticano a trovare un posto di lavoro adeguato al titolo di studio in tasca, mentre le prospettive della ripresa economica non sembrano indicare un miglioramento a breve. Il senso di frustrazione che genera questa situazione è alla radice del dato sorprendente del 65% di italiani pronto a cercare fortuna all'estero”.
“Ai lavoratori italiani, e ai giovani in particolare, va spiegato che il lavoro giusto c'è anche in Italia, anche se spesso è difficile da trovare a causa del mismatch tra domanda e offerta - prosegue Ceresa -. Inoltre l'istruzione e la formazione continua sono fondamentali, insieme all'esperienza, per trovare un'occupazione adeguata e poi raggiungere alti livelli di carriera. In questo senso, per rendere il mercato del lavoro italiano più fluido, aperto e trasparente é cruciale il ruolo delle agenzie per il lavoro, come intermediari, datori di lavoro e fornitori di servizi che vanno dalla formazione all'Outplacement. Per questo motivo è da auspicarsi che dal 55% attuale cresca di molto la percentuale di lavoratori che decidono di affidarsi ad un'agenzia specializzata nella ricerca del proprio impiego”. L'allarme giovaniSecondo l'indagine del Randstad Workmonitor, 8 lavoratori su 10 in Italia credono che l'esperienza conti più dell'istruzione per trovare un lavoro appropriato. Un'idea condivisa da tutte le fasce di età, anche se in minor misura dai giovani (con età fino a 25 anni), che si dicono d'accordo solo nel 56% dei casi. Nel confronto internazionale, si scopre però che Paesi come Danimarca e Norvegia danno più o meno lo stesso peso all'esperienza e all'istruzione, mentre questa convinzione è particolarmente diffusa in Cina (90%), Turchia (85%) e Regno Unito (82%).
L'89% dei lavoratori italiani ritiene che oggi per i giovani (fino a 25 anni) sia difficile trovare un lavoro adeguato alle loro capacità e competenze. Una percentuale molto alta, che appare la seconda al mondo, allo stesso livello della Spagna ed inferiore solo alla Grecia (91%), trovando però conferma negli alti livelli di disoccupazione giovanile di questi Paesi.
Anche se in realtà, la difficoltà a trovare lavoro in Italia appare trasversale alle generazioni. L'86% degli italiani pensa che trovare la giusta occupazione sia difficile anche per i lavoratori anziani (dai 55 anni in su). Ma questa percentuale, seppure alta, è inferiore a quella dei giovani, mentre in Europa si evidenziano maggiori difficoltà per le fasce di età più avanzata.
L'85% degli italiani ritiene che i giovani accettino lavori al di sotto del loro livello di istruzione (e il 75% crede che questo accada anche per gli anziani). Un'affermazione che trova riscontro anche in altri Paesi con alti livelli di disoccupazione giovanile, in particolare la Grecia (96%) e la Polonia (87%). Mentre nella media globale, sembra essere vero maggiormente per i lavoratori anziani.
Otto lavoratori su dieci in Italia (82%) sono a favore del reclutamento di giovani nella propria azienda, un'opinione condivisa con tutti i Paesi del Mondo. Mentre solo il 45% è favorevole anche per i lavoratori anziani, sostenuti in media da 6 lavoratori su 10 nel mondo.
Il lavoro temporaneoSei lavoratori italiani su 10 (59%) ritengono che il lavoro temporaneo possa costituire un trampolino di lancio per trovare poi un lavoro a tempo indeterminato. Una quota rilevante, anche se inferiore alla media globale (quasi il 75%). Nella ricerca di un lavoro, il 55% degli italiani, se disoccupato, userebbe una agenzia di reclutamento, la percentuale più bassa al mondo (a pari merito con la Svezia), mentre nella media globale si affidano alle agenzie specializzate quasi 8 lavoratori su 10, con i picchi di Brasile (93%), Messico (89%) e Spagna (87%). Ad ogni modo, il 91% degli italiani dichiara di preferire un lavoro temporaneo piuttosto che rimanere senza lavoro. Un'affermazione che mette d'accordo tutto il mondo, tra la percentuale più bassa mostrata dall'India (76%) e la più alta dalla Spagna (94%). Circa metà dei dipendenti italiani (47%) pensa che il lavoro temporaneo sia per giovani, in linea con la media globale. Sicurezza del posto e disponibilitàIl 73% dei lavoratori italiani non ha certezza di avere un posto di lavoro sicuro. Una condizione comune a tutto il mondo, tra cui si segnala però in particolare la diffidenza di greci (94%), ungheresi (93%) e spagnoli (91%), lavoratori di Paesi che stanno affrontando difficili situazione economiche. Mentre in Brasile (45%), Norvegia e Svezia (39%) la maggioranza dei dipendenti mostra le maggiori garanzie di mantenere il proprio impiego.Circa metà dei dipendenti italiani (49%) è disposta a cedere parte dello stipendio in cambio di garanzie sulla sicurezza della propria posizione. Nel mondo, i meno disponibili a questa opzione si trovano in Ungheria (15%) e Cile (19%), i più disponibili in India (69%) e Spagna (63%). In questo contesto, il 65% degli italiani si dice disposto a trasferirsi in un altro Paese per trovare il lavoro giusto secondo le proprie aspettative. Un livello vicino a Paesi come l'India (73%), il Messico (70%) e la Cina (69%), mentre in Danimarca (28%), Repubblica Ceca (30%) e Stati Uniti (31%) i dipendenti sono i meno disponibili a fare la valigie per ricercare un'occupazione adeguata alle loro competenze.
Indici trimestrali Mobility Index - Il Randstad Mobility Index, l'indice che fotografa la probabilità di un lavoratore di cambiare lavoro entro i prossimi 6 mesi, dopo essere aumentato per tre trimestri di fila, ha fermato la sua corsa a 108. Questo significa che, rispetto al trimestre precedente, un minor numero di dipendenti si aspetta di trovare un lavoro diverso entro i prossimi sei mesi. Il 12% dei dipendenti nel mondo sono oggi attivamente alla ricerca di un nuovo lavoro, l'1% in meno rispetto al trimestre precedente. L'Italia è l'unico paese che mostra una crescita (+5%) delle persone alla ricerca attiva di un altro lavoro (15% contro il 10% nel primo trimestre 2013). Fiducia nella ricerca di lavoro - In Italia appare leggermente più elevata la fiducia di trovare lo stesso lavoro (+2%) o un lavoro diverso (+3%) nei prossimi 6 mesi, soprattutto grazie all’ottimismo della componente maschile, mentre le donne appaiono più demoralizzate (con variazioni rispettivamente del +10% e -7% rispetto ad un anno fa).Motivazione personale - L'81% dei lavoratori italiani aspira ad un avanzamento professionale, in calo rispetto al trimestre precedente (-6%), rimanendo ugualmente su un livello molto elevato.