Il rapporto. Il mondo ha sempre più debiti: siamo oltre i 100mila miliardi di dollari
Il logo del Fmi nella sede di Washington
Per la prima volta il debito pubblico globale supererà i 100mila miliardi di dollari e potrebbe crescere più rapidamente del previsto, perché le dinamiche politiche favoriscono una spesa più elevata e la crescita economica lenta amplifica le esigenze e i costi dei prestiti. Il dato è contenuto nell’ultimo rapporto Fiscal Monitor del Fondo monetario internazionale, diffuso stamane, che mostra anche come il debito pubblico raggiungerà il 93% del Pil globale entro la fine del 2024 e toccherà il 100% entro il 2030. Un livello che supererà anche il picco del 99% toccato durante la pandemia di Covid-19 e che sarà superiore di 10 punti percentuali rispetto al 2019, prima che la spesa pubblica si espandesse proprio a causa della pandemia.
Diffuso a una settimana dalle annuali riunioni a Washington di Fmi e Banca mondiale, il Fiscal Monitor evidenzia che ci sono buone ragioni per ritenere che i futuri livelli di debito potrebbero essere ben più alti di quanto attualmente previsto, incluso un sentiment di maggiore spesa negli Stati Uniti, la più grande economia del mondo. "L'incertezza sulla politica fiscale è aumentata e le linee rosse politiche sulla tassazione sono diventate più radicate – sottolinea il Fmi nel rapporto -. Le pressioni sulla spesa per affrontare la transizione verde, l’invecchiamento della popolazione, le preoccupazioni per la sicurezza e le sfide di sviluppo di lungo periodo stanno aumentando”.
Le preoccupazioni del Fmi per l’aumento dei livelli di debito arrivano a tre settimane dalle elezioni presidenziali americane in cui entrambi i candidati, Kamala Harris e Donald Trump, hanno promesso nuove agevolazioni fiscali e spesa pubblica, elementi che potrebbero aggiungere migliaia di miliardi di dollari al deficit federale. In particolare, i piani di riduzione fiscale di Trump aggiungerebbero circa 7,5mila miliardi di dollari di nuovo debito in 10 anni, più del doppio dei 3,5mila miliardi di dollari aggiuntivi dei piani di Harris, secondo le stime del Committee for a Responsible Federal Budget (CRFB), un think tank sul bilancio.
Il rapporto del Fmi rileva che le proiezioni del debito tendono a sottostimare i risultati effettivi con margini considerevoli. Inoltre, il debito potrebbe aumentare ulteriormente in modo significativo a causa della crescita debole, delle condizioni finanziarie più restrittive e della maggiore incertezza sulla politica fiscale e monetaria in economie di importanza sistemica come gli Stati Uniti e la Cina. Il rapporto include uno “scenario gravemente avverso” che coinvolge questi fattori e mostra che il debito pubblico globale potrebbe raggiungere il 115% in soli tre anni, 20 punti percentuali in più rispetto a quanto attualmente previsto.
Il Fmi ha quindi ribadito le sue richieste per un maggiore consolidamento fiscale, affermando che gli sforzi attuali, pari in media all’1% del Pil nei sei anni dal 2023 al 2029, sono insufficienti per ridurre o stabilizzare il debito. Per raggiungere questo obiettivo sarebbe necessaria una stretta cumulativa del 3,8%, ma negli Stati Uniti, in Cina e in altri Paesi in cui non si prevede che il PIL si stabilizzerà, sarebbe necessaria una stretta fiscale sostanzialmente maggiore.
Secondo il Congressional Budget Office, questo mese gli Stati Uniti dovrebbero riportare un deficit fiscale nel 2024 di circa 1,8mila miliardi di dollari, ovvero più del 6,5% del Pil. Gli Stati Uniti e gli altri Paesi in cui si prevede che il debito continui a crescere, tra cui la stessa Italia, oltre a Brasile, Gran Bretagna, Francia e Sudafrica, potrebbero dover affrontare conseguenze costose.
"Rinviare l'aggiustamento significherà solo che alla fine sarà necessaria una correzione più ampia, e aspettare può anche essere rischioso, perché l'esperienza passata dimostra che un debito elevato e la mancanza di piani fiscali credibili possono innescare reazioni avverse del mercato e limitare lo spazio che i Paesi hanno per confrontarsi con choc futuri", spiega Era Dabla-Norris, vicedirettore per gli affari fiscali del Fmi.
Secondo l’analista, i tagli agli investimenti pubblici o alla spesa sociale tendono ad avere un impatto negativo molto maggiore sulla crescita rispetto ai sussidi meno mirati, come quelli per il carburante. Alcuni Paesi hanno spazio per ampliare le proprie basi imponibili e migliorare l’efficienza della riscossione delle imposte, mentre altri possono rendere i propri sistemi fiscali più progressivi tassando le plusvalenze e il reddito in modo più efficace.