Una guerra commerciale, definita «idiota» dal ministro delle Finanze francese, Eric Lombard, che potrebbe far perdere quasi 5 miliardi di euro all’economia europea: l’ultimo capitolo della saga dei dazi commerciali tra l’Unione Europea e il suo alleato, gli Stati Uniti riguarda il mercato degli alcolici, a farne le spese i vini italiani e francesi su tutti. È stato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a minacciare di imporre una tariffa del 200% sui vini e altri prodotti alcolici provenienti dal Vecchio Continente, se il blocco dei 27 non avesse abbandonato il suo piano di imporre tariffe sul whisky statunitense.
Dal canto suo, l’Unione Europea ha fatto sapere che le sue misure mirate a tassare i beni statunitensi per valore di 26 miliardi di euro, tra cui bourbon, filo interdentale e diamanti, in rappresaglia ai dazi del 25% di Trump sulle importazioni di acciaio e alluminio, sono già entrate in vigore. Si è aperto così un nuovo fronte della guerra commerciale globale che ha sconvolto i mercati finanziari e aumentato i timori di recessione. Va ricordato che Trump ha minacciato di imporre una serie di sanzioni commerciali da quando è tornato alla Casa Bianca a gennaio, sebbene abbia rinviato l’azione su molte di esse. In un recente incontro nello Studio Ovale con il segretario generale della Nato, Mark Rutte ha confermato che non si sarebbe tirato indietro di fronte a queste rappresaglie commerciali. E le tariffe aggiuntive di potrebbero scattare dal 2 aprile come già dichiarato dalla Casa Bianca.
Molte delle contromisure proposte dall’Ue, per un valore di 26 miliardi di euro, si applicherebbero a prodotti con poco più di un valore simbolico, come il filo interdentale e gli accappatoi. Ma la proposta di dazio del 50% sul bourbon statunitense effettivamente infliggerebbe un duro colpo al settore americano degli alcolici, considerando che le esportazioni verso l’Europa sono cresciute costantemente da quando gli Stati Uniti hanno revocato i dazi imposti da Trump durante il suo precedente mandato 2017-2021.
L'Ue ha rappresentato circa il 40% di tutte le esportazioni di alcolici nel 2023, secondo il gruppo commerciale Distilled Spirits Council degli Stati Uniti. Allo stesso modo, gli Stati Uniti rappresentano il 31% delle esportazioni di vino e alcolici dell'UE, secondo Eurostat.
È la stessa industria vinicola e degli spiriti a chiedere più brindisi e meno dazi su entrambe le sponde dell’Atlantico: i rappresentanti del settore industriale hanno esortato i loro leader a ridurre l’escalation. Ma Trump è convinto che che i dazi siano necessari per rivitalizzare le industrie statunitensi ridotte dopo decenni di globalizzazione e ha riempito la sua amministrazione di funzionari che concordano con queste opinioni. Nel contempo, con un appello le associazioni vitivinicole europee avevano chiesto alla Commissione Ue di non inserire il vino statunitense nella black list.
La perdita dell'economia europea non sarebbe da poco: circa 4,9 miliardi di euro di export, ovvero il monte totale delle esportazioni dirette Oltreoceano, secondo una stima dell'Unione Italiana Vini (Uiv). È quindi «grandissima» la preoccupazione «per una escalation tariffaria che avrebbe effetti dirompenti su entrambi i lati dell'Atlantico» ha commentato in una nota Federvini. Con danni ingenti e «probabilmente irreparabili, coinvolgendo filiere produttive, decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di lavoratori, sia negli Stati Uniti sia in Europa».
Anche l'analisi dell'Istat in un focus sull'andamento dell'economia spiega che «l'applicazione dei dazi preannunciati dall'amministrazione statunitense nei confronti dell'Ue potrebbe avere effetti rilevanti sul nostro Paese». «Nel 2024, oltre il 48% del valore dell'export italiano è stato indirizzato al di fuori dell'Ue, una quota superiore a quelle tedesca, francese e spagnola. Tra i principali partner commerciali, gli Stati Uniti hanno assorbito circa il 10% delle vendite all'estero dell'Italia, e più di un quinto di quelle di prodotti italiani destinati ai mercati extra europei».
Il solo export italiano di vino verso gli Usa vale quasi 2 miliardi di euro ed è in crescita. «Con tariffe di queste (s)proporzioni, i nostri produttori di vino perderebbero il partner commerciale numero uno al mondo» ha sottolineato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. Sarebbero «una misura estrema che manderebbe di fatto in sofferenza il vino italiano, compromettendo un percorso che negli ultimi venti anni ha visto le vendite negli Stati Uniti quasi triplicate in valore, con un incremento del 162%», secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat, «tanto da rappresentare circa un quarto delle esportazioni totali di vino italiano. Quasi un terzo del totale è rappresentato dagli spumanti». Gli Usa, aggiunge Confagricoltura, sono anche il primo consumatore mondiale di vino con 33,3 milioni di ettolitri (dati Oiv), e per l'Italia rappresentano in valore il mercato più importante.
Se poi si scende nel dettaglio della produzione regionale, secondo Cia-Agricoltori Italiani a dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni). Senza contare che il rischio di dazi, secondo l'associazione, «lascerebbe strada libera ai competitor che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno».
Il mondo del vino spera nel lavoro delle diplomazie, «determinante e fondamentale» ha aggiunto Luca Rigotti, il presidente del settore Vino di Confcooperative Fedagripesca «per evitare di appesantire una situazione geopolitica ed economica già delicata». «Credo che ci voglia buon senso da entrambe le parti - ha sottolineato l’ad di Filiera Italia Luigi Scordamaglia - Qualcuno deve cominciare a mostrare un po' di buon senso, sia l'Europa a farlo per prima". Sulla stessa linea gli esportatori di vini e distillati francesi: Nicolas Ozanam, direttore generale della Federazione di categoria (Fevs) si è appellato alla Commissione europea affinché «dia prova di realismo».