Economia

Sostenibilità. Dalla chimica all'idrogeno verde l'area di Saline ora può rinascere

Davide Imeneo martedì 18 aprile 2023

Lo scheletro di un’industria mai entrata in funzione può trasformarsi in un polmone verde, capace di contribuire al fabbisogno energetico del Paese? È la proposta che, in queste ore, sta maturando a Reggio Calabria, esattamente a Saline, frazione costiera del comune di Montebello Jonico. Qui, nel 1974, fu completata la fabbrica della Liquichimica Biosintesi, una società che avrebbe dovuto produrre bioproteine, cioè proteine prodotte da derivati del petrolio che sarebbero servite come mangime per animali. La struttura fu finanziata col famigerato Pacchetto Colombo: nel 1971 il Governo stanziò 1.300 miliardi di lire per sostenere alcuni investimenti industriali in Calabria. Queste misure servirono per placare la Rivolta di Reggio, nata in seguito all’attribuzione del capoluogo a Catanzaro. Ma la fabbrica funzionò soltanto due mesi. L’Istituto superiore di Sanità, infatti, vietò le bioproteine perché cancerogene, e la Liquichimica fu definitivamente chiusa: gli operai furono messi in Cassa integrazione per un tempo complessivo di 23 anni. La proprietà dell’area industriale ha attraversato varie vicissitudini negli anni, l’ultima, in ordine di tempo, è l’acquisizione da parte della multinazionale Repower, avvenuta nel 2006. La gestione dell'impianto è stata affidata alla partecipata italiana del colosso svizzero, la società Sei, di cui il 20% delle quote sono possedute dal Gruppo Hera. Repower era intenzionata a costruire una centrale elettrica a Carbone, ma grazie alla mobilitazione della popolazione e ad un blitz mediatico di Greenpeace, nel 2016 il progetto è stato definitivamente archiviato.

L’area della Liquichimica è un posto incantevole, basti pensare che all’interno del perimetro industriale ricade anche un’Oasi naturale ed un porto…attualmente insabbiato. Ma quella zona, una volta adibita alla coltivazione di bergamotti e gelsomini, ha tutte le potenzialità per intraprendere una rinascita industriale. La proposta, tanto dibattuta in questi giorni, è quella di riconvertire la struttura in una centrale di produzione di idrogeno verde, cogliendo anche le opportunità offerte dal Pnrr.

Sulla fattibilità è intervenuta anche Mariachiara Benedetto, Sales Engineer di Ohmium International, leader nel mercato degli impianti di produzione di idrogeno verde con tecnologia elettrochimica Pem (Proton Exchange Membrane). «L’opportunità di installare nell’area della Liquichimica di Saline un impianto di produzione di Idrogeno verde - ha dichiarato la Benedetto ad Avvenire - è assolutamente fattibile, ovviamente all’impianto di produzione dell’idrogeno va affiancato un impianto di produzione di elettricità da fonte rinnovabile, nel caso di Saline sarebbe auspicabile l’installazione di pannelli solari. In base alla portata energetica dei pannelli andrà poi dimensionato l’impianto elettrochimico di produzione dell’idrogeno stesso». La dottoressa Benedetto, che conosce molto bene la realtà di Saline, ha anche pensato a come si possa risolvere uno degli annosi problemi di quella località: la mancanza d’acqua. «Bisognerà pensare ad alimentare l’impianto di produzione dell’Idrogeno con acqua desalinata – ha suggerito l’esperta – cioè acqua prelevata dal mare e trattata in un impianto di osmosi inversa ottenendo così il grado di salinazione necessario per alimentare l’impianto elettrochimico di produzione dell’Idrogeno».

Resta, però, il nodo dei costi. Un primo bando del Pnrr per la costruzione di centrali per la produzione di idrogeno verde è stato assegnato proprio nei giorni scorsi: in Calabria sono stati finanziati due progetti per 21,6 milioni di euro. Ma il bando di Ferrovie della Calabria per la fornitura di otto treni a idrogeno (per un ammontare da 100 milioni di euro) è andato deserto: un finanziamento che, anziché perso, potrebbe essere ricanalizzato nella produzione di energia green proprio rifinanziando la costruzione di centrali a idrogeno verde. Così, oltre ad un favorevole impatto ambientale, il Pnrr garantirebbe a Saline Joniche un giusto riscatto sociale.