L'occupazione che verrà. Dal Pnrr una spinta al lavoro. Più posti "verdi" e digitali
Un colloquio di lavoro prima della pandemia
Il 2021 si è chiuso in maniera positiva sul fronte dell’occupazione. Nel 2020 – l’annus horribilis della pandemia – un milione di posti di lavoro è andato in fumo: in pochi mesi ne è stata recuperata la metà. Mentre per quest’anno e i prossimi si prevede un’ulteriore crescita grazie ai fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Nello scorso terzo trimestre, si è registrato un aumento di 121mila occupati (+0,5%) rispetto al trimestre precedente, e un aumento di 505mila unità (+2,2%) rispetto allo stesso periodo del 2020. Il tasso occupazione è salito al 58,4%, la disoccupazione è scesa al 9,2%. Gli occupati a termine superano quota tre milioni, con un aumento del 2,3% sul trimestre precedente e del 13,1% sul 2020. Il problema è costituito dalla qualità dei contratti. Oltre che dal record negativo dell’Italia nella disoccupazione giovanile e femminile.
«Il Pnrr arriva in un momento storico particolare – spiega Giulio Quadri, docente di Diritto del lavoro all’Università Federico II di Napoli –. Col Covid si è cercato di favorire le assunzioni a termine. Servirà l’intervento legislativo per evitare la precarietà continua. Spero che il Pnrr possa incrementare l’inserimento di giovani e donne, soprattutto al Sud. Lo smart working, per esempio, potrebbe essere usato maggiormente per aumentare l’occupazione femminile e conciliare la vita familiare e quella lavorativa. Anche se andrebbe regolato meglio». Anche il programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) è stato introdotto per provare a rilanciare l’occupazione in Italia. Prevede una serie di misure per il reinserimento lavorativo dei disoccupati, dei percettori di reddito di cittadinanza, dei lavoratori in cassa integrazione, dei disabili, delle donne, dei giovani, degli over 50 e di altre categorie. Le risorse per il Gol sono pari a 4,4 miliardi di euro. A tali fondi sono da sommare 600 milioni per il rafforzamento dei Centri per l’impiego (di cui 400 già in essere e 200 aggiuntivi) e 600 milioni per il rafforzamento del sistema duale. Vi sono infine 500 milioni di euro a valere su React-EU. «I fondi del Pnrr sono l’occasione per ripensare una formazione che risponda concretamente alle esigenze delle aziende – commenta Francesco Baroni, Country Manager di Gi Group Italia –. È l’unica strada da percorrere per intervenire in modo sostanziale sull’occupabilità delle persone e su fenomeni come lo skill mismatch e lo skill shortage che influiscono sulla sostenibilità del mercato del lavoro. In quest’ottica, noi abbiamo inaugurato il Gi Group Training Hub, uno spazio dedicato interamente all’orientamento e a corsi di reskilling e upskilling, con particolare attenzione alle competenze tecniche e tecnologiche richieste da alcuni settori, come Meccatronica, Pelletteria e Logistica».
In questo senso The Adecco Group – con Re-Start generation: le prospettive occupazionali per donne e giovani alla luce del Pnrr e le nuove competenze, tra sfide green e rivoluzione digitale – si è concentrato sull’analisi degli effetti che le riforme incluse nel Pnrr potrebbero produrre sul mercato del lavoro. Si prevede che nel triennio 2024/26 l’incremento occupazionale delle donne raggiungerà la soglia di +380mila unità, mentre saranno +81mila i giovani che troveranno un impiego. Il documento sottolinea, però, come questi obiettivi potranno essere raggiunti solo avviando fin da subito percorsi di reskilling e upskilling, per accompagnare imprese e lavoratori nelle transizioni digitali e "verdi". Anche per Rosario Rasizza, presidente di Assosomm e ad di Openjobmetis «per sostenere questi ritmi è necessario innovare anche nel mercato del lavoro per un più efficace incontro tra domanda e offerta, quindi consentire alle aziende di trovare le persone giuste, nei tempi e nelle modalità utili alle loro esigenze». L’augurio che fa Carlo Passino, amministratore delegato di Nhrg, invece, «è che quanto indicato nel Pnrr entri in vigore al più presto, grazie anche a un’adeguata consultazione di tutte le parti interessate. Perché il Pnrr raggiunga i suoi obiettivi in termini di occupazione (del 10,9%, pari a 2,5 milioni di occupati in più) si assisterà, ritengo già dal 2022, a un allentamento delle rigide regole sui contratti a termine, in modo da rispondere in maniera puntuale alle esigenze dei singoli settori e delle singole aziende. In secondo luogo, ci sarà una grande attenzione alle "politiche del lavoro", in primis attraverso la formazione».
La strada, comunque, sembra già tracciata: si va verso un mercato del lavoro sempre più "verde" e digitale. Stando alle previsioni del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere, entro il 2025, sei lavoratori su dieci dovranno avere competenze green o digitali. Nei prossimi cinque anni, inoltre, il mercato del lavoro avrà bisogno di almeno 2,2 milioni di nuovi lavoratori in grado di gestire soluzioni e sviluppare strategie ecosostenibili (il 63% del fabbisogno del quinquennio che include anche il turnover) e di due milioni di lavoratori in grado di saper utilizzare il digitale (il 57%). «I segnali positivi che arrivano dal mercato del lavoro già da inizio anno – afferma Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana – aprono a un certo ottimismo. Ma è proprio nei prossimi mesi che l’Italia si giocherà gran parte del suo futuro. Penso soprattutto allo sviluppo e alla valorizzazione delle competenze dei lavoratori». Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad, ricorda che «nel Pnrr si stima, entro il 2026, un incremento del 3,2% rispetto allo scenario di base senza Piano, che in valori assoluti si traduce in circa 730mila nuovi posti di lavoro. In particolare gli incrementi più significativi saranno trainati dalla trasformazione digitale, a seguito della quale si stimano circa 205mila nuovi posti di lavoro e dalla rivoluzione green, con circa 182mila nuovi occupati». In un recente studio, Randstad Research ha mappato le nuove figure professionali. Sono oltre 200 e in continua crescita: dal designer circolare al gestore della logistica inversa. «La formazione continua – aggiunge Ceresa – rappresenta una vera e propria chiave di volta per affrontare il Piano in maniera efficace».
Alle imprese, in conclusione, «serviranno persone in grado di progettare, adattare, decidere, indirizzare, integrare le tecnologie con le finalità di uno sviluppo dei territori, delle città, dei paesi », sostiene il vicepresidente di Confindustria per il capitale umano, Giovanni Brugnoli. «Lo dico subito: si farà fatica a trovare queste persone – aggiunge –. Nelle previsioni Excelsior 2021-2025 il fabbisogno di competenze digitali, green, Stem e di innovazione 4.0 che verranno ricercate con un e-skill mix (il possesso con elevato grado di importanza di almeno due eskill) sarà tra 886mila e 924mila persone». Ma già oggi, «vedendo il trend di iscritti alle Università e Its, sappiamo che metà di queste sarà praticamente introvabile».