Gig Economy. La resa di MyMenu, una sconfitta per la tutela dei rider
La protesta di un gruppo di rider di Bologna di MyMenu
Davide questa volta non ce l’ha fatta a sconfiggere Golia. E in un mercato fortemente competitivo come quello del food delivery un’azienda che cercava di tutelare i rider è stata costretta ad alzare bandiera bianca.
È successo a MyMenu, operatore italiano fondato nel 2013 da Edoardo Tribuzio a Padova che grazie ad una serie di acquisizioni (tra le quali quella della milanese Bacchette e forchette) ha lavorato con ristoranti selezionati di tutto il Nord Italia consegnando a domicilio in dieci anni oltre 5 milioni di pasti pronti. Nel 2021 l’acquisizione da parte del gruppo Pellegrini ha comportato un riposizionamento con l’avvio di servizi specifici rivolti alle aziende (il cosiddetto B2B). A metà novembre l’annuncio: a fronte di perdite complessive per oltre due milioni di euro il servizio di food delivery è stato di fatto “dirottato” verso Just Eat, con il passaggio volontario di ristoranti e rider al gruppo internazionale. Una scelta che ha comportato l’avvio della procedura di licenziamento collettivo di 23 rider e di 30 impiegati nelle sedi. Dal oggi il servizio di MyMenu termina ufficialmente.
«In un mercato altamente concorrenziale dove ci sono prassi commerciali discutibili sicuramente il nostro modus operandi non aiutava – spiega ad Avvenire Tribuzio, fondatore di MyMenu, – perché comportava maggiori costi. Siamo convinti del nostro modo di lavorare: le altre aziende non pagano il rider se è fermo, mentre noi lo pagavamo comunque per l’intero orario. Questo comportava costi di consegna maggiori. Stesso ragionamento per le provvigioni dei ristoranti, la sostenibilità del business per noi prevedeva un 25% ma le piattaforme internazionali applicano il 15% perché hanno minori costi».
Il gruppo Pellegrini ha deciso di “dismettere” il ramo del food delivery e di concentrarsi in quello aziendale. «C’è stato uno scambio di know-how tra MyMenu e Pellegrini che ha portato allo sviluppo di nuovi servizi alternativi alle mense, ad esempio un’offerta più completa di pasti freddi e caldi distribuiti tramite smartfridge nelle aziende, ma anche la possibilità di ordinare entro una certa ora i lunch box in azienda» spiega Tribuzio. L’accordo commerciale finalizzato alla transizione del business è stato fatto pensando soprattutto al personale. «Abbiamo previsto per i 23 rider assunti, un’altra cinquantina sono lavoratori saltuari, un processo agevolato di candidature volontarie presso Just Eat per garantire le stesse tutele. Mentre il personale di sede è stato di fatto riassorbito da Pellegrini: il 90% degli impiegati è stato assunto con contratti armonizzati e funzioni analoghe».
Dal 2016 quando sono arrivate in Italia le piattaforme internazionali il mercato si è allineato al ribasso, contraendo i costi per intercettare sempre più clienti. «Il nostro costo di consegna era di 4 euro, ma poi sono arrivati i grandi gruppi che hanno iniziato a fare consegne gratuite o a un euro. Il Covid ha avuto un impatto sui ristoratori perché si sono messi a fare i conti e molti hanno deciso di fare le consegne in proprio, pagando un fattorino – spiega ancora Tribuzio – ma anche sui clienti che adesso collegano i pasti consegnati a casa ad un periodo di restrizione della libertà. Da ultima l’inflazione ha causato un’ulteriore contrazione degli ordini». Secondo il fondatore di MyMenu il mercato si stabilizzerà con solo grandi operatori – di fatto in Italia sono tre: Deliveroo, Just Eat e Glovo – che ad un certo punto applicheranno un rialzo dei prezzi per rendere sostenibile il business come avvenuto, ad esempio, per la pay tv.
Daniele Contini, country manager Italia di Just Eat, spiega che l’accordo commerciale si tradurrà in una serie di incontri con i ristoranti e i clienti. «Ai rider daremo la possibilità di candidarsi – sottolinea Contini – faremo un processo di selezione in continuità visto che anche MyMenu dottava un modello simile al nostro di subordinazione. Abbiamo diverse posizioni aperte in diverse città e se troveremo le giuste caratteristiche procederemo con l’assunzione». I rider di Just Eat sono assunti in base ad un accordo aziendale del 2021 che prevede l’applicazione del contratto nazionale della logistica. «Abbiamo 2500 dipendenti che lavorano per turni con pause orarie prestabilite. Si tratta soprattutto di contratti part time che vanno dalle 10 alle 30 ore settimanali» aggiunge Contini. Gli anni successivi dalla pandemia sono stati caratterizzati da una tenuta del settore che si è stabilizzato dopo il boom del 2020-21. «Nessuna crisi, il 2023 è stato un anno di assestamento – dice il country manager di Just Eat Italia –. Il problema che va affrontato è quello della regolamentazione. Oggi convivono due sistemi, c’è una difformità di normativa che non va bene perché distorce la situazione. Noi ci facciamo carico dei lavoratori perché vogliamo tutelarli ma in Italia ci sono regole poco chiare e poco omogenee per chi opera nello stesso mercato».