Dili (Confprofessionisti). «Ma ora serve l'equo compenso»
Andrea Dili
«Finalmente si è cominciato a guardare al lavoro autonomo come a un mondo che deve essere valorizzato per poter competere sul mercato». Andrea Dili, commercialista e presidente di Confprofessioni Lazio, ritiene che con l’approvazione del ddl ci siano maggiori garanzie per una categoria di lavoratori per cui, finora, non esistevano norme adeguate: «È un primo passo importante ».
Qual è l’aspetto che la soddisfa maggiormente?
Ce ne sono due particolarmente apprezzabili. Il primo consiste nella defiscalizzazione delle spese effettuate in formazione, perché dimostra che chi investe su se stesso attraverso master e corsi di specializzazione viene premiato. L’altro punto, altrettanto significativo, riguarda la maternità e la copertura rafforzata in caso di malattie gravi. Si tratta di provvedimenti che vanno nella direzione giusta perché colmano vuoti sul piano delle tutele.
Sugli ammortizzatori sociali?
Il riconoscimento della Dis-coll (l’indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi) anche agli altri collaboratori e ai dottorandi di ricerca universitari ha il merito di ampliare la platea. Tuttavia non la completa, perché restano escluse le partite Iva. Diciamo che manca ancora un tassello.
Lei parla di passo avanti. Che cosa manca per completare il percorso?
Servirebbe l’introduzione di un equo compenso, ovvero di una sorta di salario minimo per professionisti. Determinati livelli di prestazione devono prevedere una retribuzione adeguata. A partire dalle Pubbliche amministrazioni dovrebbe esserci una 'forchetta' di un minimo e un massimo in modo tale da non sottopagare alcuni professionisti da una parte, mentre dall’altra si sprecano ingenti somme di denaro per super consulenze. Anche sul piano della previdenza, restano notevoli squilibri tra cassa pubblica e casse private e tra generazioni, con le ultime decisamente più penalizzate.