Spazio. «Così abbiamo vinto commesse della Nasa»
Il fondatore di Argotec David Avino
Un passato militare nella Folgore e un sogno inseguito. È particolare il percorso di David Avino, classe 1971, iniziato dalla cantina di casa. Siamo nel 2008 di ritorno a Torino dopo esperienze nelle principali agenzie spaziali europee, Avino inizia ad investire nella sua idea di 'open space'. Ma 'open' per chi? Rendere accessibile lo spazio alle imprese, anche estranee al settore, offrendo opportunità di business, pareva improbabile da parte di una ciurma di giovani. Eppure, l’idea, e con essa l’impresa, prende quota e dall’androne di casa la ciurma trasferisce la propria sede in una portineria dismessa: anche ora, Argotec non ha perso il gusto per le basi 'singolari'. A pochi km dal centro di Torino sorge il quartier generale, una struttura post-industriale in cui i diversi ambienti sono frazionati dalle vetrate che illuminano laboratori d’avanguardia. Qui, il team – età media 29 anni – è riuscito nell’impresa di strappare alla Nasa diversi commesse e, soprattutto, conquistarsi la fiducia delle maggiori agenzie internazionali. Un volo oltreoceano che ha reso necessaria la recente inaugurazione di un secondo polo Argotec, in Maryland, accanto a strategici distretti spaziali. Per percepire che sia una realtà rara nel panorama italiano, basta fare visita alla sede, dove si è accolti da una schiera di giovani talenti in camice bianco sul cui taschino sinistro campeggia il logo colorato, a dare la cifra dell’attaccamento alla maglia e della passione per un’esperienza, soprattutto, di vita. All’insegna della parola d’ordine del gruppo, che riflette la filosofia del fondatore, 'diversità', questi piccoli scienziati trasferiscono e scambiano dati, sfrecciando su monopattini lungo i corridoi, «per esse- re più veloci degli altri» spiega David.
Il giusto mix sembra essere dato da competenze scientifiche, alta specializzazione tecnologica, ma anche analisi del mercato, capacità manageriale e attenzione al business. Grazie a questa squadra siamo cresciuti, in pochi anni, a virare il business dai servizi di supporto all’addestramento degli astronauti al mondo dei prodotti. Tra le nostre aree funzionali, R&D ha ricoperto da subito un ruolo centrale: in larga parte autofinanziata, nel tempo ci ha consentito di implementare la progettazione nelle due aree aziendali portanti, ovvero quelle della realizzazione di sistemi innovativi per il comfort degli astronauti e della produzione di satelliti di piccole dimensioni.
Perchè vi siete focalizzati nella produzione di microsatelliti per lo spazio profondo? Sviluppare tecnologie che lavorano nelle proibitive condizioni dall’ambiente spaziale, lontano dalla Terra, significa progettare prodotti di alta complessità supportati da fini strategie di design. Consapevoli di questo, abbiamo combinato e integrato tecnologie di AI, e di navigazione autonoma, algoritmi di riconoscimento delle immagini e dell’inseguimento di target con tecniche di miniaturizzazione spinta. La continua sperimentazione ci ha condotto a costruire satelliti grandi quanto scatole di scarpe, estremamente affidabili e versatili, in termini di applicazioni. Oggi siamo i soli in Europa a realizzare oggetti di questo livello.
La Nasa ha riconosciuto subito la qualità e l’unicità dei vostri sistemi, selezionando, attraverso l’Asi, la piattaforma satellitare Hawk e imbarcandola su due importanti missioni statunitensi. La prima, che rientra nell’ambito del programma Artemis, destinato a riportare l’uomo prima sulla Luna e poi su Marte, ha l’obiettivo di testare il nuovo lanciatore americano Space Launch System. Al volo inaugurale del lanciatore parteciperanno 13 nanosatelliti: 10 americani, 2 giapponesi ed uno europeo, il nostro ArgoMoon. Dart, invece, sarà la prima missione di difesa planetaria, firmata Nasa, della storia dell’uomo, volta a verificare la possibilità di deflettere l’orbita di un asteroide facendo impattare su di esso un grosso satellite. Il nostro microsatellite, LICIACube – che viaggerà a bordo dello statunitense Dart – verrà rilasciato poco prima dell’impatto, così da riprendere con le sue camere lo schianto a 11 milioni di km dalla Terra. La consegna di questi due satelliti è imminente: proprio in queste settimane, all’interno dei laboratori di Argotec, i tecnici stanno terminando le attività di assemblaggio e testing delle piattaforme.
La colonizzazione del suolo lunare non è più una fantasia. È nell’ordine delle cose? Avverrà a breve. Sono già state pianificate circa 95 missioni lunari entro il prossimo decennio. Quindi, l’accesso continuativo a una rete che consenta la connessione con i centri di controllo per sentirsi meno soli e ricevere supporto, ma soprattutto poter effettuare video-call con i propri cari, giocherà un ruolo fondamentale per il benessere psicologico e ridurre le distanze dei futuri esploratori spaziali con casa.