Il giorno dopo la firma di un accordo che definisce storico, Raffaele Bonanni può godersi la soddisfazione di avere raggiunto un obiettivo da tempo perseguito dal suo sindacato. Un nuovo modello contrattuale improntato «a un’idea partecipativa delle relazioni industriali » , sottolinea il segretario generale della Cisl, « un sistema che incoraggia strade meno conflittuali » del quale c’è bisogno soprattutto oggi quando serve una « ricostruzione dell’economia basata sul valore del lavoro».
Qual è l’aspetto centrale della riforma? È lo stimolo alla contrattazione di secondo livello. È lì che si crea la produttività e si incentiva la crescita del reddito. I salari aumentano così, non si può più prescindere dall’aspetto della produttività.
Dopo un lungo tira e molla giovedì si è arrivati alla firma. Come mai questa accelerazione, qualcuno voleva un «accordo separato»? L’altra sera abbiamo solo tirato le somme di quello che oltre trenta organizzazioni avevano discusso a lungo e sottoscritto autonomamente. Il governo non c’entra, anzi ha dovuto cambiare la sua posizione: sull’indice programmato di inflazione fissato all’ 1,7% il governo ha sconfessato se stesso. Infatti nel- l’intesa abbiamo stabilito che saranno le parti a indicare l’indice di inflazione per i rinnovi contrattuali, sottraendo la scelta all’esecutivo.
Ma c’è chi vi accusa di avere diviso il sindacato Vedo che in Italia ci sono troppi smemorati. C’è un ex ministro di cui ho stima che era un convinto assertore come noi della decontribuzione dei contratti di secondo livello ma alza le barricate, proprio ora quando abbiamo raggiunto un accordo che valorizza quell’elemento. Non vorrei che, a fronte di una larghissima condivisione nel mondo economico e politico verso queste scelte, si volesse dare il diritto di veto a una sola organizzazione.
Il leader della Cgil Epifani ma anche D’Alema hanno chiesto ieri che l’accordo sia sottoposto al voto dei lavoratori. Che ne pensa? Il referendum si giustifica quando si fa un accordo unitario, come è accaduto l’anno scorso sul Welfare. Quando invece ci si sottrae all’intesa ogni organizzazione consulta i propri iscritti a casa propria. Ed essendo la Cisl un sindacato con quattro milioni mezzo di aderenti, noi lo faremo attraverso tutti i nostri organismi
Lei ha espresso rammarico per il no della Cgil. Ma come lo spiega? È la solita storia. A ogni accordo importante quando si è di fronte a una svolta, ciclicamente tornano queste resistenze al cambiamento. Ma mi chiedo, è possibile che tutti i rappresentanti delle imprese e tutti i sindacati tranne uno abbiano perso il buon senso? O forse c’è un’organizzazione che sta sbagliando? Un anno fa abbiamo sottoscritto insieme una piattaforma unitaria per la riforma che concepiva relazioni sindacali partecipative, riducendo i margini di conflittualità. Poi qualcuno ha scelto di tornare all’antagonismo in un momento di crisi, quando servirebbe unità.
Un «no» in nome del conflitto? C’è chi è ancora convinto che il sindacato raggiunga i suoi obiettivi solo con l’antagonismo ma questo, come minimo, è anacronistico. Oggi c’è bisogno di partecipazione e concordia per ricostruire l’economia su nuove basi. Dobbiamo superare l’economia di carta, un sistema dove i soldi avevano sostituito il lavoro e la persona. E tornare a puntare sulla produzione dei beni, un sistema che dà insieme più efficacia alla crescita e più valore ai lavoratori. Per questo è importante un sistema partecipativo di relazioni industriali.
Al vertice con il governo si è parlato anche di misure anticrisi. Siete soddisfatti? Noi chiediamo ammortizzatori sociali per tutti quelli che perdono il lavoro, anche i precari. Ogni lavoratore deve sapere che se serve avrà un sostegno. Anche attraverso contratti di solidarietà, per ridistribuire il lavoro tra tutti trovando una compensazione per la quota di reddito perso. Quest’anno perderemo un milione di posti e servono risorse. Bisogna trovare i soldi.