Energia. L'industria taglia i consumi elettrici del 15%
Un operaio al lavoro in una fabbrica di Bologna
L'industria italiana sta tagliando drasticamente i consumi di elettricità per contenere i costi delle bollette. Il Rapporto mensile sul sistema elettrico di agosto, pubblicato da Terna, la società che controlla la rete, mostra che il mese scorso l’indice dei consumi industriali è crollato del 15% rispetto allo stesso mese del 2021. Il taglio dei consumi dell’industria è iniziato a maggio con un -3% sul 2021 e ha accelerato nei mesi seguenti: -5% a giugno, -12% a luglio e, appunto, -15% ad agosto.
Terna non offre i dettagli sui settori che hanno ridotto maggiormente il consumo di elettricità, ma le cronache raccontano di massicci piani di riduzione dell’attività più energivore: acciaierie, vetrerie, cartiere, ceramica ma anche agroalimentare. Soltanto la chimica – segnala l’azienda – mostra una variazione positiva. Si vedrà nelle prossime rilevazioni Istat sull’industria quanto questo calo dei consumi elettrici si sia tradotto in una riduzione della produzione: a luglio il calo annuo è stato dell’1,4%.
A livello nazionale il calo annuale di consumi elettrici è stato del 2,6%, che diventa -3,6% se si considera che agosto 2022 ha avuto gli stessi giorni lavorativi di agosto 2021 ma temperature più alte dello 0,6% (l’aumento delle temperature in condizioni normali fa salire i consumi elettrici per il maggiore uso dei condizionatori). L’elettricità consumata è stata di quasi 26mila GWh.
Pagati carissimi. In base al prezzo unico di acquisto del mercato del giorno prima, quello che fissa quotidianamente il costo dell’energia elettrica, i prelievi dalla rete elettrica nazionale hanno avuto un costo di 13,2 miliardi di euro. È un prezzo all’ingrosso, quello che pagano le aziende che poi rivendono l’elettricità a imprese e famiglie. Quei 13,2 miliardi sono un costo superiore del 4% rispetto a luglio e quasi cinque volte (+375%) quello di un anno fa.
Perché nel frattempo, ricorda Terna, il prezzo unico nazionale è salito da 112,4 a 543,2 euro per MWh. Solo negli ultimi giorni si è assistito a una discesa del prezzo unico di acquisto stabilmente sotto i 500 euro per MWh (ieri l’asta di elettricità per il giorno di oggi ha chiuso con un prezzo medio di 457 euro per MWh).
I numeri di Terna confermano anche un altro problema: sono particolarmente deboli alcune delle fonti alternative al gas naturale più affidabili su cui l’Italia ha sempre contato. Su tutti l’idroelettrico: a causa della siccità la produzione di energia idroelettrica ad agosto è crollata del 42,2%, da 4.835 a 2.797 GWh. Se nel 2021 ad agosto le centrali idroelettriche avevano generato il 18,4% dell’elettricità consumata in Italia, il mese scorso il loro contributo si è ridotto al 10,7%.
La scarsità di vento ha indebolito la produzione di energia eolica, scesa del 15,3%, a 1.206 MWh. Tra le rinnovabili è cresciuto solo il fotovoltaico, che ha prodotto 3.146 MWh (+7,4%) pari al 12% dell’elettricità consumata. La produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili (soprattutto gas) ha coperto il 53,9% della domanda, le rinnovabili hanno coperto il 32,6% mentre l’altro 13,5% è stato importato, soprattutto da Svizzera (12,3 TWh), Francia (8,7 TWh) e Slovenia (4,2 MWh).