Economia

Cgm. Biaggi: «Centralità e voce all'economia sociale per uno sviluppo più inclusivo»

Luca Mazza giovedì 20 giugno 2024

Giusi Biaggi, presidente del Consorzio Cgm

«Oggi più che mai abbiamo bisogno di trovare una nuova direzionalità. A fronte di un tessuto di economia sociale e di prossimità molto diffuso e per certi versi connaturato a una concezione di Made in Italy, si evidenzia un potenziale inespresso che merita di essere fatto emergere e di essere accompagnato verso una maggiore strutturazione». Giusi Biaggi, presidente del Consorzio Cgm, presenta obiettivi, sfide e temi al centro della XV Convention che si apre oggi (fino a dopodomani) a Bologna e non a caso si intitola: “Direzioni: intelligenze collettive per una nuova economia sociale”. «Per noi è un appuntamento importante, perché ci si ritrova fisicamente a distanza di anni anche a causa del Covid – spiega Biaggi -. E l’obiettivo è ripensare l’idea stessa di economia sociale, i cui soggetti devono uscire dal cono d’ombra della marginalità e conquistare un ruolo centrale nella promozione di un nuovo modello di sviluppo più inclusivo e sostenibile, coerentemente anche alle nuove politiche messe in atto dall’Unione Europea».
Presidente, che cosa intende quando dice che serve una nuova direzionalità?
Nel senso che il mondo dell’economia sociale (che comprende il Terzo Settore, le fondazioni, le cooperative, il volontariato e tutti quegli attori che sono impegnati per favorire il benessere di comunità e territori) possiede sicuramente un patrimonio incredibile, ma deve essere continuamente rigenerato in base ai ruoli e alle funzioni che svolge nel Paese. In una fase storica in cui si sta parlando molto di intelligenza artificiale, noi abbiamo scelto di richiamarci all’intelligenza “collettiva” per provare a tracciare le sfide e gli approcci da seguire per avere una visione condivisa sul bene comune.
Quali sono le priorità su cui concentrarsi a suo avviso?
Ne abbiamo individuate alcune: dalle norme al lavoro, passando per la tecnologia e i territori. La prima sfida riguarda una nuova cornice politica che serve al nostro mondo. Due anni fa c’è stato un forte riconoscimento da parte dell'Ue che stilato il piano europeo dell'economia sociale, considerandolo un pilastro dello sviluppo dell’Unione. Ogni Stato membro è stato chiamato a disegnare un progetto nazionale per valorizzare e dare maggiore dignità a imprese sociali ed enti del Terzo Settore, per cui con Lucia Albano, sottosegretario Ministero dell’Economia e delle Finanze, cercheremo di capire a che punto siamo di questo percorso. Si tratta di un percorso che dovrebbe ridisegnare una nuova postura per l’economia sociale nell’attuale quadro politico, in modo tale che non sia sussidiaria o secondaria rispetto allo Stato o al mercato, ma in grado di convivere sullo stesso piano e identica dignità. Poi ovviamente un altro punto cruciale è legato al capitale umano.
Si riferisce alla carenza di personale di cui sta soffrendo il settore dell’economia sociale?
Sicuramente questo è un tema centrale, perché dobbiamo pensare al bene delle persone a cui ci rivolgiamo ma senza trascurare coloro che lavorano per noi. C’è una questione di condizioni economiche da risolvere, perché altrimenti avremo un flusso sempre più numeroso di lavoratori in fuga verso altri settori più redditizi. Per cui, dopo il rinnovo di contratto della cooperazione sociale, di cui siamo stati i primi promotori, bisogna aggiornare le tariffe dei bandi pubblici ed evitare la corsa al ribasso sugli appalti, altrimenti tante realtà del settore rischiano di non restare in piedi. Ma il fattore economico, che pure ha il suo peso importante, non è l’unica leva su cui bisogna riflettere e agire.
Su quale altro elemento occorre puntare per risultare più attrattivi nei confronti dei giovani?
Per chi fa il nostro mestiere l’aspetto motivazionale è decisivo. Questo punto non va messo in contrapposizione con il lato salariale, perché se mancano stipendi adeguati cade tutto il resto, ma allo stesso tempo è fondamentale trasmettere alle nuove generazioni la soddisfazione, il benessere e la gratificazione che derivano dal vivere e lavorare quotidianamente per il bene della comunità e per la cura delle persone. Contribuire a un progetto che va oltre sé stessi deve essere qualcosa di fortemente desiderabile. Il fabbisogno occupazionale nel settore sarà crescente nei prossimi anni. Attualmente le persone impiegate nelle coop sociali di Federsolidarietà sono circa 240.000. Si stima che nel prossimo triennio possano servire tra le 35.000 e le 50.000 nuove assunzioni (il 15-20%). Ecco perché bisogna investire anche sulla leva motivazionale e trovare parole nuove che siano in grado di intercettare migliaia di forza fresche.
Un altro focus sarà dedicato alle nuove tecnologie e all’IA…
Non possiamo far finta di nulla, altrimenti saremo travolti dall’impatto dell’intelligenza artificiale. Non solo: serve uscire dalla logica della contrapposizione macchine-persone. Le nuove tecnologie devono essere utilizzate come “alleate” per migliorare le nostre attività a vantaggio del bene comune.
Infine, c’è il capitolo dedicato al futuro dei territori. Quanto cambia il luogo in cui si opera per un’impresa di comunità?
L’impegno sociale deve essere lo stesso nelle aree interne e nelle grandi città. Ovviamente i contesti sono molto diversi, così come le esigenze delle persone. Per continuare a essere un soggetto vitale all’interno dei vari luoghi di vita della popolazione, dobbiamo dotarci sempre di più di una profonda capacità di lettura dei territori, presidiando ogni area e lavorando per costruire risposte adeguate e sostenibili.