Economia

LAVORO. Coworking, la moda di condividere l'ufficio

Lara Liberti mercoledì 10 giugno 2009
Correva l’anno 2005. Brad Neuberg, un giovane programmatore informatico della California, prova a conciliare due desideri professionali in apparente antitesi: essere un freelance, libero e indipendente e avere un lavoro che gli consenta di usufruire di una struttura e di appartenere a una comunità. Affitta allora degli spazi in una ex fabbrica e conia un nuovo termine: coworking. Da qui ha inizio un fenomeno che si è diffuso prima negli Stati Uniti e poi nel mondo e che da qualche anno è approdato anche in Italia, dove oggi si contano 8 spazi adibiti a questa esperienza – 4 dei quali a Milano, 1 a Bologna, 1 a Genova, 2 a Roma – e alcuni in via di costituzione. Coworking significa letteralmente lavorare insieme. In concreto si tratta di uno spazio in cui sono a disposizione – in affitto – postazioni di lavoro, collegamenti Internet spesso in wifi, mobili in cui custodire i propri documenti, sale riunioni, cucine o caffè e spazi relax. I frequentatori sono professionisti di varie aree: consulenti ed esperti informatici, architetti, commercialisti, designer, scrittori, produttori televisivi. È possibile riservare una postazione per una settimana, un mese o un anno e senza la necessità di pianificarlo con troppo anticipo. In alcuni si può passare anche per un’ora gratuitamente, previa prenotazione. Essenziale è la consapevolezza d’esser parte di una comunità e quindi rispettare gli altri, non disturbare, essere disponibili, usare in modo adeguato le parti comuni, mantenendole in ordine. In cambio si ha una straordinaria opportunità: condividere saperi e idee con professionisti diversi, con la possibilità che nascano nuovi progetti, di certo nuovi contatti e con la garanzia di non sentirsi isolati, come quando si lavora da casa, o annoiati e poco stimolati da discussioni a senso unico, come quando si lavora con colleghi omologhi. L’idea è straordinaria anche per chi viaggia molto e vuole avere un punto d’appoggio vivace e creativo in varie città d’Europa e del mondo, ma anche per chi sta lanciando uno start up d’impresa: l’investimento è contenuto e soprattutto molto flessibile. I costi dei coworking in Italia e nel mondo sono variabili e dipendono solitamente dal luogo in cui si trovano le diverse strutture, ma sono comunque più bassi degli affitti di un ufficio tradizionale. Affittare una postazione da usare in orario d’ufficio a Milano può costare per una settimana 125 euro, 200 per un mese. Ne servono 250 per un mese a Bologna, fra i 300 e i 400 euro a San Francisco. Non si tratta però semplicemente di una soluzione ' immobiliare'. Il coworkingè in realtà un vero e proprio nuovo modo di lavorare, adatto ai lavoratori ' nomadi', flessibili, quelli di un mercato del lavoro in cui la struttura organizzativa cambia e diventa particolarmente fluida e mobile. Il confronto, la miscellanea di saperi e l’assenza di rivalità sono ottimi catalizzatori di idee produttive e rendimento. Gli ingredienti della ricetta per il successo di un coworking li svelano Drew Jones ( antropologo), Todd Sundstead ( imprenditore) e Tony Bacigalupo ( fondatore di un coworking a New York) nell’unico libro sul tema per il momento sul mercato, edito da Lulu ( « I’m outta here. How coworking is making the office obsolete » ). Questi elementi sono: la comunità, ovvero persone con storie umane e professionali diverse che lavorano nello stesso posto; l’apertura, cioè la disponibilità a condividere pensieri, conoscenze e problemi; la collaborazione; la sostenibilità e l’accessibilità.