Il rapporto. Con la mobilità sostenibile almeno 135 nuove professioni
Buone opportunità per chi si occupa di mobilità sostenibile
Entro i prossimi 5-10 anni decine di milioni di italiani dovranno cambiare radicalmente abitudini e comportamenti di mobilità per motivi di studio, lavoro o tempo libero, con una transizione dai motori termici a quello elettrico e scelte di spostamento più sostenibili. E la rivoluzione "verde" che interesserà il mondo dei trasporti in Italia mette a rischio sin d’ora 1,6 milioni di posti di lavoro e ne coinvolge molti altri. È la stima del rapporto Le professioni per una "rivoluzione buona" della mobilità realizzato da Randstad Research, il Centro di ricerca sul futuro del lavoro promosso da Randstad, che ha tracciato le prospettive della rivoluzione green legata alla mobilità in Italia. Nel nostro Paese, infatti, si contano 1,6 milioni di persone che lavorano direttamente nella produzione e manutenzione del settore automotive, tra 635mila meccanici e specialisti di fabbriche e officine di riparazione (principalmente su motori tradizionali) e 610mila autisti e conducenti dei sistemi di trasporto, lavoratori impegnati nell’organizzazione e nella vendita di beni e servizi per la mobilità. A questi si aggiungono non meno di 400mila lavoratori coinvolti nella pianificazione e gestione della mobilità nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni. Senza contare i tanti operai, impiegati, quadri e dirigenti in qualche modo coinvolti in una trasformazione epocale. La nuova mobilità mette a rischio questi posti di lavoro, ma allo stesso tempo offre la possibilità di crearne milioni di nuovi, a condizione di essere in grado di cavalcare la transizione. Randstad Research ha individuato complessivamente 135 nuove professioni che porteranno avanti questa rivoluzione, tra cui spiccano pianificatori di mobilità urbana sostenibile, change manager per la transizione ai nuovi sistemi, esperti di trasformazioni digitali critiche, specialisti di sensoristica, gestori di fabbriche dell’economia circolare, gestori di Maas (Mobility as a service), esperti di telediagnostica, sviluppatori di simulatori digitali per l’automotive. Profili molto diversi, che spaziano da manager del mondo pubblico privato e della ricerca, a ingegneri, tecnici, operai, artigiani, informatici, mobility manager, chimici, economisti e filosofi, che dovranno cimentarsi in professioni del tutto nuove.
«La necessaria rivoluzione della mobilità riguarda la sostenibilità, ma anche la capacità di innovare e formare i lavoratori del futuro - spiega Daniele Fano, coordinatore del Comitato scientifico Randstad Research –. Affrontarla con l’obiettivo di farne una “rivoluzione buona” rappresenta una grande occasione per la crescita e l’occupazione dell’Italia. Non coglierla, significa condannarci al declino e alla marginalità. Il nostro paese non deve subire, ma esserne protagonista di queste trasformazioni, creando i posti di lavoro che richiede la mobilità del futuro. Per riuscirci, deve investire nelle infrastrutture fisiche e tecnologiche, guidare la riconversione dell’industria, dei servizi e delle competenze. E per fare tutto questo, deve vincere la sfida del capitale umano». Per cogliere la sfida serve formazione, ma anche il riconoscimento di nuovi ruoli e di funzionalità. In particolare, i profili degli “integratori”, che nei diversi contesti raccorderanno programmazione, progettazione e realizzazione della trasformazione della mobilità. «La figura dell’integratore è chiave per aprire la porta alla mobilità sostenibile e andare oltre i limiti del mobility manager di oggi – commenta Fano -. Si tratta di un nuovo profilo, con competenze di integrazione dei dati e altre complementari, che deve avere un ruolo dedicato nelle organizzazioni. Non basta che sia previsto in organico ma deve essere in grado di realizzare obiettivi di supporto alla dirigenza aziendale, di essere dotato dei mezzi e del tempo necessari per realizzare i compiti di cui è investito».Randstad Research ha mappato l’offerta di percorsi di formazione terziaria per nuova mobilità disponibili in Italia e ha selezionato un campione di percorsi tra lauree triennali, magistrali, a ciclo unico, master di II livello, lauree professionalizzanti e Its. In particolare, si contano 19 corsi di lauree triennali nell’area “scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale”, 13 lauree magistrali di “pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale”, quattro lauree professionalizzanti nei percorsi di Ingegneria edile e ambientale, otto Its della mobilità sostenibile. Dall’analisi emerge come le materie abilitanti sono presenti in misura diversa ma significativa in tutti i percorsi, ma i percorsi di laurea triennali, magistrali e professionalizzanti appaiono distanti dalle richieste attuali del mercato del lavoro, con una carenza generale di formazione relativa alla sostenibilità e al digitale. Le Academy aziendali, invece, sono più allineate al fabbisogno delle aziende. «Il nostro Paese si trova a scontare un ritardo cronico sul fronte dell’istruzione terziaria, in cui contiamo una percentuale di iscritti molto più bassa della media europea – dichiara Fano -. A fronte dei 1,6 milioni di posti di lavoro a rischio, con le innovazioni che riguardano la nuova mobilità, ci sono nuovi bisogni e nuove professioni che a oggi sono scoperte. Per la transizione è necessario un "Piano Marshall" per istruzione, formazione e lavoro, in grado di fornire “competenze abilitanti” in materie come matematica, fisica, chimica e biologia, e competenze specialistiche, da ibridare con conoscenze di digitale, economia, tematiche ambientali oltre alla capacità di negoziare e lavorare in squadra».Nei primi mesi del 2021, per esempio, il mercato dell'auto ha registrato un totale di circa 100mila veicoli elettrici immatricolati in Italia. Questa tendenza è certamente dovuta alla presenza degli incentivi (uno fra tutti l'Ecobonus), alla disponibilità dell'infrastruttura di ricarica ad accesso pubblico (circa 21mila punti di ricarica) e all'aumento dell'offerta di modelli elettrici disponibili. «Questi scenari di mercato in rapido cambiamento ed evoluzione – sottolinea Davide Boati, executive director di Hunters – stanno portando anche forti cambiamenti in termini di richiesta di profili professionali. Sono aumentate, nell'ordine del +135%, le ricerche focalizzate sulle nuove esigenze commerciali e tecnologiche, in particolare di: sale manager e-mobility, fleet manager esperto di e-mobility e business develoment manager e-mobility, tre figure diverse che hanno un denominatore comune: la competenza su un settore innovativo, come quello delle colonnine di ricarica di auto elettriche».Il sale manager e-mobility si occupa della vendita di colonnine di ricarica a terzi. Il fleet manager esperto di e-mobility della gestione di parchi auto elettrificati e non. Il business development manager e-mobility si dedica alla gestione di colonnine per conto della propria azienda. Si tratta di profili professionali provenienti dal settore elettrico/elettronico, nei casi in cui le aziende stiano cercando candidature con background tecnici, non essendoci ancora sul mercat profili disponibili con esperienza sufficiente. Tutti i profili ricercati devono necessariamente avere una laurea in discipline Stem (scienze, tecnologie, ingegneria e matematica) o un diploma tecnico e conoscere la lingua inglese, un requisito imprescindibile in un settore innovativo come quello della nuova mobilità. «In alcuni casi – conclude Boati – le aziende cercano di individuare professionisti dall'estero, dove la mobilità ha trovato maggiori spazi negli ultimi 5/8 anni, costruendo pertanto un numero maggiore di professionalità. Non mancano, però, casi in cui le aziende che vogliono lavorare su strategie di canale decidano di orientarsi maggiormente verso quei candidati che provengono del settore automotive costruttori e hanno già maturato esperienza specifiche nel settore, come per esempio rivenditori, auto-officine, autonoleggi o car sharing».Al via il Centro nazionale per la mobilità sostenibileUn parterre d’eccezione pubblico-privato che conta complessivamente cinquanta attori distribuiti su tutto il territorio nazionale. Un investimento di 394milioni di euro per i primi tre anni (2023-2025), 696 ricercatori dedicati e 574 quelli neoassunti. Sono questi i numeri che indicano la portata di un progetto che nasce con l’ambizione di essere uno strumento reale per la crescita e lo sviluppo del settore della mobilità. Il Centro
nazionale per la mobilità sostenibile nasce con una chiara missione: accompagnare la transizione ecologica e digitale in una ottica sostenibile, garantendo la transizione industriale del comparto e accompagnando le istituzioni locali a implementare soluzioni moderne, sostenibili e inclusive nelle città e nelle regioni del Paese. Il Centro è infatti una risposta concreta ai bisogni di crescita di un settore chiave per l’economia che da solo, si stima, raggiungerà un valore complessivo di 220 miliardi di euro nel 2030, assorbendo il 12% della forza lavoro. In questo contesto, si inseriscono le istituzioni comunitarie che spingono per il raggiungimento di una nuova mobilità sostenibile secondo le indicazioni del Green New Deal. Sempre più rilevanti sono i temi legati alla decarbonizzazione, alla decongestione delle reti di trasporto, alla mobilità autonoma connessa e smart, alla sicurezza dei veicoli e delle infrastrutture, all’accessibilità, all’inserimento nel mercato di nuove professionalità e competenze. Il Centro risponde a queste esigenze supportando e stimolando la domanda e l’offerta di ricerca, innovazione tecnologica, formazione e competenze. Saranno cinque i vettori del progetto, ovvero le aree e gli ambiti tecnologici di maggiore interesse: mobilità aerea; veicoli stradali sostenibili; trasporto per vie d’acqua; trasporto ferroviario; veicoli leggeri e mobilità attiva. Il Centro si occuperà di rendere il sistema della mobilità più “verde” nel suo complesso e più “digitale” nella sua gestione, attraverso soluzioni leggere e sistemi di propulsione elettrica e a idrogeno; sistemi digitali per la riduzione degli incidenti; soluzioni più efficaci per il trasporto pubblico e la logistica; un nuovo modello di mobilità, come servizio, accessibile e inclusiva. Il Centro sarà strutturato secondo l’impostazione Hub&Spoke, ovvero con un punto centrale a Milano e 14 nodi distribuiti in modo capillare da Nord a Sud, a garanzia di quel riequilibro territoriale alla base delle iniziative indicate dal Pnrr e grande obiettivo di modernizzazione del Paese.