Disoccupazione. Con la crisi i «vecchi» hanno mandato in pensione i giovani
Nicola Pinivenerdì 8 gennaio 2016
L’Italia invecchia e il mondo del lavoro ancora di più. La tendenza è in atto da diversi anni ed è esplosa con la crisi, quando per i giovani trovare un posto è diventata una scommessa. È un fenomeno che condanna un’intera generazione a restare in bilico e frena le prospettive di crescita, che sono legate anche a una dinamica demografica positiva, ostacolata dalla mancanza di lavoro. Le serie storiche pubblicate ieri dall’Istat forse non sorprendono gli addetti ai lavori ma di certo allarmano. E riportano in primo piano il tema di una correzione delle riforme previdenziali che hanno portato vicino ai 67 anni l’età pensionabile, uno dei dati più alti in Europa. Tra il 2005 e il 2015 le persone occupate con meno di 35 anni sono diminuite di 2,3 milioni di unità mentre quelle con oltre 50 anni sono aumentate di oltre 2,4 milioni di unità. In pratica i «vecchi» hanno sostituito i giovani, invece del contrario. Dal 2008, subito prima della crisi, si sono persi 700mila posti di lavoro ma gli ultracinquantenni occupati sono cresciuti di 1,9 milioni unità. Nello stesso periodo si sono persi 550mila posti nella fascia 15-24 anni, 1,5 milioni in quella 25-34 e altri 530mila in quella 35-49. Anche nell’ultimo anno la musica non è cambiata: più 233mila over 50, -74mila 'quarantenni' e - 37mila under 35. Un crollo dovuto al generale invecchiamento della popolazione combinato appunto con le riforme previdenziali, che hanno bloccato il turn over. L’aumento dell’età pensionabile in una certa misura era inevitabile. Ma con la recessione, l’austerità e il crollo degli investimenti non è scattato quel circolo virtuoso che avrebbe potuto far crescere l’area del lavoro, rimasta inchiodata su un tasso di occupazione nettamentesotto il 60%.In parte il ritardo nell’entrata dei giovani nelle imprese può essere dovuto a tempi più lunghi per l’istruzione. Ma la spiegazione convince fino a un certo punto perché l’Italia ha meno laureati e diplomati di molti Paesi che hanno tassi di occupazione giovanile ben più alti. Nel 2014 in Italia gli inattivi (che non comprendono gli studenti) tra i 20 e i 34 anni erano il 25,4%, a fronte di una media Ue del 9,7% e del 5,5% della Germania. Il dato sulle difficoltà di accesso al mercato del lavoro in Italia è poi particolarmente pesante per la fascia delle persone tra i 25 e i 34 anni d’età: a novembre 2005 ne risultavano occupate 7,3 milioni, dieci anni ne sono rimaste poco meno di 5 milioni. Il tasso di disoccupazione è schizzato dal 22,5% al 38,1% per gli under 25 mentre per la fascia di età successiva è passata dal 10,3% al 17,1% dopo essere scesa fino all’8,2% nel 2007, prima della crisi.