Economia

Tecnologia. Meta irrompe tra i chatbot con l'open source

Pietro Saccò venerdì 14 luglio 2023

A Bard bisogna riconoscere un certo grado di onestà. Il chatbot basato sull’intelligenza artificiale sviluppato da Google e da ieri disponibile anche in Italia ammette che in un confronto con ChatGPT, l’analogo “modello linguistico di grandi dimensioni” di OpenAI, non ne esce sempre vincente: «Se stai cercando un modello linguistico che possa aiutarti a completare compiti creativi, ChatGPT è la scelta migliore. Se stai cercando un modello linguistico che possa aiutarti a completare compiti informativi, Bard è la scelta migliore ». Il sistema di Google risponde allo stesso modo anche se gli si chiede di fare un confronto tra le sue prestazioni e quella di LLaMA, il chatbot che sta sviluppando Meta, la società di Facebook, Instagram e Whatsapp.

Il messaggio è chiaro. Alphabet, la casa madre di Google, ha scelto come posizionarsi nel galoppante mercato dell’intelligenza artificiale: Bard si propone come strumento per le ricerche su Internet, il business che ha fatto, e continua a fare, la fortuna di Google. È una scelta difensiva. ChatGPT e i suoi simili minacciano il core business dell’azienda di Mountain View, che oggi domina questo mercato con oltre il 90% delle ricerche online, dicono le rilevazioni di Similarweb. Il primo concorrente è Bing, il motore di ricerca di Microsoft, con una quota di mercato appena superiore al 3%.

Se Microsoft a gennaio ha investito 10 miliardi di dollari su OpenAI (su cui ieri la Federal Trade Commission americana ha aperto un’indagine sulla tutela degli utenti) è proprio perché spera che l’integrazione della potenza di ChatGPT nel suo motore di ricerca possa riaprire i giochi in un settore in cui l’egemonia di Google sembrava inattaccabile.

Non sarà però una partita a due. Secondo le indiscrezioni riportate dal Financial Times è ormai imminente il rilascio del modello linguistico di Meta. Già da qualche mese la società creata da Mark Zuckerberg ha messo a disposizione de ricercatori il suo chatbot, che per ora è conosciuto solo con il nome tecnico LLaMA, che sta per Large Language Model Meta AI. Molto presto lo renderà pubblico, facendo però anche una scelta radicale: LLaMa sarà un sistema open source, cioè aperto. Significa che i programmatori e chiunque ne avrà le competenze potrà accedere ai suoi codici e modificare il chatbot a seconda delle proprie esigenze.

Nick Clegg, vice primo ministro britannico ai tempi di David Cameron e dal 2018 responsabile delle relazioni istituzionali di Meta, ha spiegato che questa scelta da un lato è etica, perché «non è sostenibile mantenere la tecnologia di base nelle mani di poche grandi aziende», ma dall’altro è strategica: «L’apertura non è altruismo: Meta crede che sia nel suo interesse. Porta a prodotti migliori, innovazione più rapida e un mercato fiorente, che avvantaggia noi come molti altri» ha chiarito Clegg.

LLaMa è partito come progetto aperto, probabilmente per recuperare lo svantaggio rispetto ai concorrenti, e il suo sviluppo è accelerato dopo che il sistema attraverso un leak è finito sulla piattaforma di sviluppatori 4chan, a disposizione di migliaia di persone che ci hanno potuto lavorare e migliorarlo liberamente. In nemmeno un mese l’attività della comunità open source ha permesso al modello di Meta passi avanti incredibili, come ha riconosciuto un ricercatore di Google in una nota interna trapelata però sui siti di settore: «Questo recente progresso ha implicazioni immediate per la nostra strategia di business – scrive il ricercatore –. Chi pagherebbe per un prodotto Google con restrizioni d’uso se c’è un’alternativa aperta, gratis e di alta qualità?». Per un settore che è ancora agli inizi, e che secondo le analisi di Bloomberg Intelligence nei prossimi dieci anni può crescere da 40 a 1.300 miliardi di dollari di giro d’affari, la disponibilità di un sistema aperto può “mangiarsi” centinaia di miliardi di dollari di potenziale valore aggiunto.