La sfida. Comunità energetiche contro la crisi tra coesione sociale e nuove tecnologie
Milano Qualcosa si è mosso nelle diocesi italiane sul fronte delle comunità energetiche. A un anno di distanza dalla 49esima settimana sociale dei cattolici italiani di Taranto, dove il Comitato scientifico e organizzatore ha incentivato la costituzione delle Cer come soluzione concreta per l’affermazione dell’ecologia integrale, è cresciuta l’attenzione delle Chiese locali nei confronti di uno strumento in grado di generare risparmio, benefici ambientali e benessere nei territori. Secondo un’indagine realizzata da Ipsos che verrà presentata il 2 dicembre nel convegno organizzato a Mantova da Fondazione Symbola e la multiutiliy Gruppo Tea - il 4% delle diocesi vede rafforzato un processo di costruzione già in atto; in quasi una diocesi su due è iniziato un processo di informazione e sensibilizzazione sul tema; nel 20% dei casi sono in corso valutazioni per la costituzione di almeno una comunità energetica. I numeri contenuti nel report sono incoraggianti e indicano che, in molti casi, questi processi partecipativi di cittadinanza attiva sono stati avviati. Il 68% delle diocesi ha portato avanti almeno un’attività legata al percorso Cer. Al primo posto c’è la consultazione di esperti (52%), seguita da incontri di formazione interna (38%) e della cittadinanza (32%) e da occasioni di confronto con gli enti locali. Le realtà considerate più in grado di accompagnare le diocesi nel processo di costituzione di Cer sono l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro (54%) e l’Economato (38%), superato lievemente dalle istituzioni locali (40%). Le opportunità principali derivate dalla costruzione di comunità energetiche risultano essere, praticamente a pari merito, l’accelerazione della transizione ecologica, il rafforzamento dei legami di comunità e i vantaggi economici. Viene percepito ancora come poco rilevante, invece, l’aspetto di potenziale indipendenza dei cittadini e la sicurezza energetica sul territorio. Complessivamente, i referenti diocesani percepiscono molto positivamente il contributo delle parrocchie nella promozione delle Cer. Ma nel piano di elaborazione di una comunità nella maggior parte dei casi dalle diocesi sono coinvolti cittadini e famiglie (75%), enti religiosi e altre parrocchie (70%), enti pubblici (67%) e una volta su due anche le piccole e medie imprese. Le parrocchie hanno principalmente il ruolo di consumatore di energia (75%) nel 45% di produttore e nel 38% di promuovere il progetto della Cer. Solo nel 14% dei casi, invece, la parrocchia è referente della comunità energetica. È chiaro che il cammino da percorrere per diffondere in tutto il mondo della Chiesa la visione dell’ecologia integrale promossa da papa Francesco anche attraverso l’enciclica Laudato Si’ è ancora molto lungo. C’è un’opera culturale ed educativa da portare avanti con costanza e determinazione per far crescere i numeri e moltiplicare i progetti aggregativi. Il tema dell’ecologia integrale è considerato dal 74% dei referenti diocesani ancora troppo teorico ed elitario e solo per il 28% può concretizzarsi in progetti attivi sul territorio. L’ecologia integrale sta generando “grande interesse” tra i vescovi, ma fatica ad attivare l’attenzione diretta dei parroci (solo il 18% la considera diffusa). Lo strumento delle comunità energetiche può aiutare a far comprendere sempre di più che la svolta auspicata dal Papa si realizza attraverso azioni e iniziative tangibili. Del resto l’attuale situazione economica, ambientale e internazionale rende quanto mai urgente perseguire con decisione l’obiettivo lanciato alla Settimana Sociale di Taranto di una conversione ecologica ed energetica vissuta a partire dalle comunità civili ed ecclesiali.
«Il mondo cattolico ha già un ruolo fondamentale nella partita delle comunità energetiche spiega Realacci -. Tra qualche giorno ricorre l’anniversario degli accordi di Parigi che furono influenzati molto dall’enciclica Laudato Si’, una pietra miliare dell’ecologia integrale. La Cop27 di quest’anno ha certificato l’importanza di scelte politiche per favorire la transizione energetica e combattere il surriscaldamento globale, ma anche di una rivoluzione che parta dall’economia e la società. Sant’Agostino diceva: “Gli uomini dicono che i tempi sono cattivi? Vivano bene i tempi e i tempi saranno buoni”. La verità è che noi siamo i tempi, la spinta non può che venire dai corpi sociali intermedi che hanno il ruolo di attivatori di energie sociali. Certo ci sono le responsabilità politiche, con i decreti attuativi della comunità energetiche che finalmente dovrebbero venire approvati a dicembre e poi sottoposti a consultazione pubblica». Ma l’unica vera risposta alla crisi climatica e all’aumento dei costi dell’energia è una spinta dal basso all’utilizzo delle fonti rinnovabili. «L’Italia in questo ambito è indietro: l’anno scorso l’Olanda ha installato 3mila megawatt fotovoltaici, l’Italia che ha un territorio molto più ampio, soltanto 800. Abbiamo un problema di costi che impattano su famiglie e imprese: la Settimana Sociale di Taranto si era chiusa con l’appello di monsignor Santoro a realizzare una comunità energetica in ognuna delle 22mila parrocchie, sarebbe un enorme passo avanti. Nella stessa direzione va il manifesto di Assisi, pubblicato in occasione di The Economy of Francesco, che invita ad affrontare la crisi energetica con coraggio e a rendere la nostra economia più a misura d’uomo». Il primo importante passo di questa trasfor-mazione è legato proprio alla promozione del dibattito sulle comunità energetiche e sulle opportunità inserite nel Pnrr che prevedono stanziamenti di 2 miliardi di euro per i Comuni con meno di 5mila abitanti. «Le comunità energetiche coniugano coesione sociale, transizione verde e digitale, mettendo insieme empatia e tecnologia» conclude Realacci. Una sfida che in questo momento storico non si può non cogliere.