Verso il 2023. Competenze e riforme per innovare il mercato del lavoro
In Italia il fenomeno dei Neet è in aumento
Una nuova riforma per il lavoro in otto punti
Serve una nuova riforma del lavoro in Italia che segni un cambio di passo e di prospettiva rispetto alle misure chiave introdotte negli ultimi anni: dobbiamo concentrare tutte le nostre professionalità e risorse verso la promozione del lavoro. Per far questo servono misure e interventi che promuovano un nuovo decreto con al centro le politiche attive. Ecco gli otto punti guida proposti dal giuslavorista Francesco Rotondi:
* Abolizione del reddito di cittadinanza e introduzione del reddito per il lavoro. La nuova misura di sostegno al reddito sarà destinata prioritariamente all’inserimento nel mondo del lavoro delle persone senza occupazione, con meccanismi semplici e immediati e che prevede il coinvolgimento dei Centri per l’impiego e le Agenzie per il lavoro private. Revoca del reddito per il lavoro alla prima rinuncia di (a) un posto di lavoro o di (a) un corso di qualificazione professionale finalizzato all’inserimento lavorativo. Stabilire un limite di età oltre il quale riconoscere la misura. Basta giovani con il reddito di cittadinanza. Reintrodurre l’assegno di ricollocazione come strumento di politiche attive.
* Semplificazione dei contratti a tempo determinato e in somministrazione. Rivedere le norme sul contratto a termine e della somministrazione nella direzione già tratteggiata nella prima versione del Jobs act che alla prova dei fatti aveva “vinto” nell’individuare questo modello come un valido strumento di accesso al mercato del lavoro. Reintroduzione della a-causalità, riportare la durata massima a 36 mesi, rimandare alla contrattazione collettiva i limiti quantitativi di utilizzo. Reintrodurre incentivi alla stabilizzazione del rapporto di lavoro.
* Apprendistato semplificato e introduzione del nuovo contratto di ri-apprendistato. Nell’alveo di una rivisitazione dell’istituto dell’apprendistato occorrerebbe immaginare un contratto di “ri-apprendistato” senza limiti di età che, però, ancora una volta deve essere svincolato dalle ipotesi restrittive nascenti dalla percezione di un sostegno al reddito. In questo contesto si tratterebbe di un contratto la cui durata dovrebbe essere compresa fra i 6 ed i 12 mesi per facilitare la ricollocazione e la formazione sul campo degli over 40/50enni.
* Giovani Neet: avvio del programma NeetLavoro. Introdurre incentivi economici che permettano il coinvolgimento attivo dei giovani che né studiano e né lavorano in un meccanismo organico di formazione professionale strettamente connesso alle richieste delle aziende.
* Difesa del potere d’acquisto dei lavoratori su base regionale. Rideterminare il rapporto fra costo per le aziende e netto in busta paga al dipendente attraverso un intervento rilevante sul cuneo fiscale che si basi sul reale costo della vita a livello territoriale e regionale.
* Welfare aziendale e fringe benefit. Incentivare fiscalmente il welfare in azienda anche con misure mirate verso i giovani, le donne e le famiglie allargando il paniere dei servizi e delle prestazioni riconducibili ai cosiddetti flexible benefit e portare a regime la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit almeno a 1.000 euro, superando gli interventi di natura temporale limitati, anche se di importi maggiori.
* Integrazione scuola-lavoro. Rilancio delle attività di integrazione tra scuola e lavoro aumentando le ore dedicate alle iniziative e definizione di laboratori scolastici congiunti tra scuole e università in cui imparare non solo nozioni professionali e lavorative ma anche le cosiddette competenze trasversali necessarie per qualsiasi sbocco lavorativo.
* Il lavoro dipendente oltre l’orario di lavoro: conta il risultato. Una riforma complessiva del concetto di subordinazione attraverso l’introduzione di un modello che, fermo restando un pacchetto inderogabile di tutele, sposti l’oggetto dell’obbligazione verso la responsabilizzazione al risultato non legando la prestazione al mero rispetto di un orario vincolante. Sotto questo profilo ad oggi la qualificazione del rapporto nel tipo lavoro subordinato comporta che al lavoratore siano applicati tutta una serie di istituti giuridici per il solo fatto che il rapporto rientra nell’ambito della subordinazione, il tutto a prescindere quasi completamente dall’organizzazione aziendale.