L'analisi. Com'è finta l'automobile cancellata dal virus
Auto coperte e porte chiuse: l'immagine del Salone di Ginevra annullato nei giorni scorsi
Esistono molte cose nella vita che catturano lo sguardo, ma solo poche catturano il tuo cuore: segui quelle...”. La frase è di Winston Churchill, non proprio un romanticone, ma uomo saggio e pragmatico. Ebbene noi innamorati dell’auto, ragazzi che non ci decidiamo a crescere, abbiamo ancora bisogno di sguardi che precedono o seguono azioni. Di accarezzare la silhouette della vettura ultima nata, di annusare il profumo del nuovo, di impugnare un volante per sentirla al meglio, sentirla più nostra. Per liberare sensazioni e provare emozioni. Empatia si definisce tutto ciò. Poco importa se si tratti di una persona o di un qualcosa, come l’auto, che fa parte non solo del nostro lavoro ma della nostra vita. Già, ma adesso...
Adesso c’è un semaforo rosso che ci ha bloccato la strada delle emozioni e sta rendendo tutto più asettico, freddo, distaccato. Che sta annientando sorrisi e spegnendo entusiasmi. Ha un nome: coronavirus. Epidemia che semina vittime e paura, certo, ma anche diffidenza, rabbia. Che allontana e divide proprio in tempi in cui avremmo tutti un po’più bisogno di avvicinarci. Così sprofondano aziende e mercati. Si svuota l’esistenza e si alimenta il Nulla, ovvero il Virtuale. Vietato sfiorare, toccare. Vietato, in qualche modo, vivere e lavorare per davvero. Sì perché, in attesa del vaccino vero ed efficace, l’unico vaccino posticcio contro il coronavirus è un mix di finzione in cui il Grande Fratello del nostro sistema immunitario, vuole che si reciti ciascuno la propria parte (anche e forse soprattutto noi giornalisti ) davanti allo schermo di un computer, partecipando ad una “conference call”, assistendo allo spettacolo insipido di un “revealing” in streaming, e scrivendo poi il nostro pezzo a migliaia di chilometri di distanza, senza poter così intingere la penna nell’inchiostro dei sensi, dei sentimenti. E senza aver avuto in anteprima la possibilità di salire a bordo di quell’auto da raccontare.
Cancellato all’ultim’ora il Salone di Ginevra, quel che resta del giorno, per parafrasare il romanzo di Kazuo Ishiguro rischia di essere, proprio come nell’opera dello scrittore giapponese, una vita avulsa dalla realtà e confinata nei ricordi del tipo bei tempi quando si poteva toccare, quando ci si poteva incontrare e stringere la mano, quando la piazza era popolata. In compenso la realtà che ci riguarda più da vicino è quella di un’economia sull’orlo di una crisi di nervi e di un mercato dell’auto che, già in flessione perché colpito da provvedimenti assurdi, balzelli surreali e veleni demagogici, sta precipitando verso un rosso che sarà ancor più profondo quando, sulla distanza, l’effetto coronavirus si farà sentire ancor più pesantemente.
In Cina le vendite di auto a febbraio sono crollate dell’80%, mentre in Italia il mese passato si è chiuso con un calo di circa il 9% delle immatricolazioni ma il contraccolpo dell’epidemia non si era ancora fatto sentire. La Cina, colpita per prima corre ai ripari per prima: cancella il Salone di Pechino e per cercare di arginare il crollo verticale delle vendite, causato dalla paura e in molti casi dall’impossibilità di recarsi fisicamente nelle concessionarie, alcune aziende automobilistiche hanno prontamente attivato nuove piattaforme di vendita online. Un esempio su tutti la Geely, la quarta Casa automobilistica più grande di tutta la Cina, proprietaria di Volvo e Lotus e maggiore azionista della Daimler, che ha deciso di cedere immediatamente alle seduzioni del Virtuale e di proporre quindi i suoi modelli solo via web, dando ai clienti la possibilità di personalizzare l’acquisto della vettura da casa. Obietterete che il configuratore non è invenzione di questi tempi assediati dal virus infido, e che colore e accessori di un’auto si possono scegliere da tempo giocando con il computer. Giocando, appunto. Perché poi su quella nostra auto “configurata” ci si vuole salire. La si vuol toccare, viverla realmente, anche solo per una manciata di minuti, prima di acquistarla. E perché, ammettiamolo, nessuno smart working ci potrà mai rendere così smart come il condividere sorrisi, idee, opinioni in tempo reale con chi sta nella scrivania accanto alla nostra.