Commercio. L'escalation cinese sui dazi: dopo i formaggi, le auto di grossa cilindrata
La Cina sta studiando la possibilità di aumento delle tariffe di importazione per le auto europee di grossa cilindrata a benzina e diesel: è questa l’ultima contromossa di Pechino nella battaglia commerciale contro l’Ue dopo l’imposizione dei dazi alle auto elettriche cinesi. La Repubblica popolare aveva già mandato un primo segnale a Bruxelles, avviando un’indagine anti-dumping anche sui prodotti lattiero-caseari europei, latticini e formaggi, e ora potrebbe rilanciare più alto, occupandosi delle importazioni delle grandi auto.
Intanto quello che si sa finora è che al ministero del Commercio cinese è stata convocata una riunione, su richiesta delle case automobilistiche nazionali e delle associazioni di settore, per «ascoltare le opinioni e i suggerimenti dell’industria, degli esperti e degli studiosi sull’aumento delle tariffe d’importazione delle auto a carburante con motori di grande cilindrata».
Questo contenzioso tra la Cina e l’Ue è aperto da mesi, a partire dai dazi sulle e-car made in China, a cui si era aggiunta pochi giorni fa anche l’irritazione di Pechino non solo per l’approccio protezionistico sposato da Bruxelles, ma anche per il trattamento di favore riservato alle auto elettriche di Elon Musk, le Tesla, importate in Ue dalla Cina con un’aliquota del 19%, decisamente inferiore rispetto a quella applicata a tutti gli altri produttori cinesi di veicoli elettrici. Un portavoce della Commissione europea, martedì, dopo la revisione di alcune percentuali sinora ipotizzate per compensare i sussidi statali ricevuti dalle case automobilistiche (alterando così la competizione), aveva lasciato una porta aperta per una mediazione con le case automobilistiche cinesi, che oggi sembra più lontana.
È allarmato il governo tedesco, per il quale è «centrale» che Bruxelles e Pechino trovino una soluzione per evitare i dazi sull’industria dell’auto e il rischio di una spirale che danneggerebbe molto l’industria tedesca dell’automotive. Guardando ai numeri relativi alle esportazioni di auto con motori superiori a 2,5 litri dall’Europa alla Cina si può osservare l’impatto degli eventuali rialzi sull’industria dei motori in Europa: si contano 196mila veicoli esportati nel 2023, in aumento dell’11% su base annua, secondo i dati della China Passenger Car Association; a cui si aggiungono nei primi quattro mesi del 2024, altri 44mila veicoli, dato in calo del 12% sul medesimo periodo del 2023. Le spedizioni di auto dell’Ue verso la Cina hanno toccato un controvalore di 19,4 miliardi di euro (20,8 miliardi di dollari) nel 2023, mentre il blocco dei 27 Paesi ha comprato 9,7 miliardi di euro di e-car made in China, secondo Eurostat.
A farne maggiormente le spese sarebbe, in primis, la Germania che è di gran lunga il più grande esportatore di veicoli con motori da 2,5 litri o superiori, pari a un controvalore di 1,2 miliardi di dollari nei primi mesi dell’anno, stando ai dati forniti dalle Dogane cinesi: il mercato cinese rappresenta circa il 30% delle vendite delle case automobilistiche tedesche. E ancora, il suv di grandi dimensioni GLE Class della Mercedes Benz, le berline S Class e la Cayenne della Porsche sono le tre auto importate dall’Europa più popolari nella Repubblica popolare: insieme pesano per più di un quinto delle 155.841 auto importate di marchi europei nei primi cinque mesi, in base ai dati di China Merchants Bank International. La Slovacchia è il quarto fornitore di auto con motori di grandi dimensioni in Cina e il secondo nell’Ue. Quest’anno ha esportato suv per 803 milioni di dollari.
Anche gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Giappone esportano un gran numero di auto con motori superiori a 2,5 litri e presumibilmente, con il contenzioso Pechino-Bruxelles in atto, sarebbero loro a trarre i maggiori benefici dall’aumento dei dazi che i produttori cinesi, in risposta alle stretta in arrivo sulle auto elettriche cinesi, avevano suggerito al governo cinese già a giugno scorso di rialzarli dal 15% attuale al 25%.
In testa alla classifica degli esportatori europei di prodotti lattiero-caseari verso la Cina, per un valore di 211,5 milioni di dollari nel 2023 e ulteriori 115,3 milioni di dollari tra gennaio e luglio di quest'anno. Al secondo posto l'Italia, che lo scorso anno ha esportato prodotti per 64,9 milioni di dollari e altri 43,2 milioni di dollari nei primi sette mesi del 2024. - Imagoeconomica
Auto, latte e formaggi: gli impatti dello scontro commerciale tra Cina e Ue
Nei giorni scorsi la Cina aveva ampliato la sua indagine sui prodotti importati dall’Ue, aggiungendo un’indagine anti-sovvenzioni su formaggio, latte e panna ai controlli anti-dumping su carne di maiale e brandy.
In particolare, Pechino sta valutando se le importazioni di latticini dall’Ue stiano beneficiando di sussidi. Quest’indagine è arrivata sempre in risposta al piano dell'Ue per imporre tariffe fino al 36,3% sui veicoli elettrici importati fabbricati in Cina. Entro il 30 ottobre serve la conferma attraverso il voto del Consiglio dell’Unione Europea: è sufficiente la maggioranza semplice per l’approvazione e i dazi resteranno in vigore per 5 anni.
Finora Francia, Italia e Spagna hanno sostenuto le tariffe proposte a luglio, mentre Germania, Finlandia e Svezia si sono astenute.
La Francia rischia, peraltro, di essere la più colpita dalle contromosse cinesi nella battaglia commerciale poiché ha esportato 211 milioni di dollari di prodotti lattiero-caseari l’anno scorso, stando ai dati doganali cinesi, principalmente latte e panna. L'anno scorso, gli agricoltori italiani, danesi, olandesi e spagnoli hanno venduto prodotti caseari soggetti alla nuova indagine cinese per un valore rispettivamente di 65 milioni di dollari, 55 milioni di dollari, 52 milioni di dollari e 49 milioni di dollari.