100 anni dopo il saggio Troppi avvocati di Calamandrei. Che avvocati servono in Italia?
Cento anni fa sui “Quaderni della Voce” di Giuseppe Prezzolini un giovane Piero Calamandrei pubblicava "Troppi Avvocati!", un pamphlet dalla tesi evidente: la presenza in Italia di così tanti legali ha prodotto una «elefantiasi patologica degli ordini forensi» che ha portato a una «esasperata lotta per l’esistenza» tra i professionisti della legge, con il risultato finale di un degrado della professione.
Quando il grande giurista mandava in stampa il suo saggio in Italia c’erano 39,4 milioni di abitanti e 25mila avvocati. Oggi gli italiani sono 59,3 milioni e gli avvocati 246mila. Se erano troppi cento anni fa, nel 2021 sono esorbitanti. «Ormai discutere del problema quantitativo della categoria degli avvocati ci spinge a perdere di vista il cuore della questione. Che gli avvocati siano tanti è un dato di fatto. Ma oggi è opportuno ragionare su quali avvocati sono sul mercato: la professione forense negli ultimi 20-30 anni si è molto evoluta e differenziata.
Se consideriamo che esistono tante “avvocature” vediamo che gli avvocati in Italia forse sono “un po’ meno troppi”», spiega Nicola Di Molfetta, direttore di Legalcommunity e MAG, che con la casa editrice LC ha ripubblicato il pamphlet di Calamandrei a un secolo di distanza, abbinato a un nuovo saggio dal titolo Quali Avvocati?.
Il punto, spiega Di Molfetta, è che 246mila avvocati che fanno la stessa cosa sono certamente troppi, e lo conferma il fatto che ci sono ancora molti avvocati in condizioni economiche quantomeno problematiche, con il 40% di loro che guadagna meno di 10.300 euro all’anno. Ma se invece questi legali sono divisi in aree di specializzazione ben definite il problema della sovrabbondanza si ridimensiona drasticamente.
«Nel nostro Paese c’è ad esempio carenza di avvocati specializzati nelle aree più classiche: sono pochi gli amministrativisti e i tributaristi, due ambiti che richiedono un livello di assistenza sempre crescente. Servono poi sempre più professionisti sul tema della “compliance”, ormai fondamentale per tutte le aziende. E c’è bisogno di avvocati specializzati sull’evoluzione tecnologica: la dimensione digitale delle nostre vite, che si espanderà ancora con realtà come le criptovalute o il metaverso, dal punto di vista legale è una prateria gigantesca. Chi ci si avventura oggi e nei prossimi anni avrà bisogno del supporto di avvocati competenti».
La formazione ha un ruolo centrale per avere avvocati in grado di stare sul mercato del futuro. «Ci sono università che si stanno adoperando per formare giuristi “contemporanei” – nota Di Molfetta –. Penso alla Bocconi, la Cattolica o la Statale a Milano, o gli atenei di Pavia, Padova, Bari e Trento. Occorre lavorare a un allineamento dell'offerta formativa, per includere ovunque i temi del digitale e dell’evoluzione del mercato dei servizi legali».
Ad esempio non si può non considerare l’esplosione del mercato dell’avvocatura d’affari, che era ancora piccolo 25 anni fa e che oggi vede le prime 50 realtà del settore fatturare complessivamente 2,5 miliardi di euro. «È un settore che è stato capace di vedere come cambiavano le esigenze dei clienti e adeguarsi. Quando si è capaci di fare incontrare domanda e offerta – conclude Di Molfetta – gli avvocati non sono forse abbondanti, ma non certo “in esubero”».