Sentenza. Invalidi, la Cassazione insiste Reddito familiare per la pensione
Cattive notizie per gli invalidi civili. Se pensionati e coniugati rischiano di ritrovarsi senza più la pensione d’invalidità. Infatti, a meno che non intervenga il Parlamento con una specifica norma, una sentenza della corte di cassazione obbliga a cambiare il criterio di valutazione del requisito di reddito che dà diritto alla pensione. Mentre ora si prende a riferimento solo il reddito del pensionato (cioè dello stesso invalido titolare della pensione), la cassazione afferma che bisogna considerare il reddito “familiare”, cioè il reddito dell’invalido sommato a quello del coniuge.
Si capisce, allora, che considerando due redditi (invalido e coniuge) risulterà più facile superare il limite di 16.127 euro di reddito fissato oggi (anno 2013) e così perdere il diritto alla pensione di invalidità. La novità era già stata introdotta dall’Inps con la circolare n. 149/2012 a decorrere dal 1° gennaio 2013; ma è stata poi messa in standby (messaggio Inps n. 717/2013) su suggerimento del ministero del lavoro. Ora, però, la sentenza n. 7320, depositata lo scorso lunedì (22 marzo 2013) dalla cassazione, sembra validare definitivamente l’operato dell’Inps di inizio anno. La vicenda è scoppiata a inizio anno, come detto, dopo che l’Inps aveva stabilito che dal 1° gennaio 2013 avrebbe riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità soltanto agli invalidi civili totali con un reddito “familiare”, anziché personale (come fatto fino all’anno scorso), non superiore al limite di legge. Il limite per quest’anno è pari a euro 16.127,30 e dà diritto a una pensione di 275,87 euro mensili. Il cambio dell’Inps non era frutto di una modifica normativa, ma di un nuovo orientamento assunto per adeguarsi in via amministrativa, legittimamente, alla sentenza della corte di cassazione n. 4677/2012 che aveva visto l’ente di previdenza prevalere in giudizio su una questione attinente proprio alle condizioni economiche per il riconoscimento della pensione d’inabilità. Contestata da sindacati e associazioni, la vicenda era poi finita sul tavolo del ministro del lavoro, Elsa Fornero, che, con le camere sciolte, aveva l’unica via di avviare apposita istruttoria. E così ha fatto, indirizzando una lettera al presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, in cui ha chiesto di valutare «tutti gli aspetti giuridici, di merito e di equità connessi all’applicazione della nuova soglia reddituale». In seguito alla lettera del ministro, l’Inps ha stoppato la novità.Il 22 marzo, però, è arrivata una nuova pronuncia giurisprudenziale destinata, con molta probabilità, a dare la svolta finale alla vicenda. In una maxi udienza celebrata al Palazzaccio il 13 febbraio, la Corte di cassazione ha affermato a chiare lettere che «ai fini dell’accertamento del requisito reddituale previsto per l’attribuzione della pensione di inabilità prevista dalla legge 30 marzo 1971, n. 118, articolo 12, deve tenersi conto anche della posizione reddituale del coniuge dell’invalido, secondo quanto stabilito dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, articolo 14 septies, comma 4, in conformità con i generali criteri del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell’intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola – stabilita dallo stesso articolo 14 septies, successivo comma 5, solo per l’assegno mensile di cui alla legge. n. 118 del 1971 citata – della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell’interessato».
Anche se diverse sentenze (n. 18825/2008, 7529/2009 e 20426/2010) hanno affermato al contrario che, a seguito dell’introduzione del citato articolo 14 septies, anche per la pensione d’inabilità deve farsi esclusivo riferimento al reddito personale dell’assistito, per la Corte di cassazione si tratta di pronunce datate e superate “come può dirsi superato il denunciato contrasto giurisprudenziale e consolidato il nuovo orientamento” (tra l’altro anche sentenza n. 4806/2012, n. 10276/2012, n. 10658/2012). Una precisazione che, se non ci saranno modifiche normative (che può fare soltanto il legislatore, cioè il Parlamento), ha l’effetto di una regola vincolante per l’Inps che, a questo punto, si vedrà costretto a ripristinare il principio che aveva introdotto ad inizio anno, cioè della validità del reddito ‘familiare’ ai fini del diritto alla pensione di invalidità, e procedendo di conseguenza a revocare numerose pensioni ad altrettanti invalidi civili.