Tendenza. «Capitale umano e formazione, così si esce dalla crisi»
Gianluca Spadoni impegnato in una lezione
«Questo lungo inverno della crisi è figlio di una mancanza di speranza e di fiducia a cui si può rimediare puntando sul capitale umano e sulla formazione». Lo sostiene Gianluca Spadoni, formatore e autore di Dai che ce la facciamo!, in cui raccoglie le storie di chi si è trovato in difficoltà, ma è riuscito a realizzarsi.
La competitività delle aziende italiane oggi si gioca su un terreno particolarmente arduo: da una parte la complessità delle sfide che le organizzazioni devono affrontare per raggiungere vantaggi competitivi e dall’altra la necessità di rispondere velocemente e in modo efficace. «Tali sfide – spiega Spadoni - richiedono all’azienda di trasformarsi per competere e partono tutte da una costante: al di là delle tecnologie, processi e strumenti sono le persone con i loro comportamenti e le loro competenze che possono far vincere o far perdere le sfide. La formazione sta diventando quindi una leva fondamentale per la riqualificazione e lo sviluppo delle competenze strategiche del proprio management attraverso l’attivazione di processi per acquisire nuovi modelli e strumenti per il rilancio ed una più efficiente gestione aziendale».
Nel nostro Paese ci sono 6mila enti di formazione accreditati presso le Regioni per circa 30mila operatori. Il problema è che in Italia si crede poco nella formazione continua. A Davos, al World Economic Forum 2016 è stato presentato un rapporto che esamina la strategia per l’occupazione, le competenze e la forza lavoro per il futuro. Il rapporto è stato elaborato attraverso interviste ai capi delle risorse umane e delle principiali multinazionali livello mondiale relativamente ai futuri scenari e cambiamenti in corso, in particolare per l’occupazione e le competenze . I dati elaborati ritengono che in cinque anni da oggi, più di un terzo delle competenze (35%) che sono considerati importanti nella forza lavoro di oggi saranno oggetto di cambiamento. Entro il 2020, la quarta rivoluzione industriale ci porterà robotica avanzata e trasporto autonomo, intelligenza artificiale e machine learning, materiali avanzati, le biotecnologie e la genomica.
«Questi sviluppi – sottolinea il formatore - saranno trasformare il nostro modo di vivere, e il nostro modo di lavorare. Alcuni lavori spariranno, altri cresceranno e posti di lavoro che non hanno nemmeno esistono oggi sarà diventato un luogo comune. Quello che è certo è che il futuro della forza lavoro avrà bisogno di allineare le sue competenze per tenere il passo. Nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività».
Dai dati registrati dall’Osservatorio della formazione continua del ministero del Lavoro emerge un quadro desolante e molto lontano se lo si paragona alle esigenze formative derivanti dal rapporto di Davos. Le statistiche nazionali e internazionali hanno fotografato il livello europeo di partecipazione alla formazione sui partecipanti adulti (25-64 anni) evidenziando che l’Italia rimane tra i Paesi al di sotto della media europea registrando un livello di partecipazione pari al 6,2 poco superiore alla Polonia, Turchia ,Grecia e Romania.
«Il capitale umano – conclude Spadoni – è la prima risorsa in assoluto. Ma nei bilanci delle pmi non è preso in considerazione. Gli imprenditori spesso sono costretti a pensare alla sopravvivenza. Il consiglio che posso dare a chi vuole trovare un lavoro è quello di investire prima di tutto in umiltà, disponibilità, bontà d’animo e voglia di imparare. Fidarsi di sé stessi e degli altri e promuoversi sono i primi passi per battere la crisi e farsi scegliere da un imprenditore».
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