Economia

Finanza. L'uscita di Caltagirone alza lo scontro sul futuro di Generali

Pietro Saccò venerdì 14 gennaio 2022

Francesco Gaetano Caltagirone (a sinistra) e Philippe Donnet alla fine dell'assemblea di Generali del 2017

Con le dimissioni di Francesco Gaetano Caltagirone si alza il livello dello scontro sul futuro di Assicurazioni Generali, la più grande compagnia assicurativa italiana.

Caltagirone ha comunicato le dimissioni dal Consiglio di amministrazione, dove era entrato nel 2007 diventando vice presidente vicario nel 2010. Lo ha fatto con una lettera polemica in cui accusa il Cda di averlo «palesemente osteggiato» e avergli «impedito dal dare il proprio contributo critico e ad assicurare un controllo adeguato» sulla gestione dell’azienda. In particolare il 78enne imprenditore romano ha criticato la presentazione e approvazione del piano strategico di Generali, la procedura con cui il Cda ha deciso di presentare una sua lista di candidati per il rinnovo, l’applicazione della normativa sulle informazioni privilegiati e l’informativa sui rapporti con i media e i soci significativi che hanno quote inferiori alle soglie di vigilanza.

Gabriele Galateri di Genola, che di Generali è il presidente, ha respinto le accuse: «Esprimo vivo rammarico e sorpresa per la decisione assunta dal cav. Caltagirone. Le motivazioni addotte non possono che essere categoricamente respinte avendo la società sempre condotto la sua attività secondo criteri di assoluta trasparenza e rigorosa correttezza, anche relativamente ai lavori per la presentazione di una lista per il rinnovo del consiglio, di cui ha costantemente informato le autorità di vigilanza. Ai suddetti principi ci si è attenuti nei rapporti con tutti i consiglieri, senza eccezione alcuna e in ogni occasione».

Caltagirone è a capo di una holding da quasi 1,5 miliardi di fatturato attiva nelle costruzioni (con Cementir), nell’immobiliare (Vianini), nell’editoria (controlla diverse testate tra cui il Messaggero, il Mattino e il Gazzettino) e nelle grandi opere (ancora Vianini). Ha gradualmente incrementato la sua quota in Generali fino a portarsi all’8%. Lo scorso autunno ha costituito un patto di consultazione con altri due soci forti della compagnia: il fondatore di Luxottica, l’86enne Leonardo Del Vecchio, che ha circa il 6,5% delle azioni, e la Fondazione Crt, che ha circa l’1,2% delle quote.

Il patto, che ha quindi quasi il 16% delle azioni di Generali, mira a cambiare la guida della compagnia, affidata dal 2016 al group ceo Philippe Donnet. Ci proverà in occasione della prossima assemblea dei soci, che si riunirà in aprile. A sostegno di Donnet e della lista del Cda proposta dal Cda stesso c’è il principale socio di Generali, Mediobanca, che ha il 12,8% delle azioni e il 17,2% dei diritti di voto. Vincerà questo scontro chi saprà convincere e portare dalla sua parte i grandi fondi e i piccoli investitori di Generali, che hanno rispettivamente il 34,7% e il 22,6% delle azioni.

Del Vecchio e Caltagirone sono anche i grandi soci della stessa Mediobanca, con il primo che ha il 18,9% delle azioni e il secondo il 3%: anche il Cda della banca milanese, guidata da Albero Nagel, è quindi pienamente al centro di questo scontro.

Le tensioni hanno messo pressione al titolo Generali, che a metà della giornata di Borsa perde l’1,1%, a 18,5 euro, appena sotto i livelli pre-pandemia (era a 18,7 euro a metà febbraio 2020) ma con un rialzo di circa il 30% rispetto a un anno fa.