Economia

L'intervista. Brambilla: «Misure poco eque»

Luca Mazza giovedì 29 settembre 2016
Premette che il governo Renzi era costretto a trovare una via d’uscita per esodati, lavoratori precoci e flessibilità in uscita, a fronte delle distorsioni create dalla riforma Fornero, «che ha alzato di colpo e di molto l’età pensionabile (in alcuni casi fino a sei anni), toccando anche la quota degli anni di contribuzione indipendentemente dall’età anagrafica». Però Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Welfare e adesso coordinatore del centro studi e ricerche "Itinerari previdenziali", dà un giudizio fortemente critico sul pacchetto-pensioni che ha visto siglare un primo accordo tra l’esecutivo e i sindacati. La sua non è tanto una valutazione negativa sui singoli interventi – dall’Ape all’estensione della 14esima mensilità ai pensionati –, ma piuttosto sull’impostazione di fondo. «Il punto di partenza per eliminare gli errori del passato doveva essere: premiare il merito e la fedeltà fiscale. E ciò non sta avvenendo», afferma Brambilla.Per quale motivo, professore?La legge Monti-Fornero potrebbe avere dei profili di incostituzionalità. Perché non si può lasciare andare in pensione a 66 anni di età chi ha solo 20 anni di contributi versati ed impedirlo a coloro che hanno 62 anni di età e ben 41 anni di contributi. Anche questa manovra dell’attuale governo mi sembra poco equa.Alcune sigle sindacali sostengono che 6 miliardi di risorse in tre anni siano troppo pochi. È d’accordo?Semmai è il contrario. Se pensano che ne servano di più lo vadano a dire alle nuove generazioni. Stiamo mettendo sul groppone di milioni di giovani disoccupati o sottopagati altri 6 miliardi di euro (a debito) per pensionati che, in alcuni casi, non hanno mai versato contributi. Senza contare che dal bilancio 2015 emerge che lo Stato ha speso 95 miliardi per pagare tutte le varie forme di assistenza (pensioni sociali, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, 14esima mensilità e così via...). È una somma che viene prelevata dalle tasche di chi lavora e paga regolarmente le tasse. E si tratta quasi di una minoranza.Allude all’atavico nodo dell’evasione fiscale?Basta vedere la dichiarazioni dei redditi. Non è possibile che circa la metà della popolazione italiana non dichiari neanche un euro. Il 53% di tutta l’Irpef viene pagato dall’11% dei cittadini. In Germania non sarebbe possibile, perché verrebbero ad accertarsi di come vive una persona che sostiene di non guadagnare nulla. Senza contare che noi siamo il Paese al primo posto per spesa in gioco d’azzardo pro-capite, per acquisto di automobili, per la chirurgia estetica... Come si spiegano tutti questi primati quando il 46% della popolazione percepirebbe una cifra inferiore ai 500 euro lordi al mese?Dove andrebbero destinati i denari pubblici in tempi di vacche magre?Bisogna incentivare l’occupazione e l’innovazione, altrimenti questo Paese non va avanti. A me piacerebbe che ci fosse l’opportunità di garantire maggiori entrate ai pensionati con gli assegni più bassi, ma occorre porsi domande sulla moralità, sull’etica, sull’equità e sul futuro. Comportandoci in questo modo stiamo minando la libertà finanziaria futura dei nostri giovani.Quindi è contrario pure alla 14esima mensilità allargata a pensionati con redditi fino a due volte il minimo?Va data a tutti coloro che ne hanno bisogno e diritto, ma solo dopo aver effettuato una radiografia dalla A alla Z. Come dice Boeri, non pensabile avere il 53% dei pensionati a parziale o totale carico dello Stato quando per raggiungere la pensione minima bastano 15 anni di contribuzione. Non vorrei che questo assegno destinato a coloro che non sono autosufficienti andasse a persone che per risultare nullatenenti hanno intestato un’azienda a un figlio e magari hanno migliaia di euro investiti in Bot. Sarebbe davvero poco equo.