Economia

Polemiche. Boom di voucher, il governo pensa a una stretta

Maurizio Carucci mercoledì 28 dicembre 2016

Circa 121 milioni di voucher venduti tra gennaio e ottobre del 2016 (+32% rispetto allo stesso periodo del 2015) e circa un milione e mezzo di persone coinvolte, soprattutto nel commercio, turismo e servizi. Dovevano regolare i “lavoretti” occasionali, ma spesso sono usati dai datori di lavoro per sostituire i contratti. Crescono così le voci sulla volontà del governo di combatterne gli abusi (ci sarebbe il consenso anche di Fi e Ala), prima che siano le urne a farlo. La Consulta, infatti, l’11 gennaio si esprimerà sull’ammissibilità dei tre referendum Cgil: sul ritorno all’articolo 18, sulla corresponsabilità negli appalti e sull’abolizione proprio dei buoni lavoro.

Secondo Stefano Fassina (Si), «la valanga di voucher era largamente prevista, non basta ora qualche aggiustamento». Tanto che dallo scorso ottobre il datore di lavoro ha l’obbligo di mandare un sms o una mail un’ora prima di impiegare il lavoratore occasionale.

Per una modifica si sta pensando di riportare il tetto massimo di introiti per il lavoratore a 5mila euro (da 7mila) o più bassi. Si vorrebbero anche inasprire i controlli, per individuare i datori che rimpiazzano i contratti con i buoni. Un giro di vite che non piace a tutti. In particolare la Coldiretti: «Solo l’1,09% è utilizzato nel settore per il quale erano nati». Cna, invece, chiede di colpire gli abusi, ma sostiene che «l’alternativa ai voucher è la giungla del lavoro nero». Mentre Assindatcolf sollecita di «porre un freno all’uso indiscriminato». Anche Maurizio Del Conte, presidente dell’Anpal, riconosce gli abusi e la necessità di una stretta (forse nell’edilizia).

Nonostante il boom dei buoni lavoro, i dati sulla disoccupazione restano preoccupanti: tre milioni di persone senza un impiego. Ad aggravare la situazione c’è anche l’archivio della mobilità dal 1° gennaio, assieme alla cassa integrazione in deroga e alla Discoll, l’ammortizzatore per i collaboratori. La Naspi, il sussidio unico, dovrebbe sostituire queste reti di protezione, ma alcuni lavoratori rischiano di rimanere esclusi.