Economia

La strategia. Lo «choc» di Draghi, ora tocca ai governi

Diego Motta giovedì 4 settembre 2014
Avanti tutta, senza paura. Contro il parere dei falchi della Bundesbank e le timidezze dei governi e contro le previsioni dei mercati, Mario Draghi ha deciso di accelerare ancora, nel percorso disegnato dalla Bce per far uscire i mercati dalla crisi. Ha annunciato l’utilizzo di strumenti "non convenzionali" come gli Abs, titoli che "impacchettano" prestiti a famiglie e imprese, o il Quantitative easing, il piano di acquisto massiccio di titoli sul mercato, bond inclusi, da parte dell’istituto di Francoforte. La prima mossa è prevista per ottobre, la seconda è stata oggetto di discussione, «alcuni governatori avrebbero voluto fare di più, altri meno», ha spiegato il numero uno dell’Eurotower. Soprattutto, Draghi ha tagliato i tassi, di fatto ormai azzerandoli del tutto. Tutto questo si tradurrà in minori costi per aziende e famiglie? In teoria sì, visto che il costo del denaro non è mai stato così basso. Molto in realtà dipenderà dalle scelte delle banche, sempre più "incentivate", nella visione della Bce, a girare risorse a favore dell’economia reale. Decisione «non unanime». Nel dettaglio, Draghi ha ridotto il tasso di riferimento, il tasso sui depositi e il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali: in tutti e tre i casi la diminuzione è stata di 10 punti base. Il principale tasso di rifinanziamento scende dallo 0,15 per cento allo 0,05. Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali dallo 0,40 allo 0,30 per cento. Infine il tasso sui depositi che la Bce custodisce per conto delle banche, che era già negativo, passerà dal meno 0,10 per cento al meno 0,20 per cento. La decisione «non è stata unanime», e non si tratta certo della prima volta, ma quel che conta è che adesso «le riforme strutturali devono chiaramente prendere slancio». La strategia dell’Eurotower si spiega innanzitutto con i «movimenti al ribasso di tutti gli indicatori delle aspettative inflazionistiche su tutte le scadenze», ha spiegato Draghi facendo capire che la variabile dei prezzi, praticamente fermi in mezza Europa, è stata tenuta in grande considerazione. Il resto l’ha fatto la voglia di liberare le ultime, residue energie disponibili per tornare a crescere, dopo che Francoforte ha rivisto al ribasso gli indicatori su Pil (+0,9% dal +1% di tre mesi fa) e inflazione (+0,6%, lontanissima dal +2% atteso per fine anno). Rispondono a questa esigenza i passi compiuti nella direzione dell’acquisto degli Abs di attività non finanziarie e di un ampio portafoglio di covered bond, che «avranno un impatto considerevole sul bilancio della Bce». Secondo le indiscrezioni, l’ammontare del programma potrebbe arrivare a 700 miliardi di euro in tre anni. I mercati brindano, ora palla ai governi. La sensazione è che, al netto del compromesso chiesto dall’opposizione tedesca e dai vincoli di statuto della Bce, Draghi si sia spinto fino al punto di non ritorno. L’hanno capito i mercati, spiazzati dal triplo taglio dei tassi e dalla mossa sugli Abs, che hanno festeggiato con rialzi netti soprattutto a Milano (+2,8%, la performance migliore tra i listini continentali) e Parigi (+1,6%) mentre Francoforte (+1,2%) e soprattutto Londra (+0,06%) sono parse più prudenti. Effetto immediato anche sullo spread tra Btp e Bund, sceso immediatamente di 12 punti, a quota 138. Toccherà agli Stati spingere ora l’acceleratore sulle politiche della crescita, senza confidare in rinvii contabili da parte della Commissione. «Nelle regole del Patto, la flessibilità c’è» ha ricordato il presidente italiano della Bce; basta usare i margini che già ci sono, è il suo ragionamento, migliorando i bilanci con misure che vanno dal «taglio di tasse molto distorsive» alla riduzione della «spesa più improduttiva».