Economia

Eurozona, Bce: Pil a +0,2% nel primo trimestre

giovedì 15 luglio 2010
Il Pil nell'area dell'euro nel primo trimestre del 2010 «è aumentato dello 0,2 per cento sul periodo precedente» mentre «gli ultimi dati economici e i più recenti indicatori basati sulle indagini congiunturali suggeriscono un rafforzamento dell'attività in primavera». Tuttavia, secondo il Consiglio direttivo della Bce (Banca centrale europea), «si prospetta un ritmo di incremento moderato e ancora discontinuo del Pil in termini reali nel corso del tempo e in tutte le economie e i settori di attività dell'area dell'euro».È quanto si legge nel bollettino di luglio della Bce nel quale si precisa come «la ripresa in atto a livello mondiale e il suo impatto sulla domanda nei mercati di esportazione dell'area dell'euro, unitamente all'orientamento accomodante della politica monetaria e alle misure adottate per ripristinare il funzionamento del sistema finanziario, dovrebbero sostenere l'economia dell'area».In uno scenario caratterizzato da «un elevato grado di incertezza» la ripresa, aggiunge la Bce, potrebbe essere «frenata dal processo di aggiustamento dei bilanci in corso in diversi comparti e dalle prospettive per il mercato del lavoro».LA DISOCCUPAZIONE NELL'AREA EUROLa disoccupazione nell'area euro dall'attuale 10%, «continuerà a scendere nel 2010, sebbene a tassi inferiori rispetto al passato». Lo fa sapere la Bce nel suo bollettino mensile. L'Eurotower nota anche che «esiste il rischio che la creazione di posti di lavoro sia insufficiente a ridurre la disoccupazione per un periodo di tempo significativo, se la moderazione della dinamica salariale non sarà sufficiente a stimolare la domanda di lavoro». Comparando la situazione occupazinale tra tra Stati Uniti ed Europa, la Bce ricorda che dall'avvio della recessione negli Usa si sono persi oltre otto milioni di posti di lavoro (pari circa al 6 per cento del totale prima della recessione). Nell'area dell'euro, per contro, l'occupazione è scesa di 3,9 milioni di unità (2,6 per cento) dall'inizio della recessione).Entrambe le economie hanno registrato una brusca contrazione del totale delle ore lavorate, sebbene il calo complessivo sia stato nettamente superiore negli Stati Uniti). Inoltre, vi sono state differenze significative nei contributi relativi del calo del numero di posti di lavoro e della riduzione dell'orario di lavoro tra le due economie. In entrambe, le imprese hanno reagito alla recessione riducendo le ore medie lavorate dai dipendenti. Negli Stati Uniti però questo effetto è stato esiguo rispetto al contributo di gran lunga superiore della soppressione di posti di lavoro alla riduzione del totale delle ore lavorate.Oltre a questa dinamica della domanda di lavoro, entrambe le economie hanno osservato significativi effetti avversi dell'offerta di lavoro in seguito alla recente contrazione economica.Nell'area dell'euro la stagnazione della crescita delle forze di lavoro dal terzo trimestre del 2008 può essere attribuito in misura quasi identica alla minor crescita sia della popolazione sia della partecipazione). Negli Stati Uniti, al contrario, la contrazione delle forze di lavoro (-0,2 per cento dal terzo trimestre del 2008) può essere esclusivamente attribuito al crollo particolarmente bruscodel tasso di partecipazione, poichè molti lavoratori sono stati scoraggiati nella ricerca di lavoro dalle ridotte prospettive di occupazione, mentre l'espansione della popolazione statunitense è diminuita solo lievemente.IL MONITO DELLA BCELa sostenibilità della finanza pubblica deve essere posta «in primo piano» nelle politiche di bilancio dei Paesi dell'area euro e, qualora gli attuali piani di risanamento non fossero sufficienti a centrare i target di riduzione del debito, sarà necessario prefissarsi traguardi più ambiziosi. Necessarie poi le riforme per sostenere la crescita, in particolare nei Paesi a scarsa competitività e che presentano forti disavanzi. È il monito lanciato dalla Bce nel bollettino mensile pubblicato stamani.«Nelle circostanze attuali tutti i Paesi dell'area dell'euro devono, come minimo, rispettare i propri piani di risanamento nei termini previsti dalle rispettive procedure per i disavanzi eccessivi. Il perseguimento di traguardi più ambiziosi, che una serie di paesi ha già fissato, si potrebbe rendere necessario laddove i piani correnti non bastino a conseguire l'obiettivo principale di arrestare e invertire l'incremento del rapporto debito pubblico/Pil», si legge nell'editoriale del documento.«Inoltre, tutti i Paesi devono indicare nel dettaglio misure di aggiustamento credibili che siano sufficienti ad assicurare il raggiungimento dei traguardi definiti per il 2010, il 2011 e oltre in materia di bilancio e devono onorare l'impegno di adottare misure aggiuntive, ove necessario, nei prossimi anni», prosegue la Bce.Per sostenere invece il pilastro della crescita, è «essenziale» che i Paesi membri perseguano «riforme strutturali di ampia portata. Ciò favorirà anche il processo di risanamento dei conti pubblici».«Importanti riforme risultano particolarmente necessarie nei Paesi che in passato hanno subito perdite di competitività o che al momento soffrono di disavanzi di bilancio e disavanzi esterni elevati».«Le misure dovrebbero assicurare che il processo di contrattazione dei salari ne consenta un aggiustamento flessibile alle condizioni di disoccupazione e alle perdite di competitività. Riforme tese a rafforzare la crescita della produttività promuoverebbero ulteriormente il processo di aggiustamento di tali economie», conclude la Bce nel suo editoriale.