L'analisi. Robot e auto del futuro: ecco chi porterà lavoro
Tecnici e robot al lavoro insieme allo Smart Production Lab di Volkswagen a Wolfsburg
L'automobile di domani non ha certezze granitiche riguardo a forme estetiche e motorizzazioni prevalenti, ma due probabili sviluppi in ambito occupazionale li può azzardare. Il primo è che la forza lavoro in questo settore ha un incoraggiante futuro ibrido a fronte di una preoccupante prospettiva elettrica. E il secondo è che l’utilizzo dei robot, anzichè deprimere la richiesta di manodopera umana, potrebbe – paradossalmente – anche far aumentare i posti di lavoro.
L'auspicabile transizione in atto verso la propulsione a batteria che passerà attraverso il progressivo – ma lentissimo – abbandono dei carburanti tradizionali, comporterà inevitabili cambiamenti dei processi produttivi. Una vettura elettrica ha pochi elementi meccanici e sistemi di trasmissione più semplici rispetto a un’auto che funziona solo a benzina o a gasolio, quindi necessita una minore forza lavoro per costruirla. In Europa oggi l’industria dell’auto dà impiego a 12,6 milioni di persone, pari al 5,7% degli occupati nella Ue: tra loro 112 mila assemblano motori e cambi in 126 fabbriche (5 in Italia). Secondo una ricerca di AlixPartners quindi, dopo il 2030 – data presunta per un passaggio numericamente massiccio all’elettrico puro – qui l’occupazione potrebbe subire un duro colpo.
Prima di allora però, saranno le auto ibride quelle più richieste: vetture già oggi in crescita esponenziale nelle vendite, che unendo un motore elettrico a quello tradizionale a scoppio, risultano più complesse da costruire. La previsione degli analisti è che entro il 2030 saranno 11 milioni le nuove vetture ibride immatricolate in Europa (tra ibride “normali” e plug-in, quelle cioè la cui batteria va ricaricata attraverso le apposite colonnine). E poichè è stato calcolato che assemblare propulsioni di questo genere(benzina+elettrico) richiede in media 9,3 ore di lavoro contro le 6,2 di un motore tradizionale, ne deriva che l’occupazione nelle fabbriche deputate a questo, nel breve periodo aumenterà. Lo studio di AlixPartners ha anche quantificato l’incremento previsto: circa 25mila nuovi posti di lavoro, presupponendo però che i pacchi-batteria siano montati in Europa.
Potrebbe non essere preoccupante invece da un punto di vista occupazionale nemmeno il sempre più largo utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle fabbriche automobilistiche. Nei giorni scorsi il vice-presidente della commissione europea responsabile per la crescita, Jyrki Katainen, si è detto convinto che l’utilizzo dei robot nell’industria potrebbe anzi portare a un aumento dei posti di lavoro in Europa. «È vero che i robot stanno sostituendo una parte di forza lavoro, ma ci sono anche esempi che vanno in direzione contraria», ha spiegato Katainen, citando il caso di un impianto di produzione di Mercedes-Benz in Finlandia «aperto, visto l’alto costo del lavoro nel Paese, solo grazie ai robot che hanno comportato la necessità di assumere anche manodopera umana».
Anche lo Smart Production Lab di Volkswagen a Wolfsburg, in questo senso è la prova della rivoluzione in atto. Al padiglione 55 per la prima volta, già da tempo tecnici specializzati in carne e ossa lavorano fianco a fianco con i robot. Ciò è possibile solo perché l’alto livello tecnologico raggiunto dagli automi consente loro di tener conto delle persone: in pratica il robot riesce a capire cosa vogliono che lui faccia. La “Fabbrica 4.0” secondo le intenzioni di chi la sta ideando, non sarà dunque senza persone, la manodopera umana sarà ancora necessaria. L’obiettivo è sviluppare però impianti industriali nei quali le persone abbiano compiti complessi che richiedano un alto livello di specializzazione, creatività e capacità di “problem solving”. Le persone si concentreranno sulla creazione di valore aggiunto, sulle singole messe a punto e sulla gestione della qualità delle auto. I robot con sensori integrati e nuovi concept per la sicurezza, si occuperanno invece di lavori ergonomicamente difficili e fisicamente faticosi.