La crisi dell’auto potrebbe costare 60mila posti di lavoro in Italia. L’allarme è partito dai sindacati del settore, ed è stato rilanciato dall’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che ha confermato la cifra choc. «Se non ci sarà un intervento del governo – ha detto ieri il manager prima di entrare a una riunione dell’Unione industriali di Torino – il rischio che 60mila lavoratori del comparto auto restino a casa è reale». Nel giorno in cui tra Europa e Stati Uniti vengono annunciati oltre 70mila licenziamenti per le conseguenze della recessione mondiale, l’Italia si trova a fare i conti con un’eventualità che rende bene l’idea di quanto conti il comparto auto nel complesso dell’industria manifatturiera nazionale. E che chiama in causa direttamente – e ora anche in via ufficiale, se si tiene conto che una richiesta di aiuto esplicita non era mai stata espressa dalla casa del Lingotto – il governo. L’attesa, a questo punto, è tutta per domani, quando a Palazzo Chigi si terrà l’incontro tra l’esecutivo, i sindacati metalmeccanici e tutte le principali associazioni industriali del settore, vertice fissato proprio per avviare una discussione sugli incen- tivi da concedere alle industrie legate all’auto. Un universo nient’affatto marginale, ben più vasto della Fiat, che da sola occupa in Italia circa 50mila persone (oltre 80mila calcolando anche camion e trattori). Secondo alcune stime, l’indotto del Lingotto vale almeno il 12% del prodotto interno lordo italiano e si calcola che l’insieme delle aziende attive nel settore automotive dia lavoro a 400mila addetti. «Dal governo – ha continuato Marchionne, che ieri ha incontrato il vice presidente della Commissione europea e commissario per le Imprese e l’Industria, Gunter Verheugen – ci aspettiamo un intervento per tutto il settore dell’Auto, che sta vendendo il 60% in meno dell’anno scorso. Non si tratta di aiutare la Fiat, ma di fare ripartire un intero comparto produttivo e tutta l’economia». È anche il sindacato a fare pressione. Il calcolo dei 60mila posti a rischio è stato fatto dal segretario nazionale della Fim-Cisl, Bruno Vitali, nel contesto di un’assemblea a Mirafiori. «Ci aspettiamo che il governo metta in campo ecoincentivi all’acquisto e intervenga affinché le produzioni italiane non vengano dismesse e trasferite all’estero», ha detto Vitali, annunciando per domani un presidio dei lavoratori davanti a Palazzo Chigi. Le ipotesi sul campo sono molte. Si è parlato di incentivi al credito al consumo, per finanziare l’acquisto di veicoli a tassi agevolati, ma anche di aiuti mirati alla produzione e vendita di auto meno inquinanti. Di certo è che i tecnici del governo sono al lavoro per valutare tutte le possibili iniziative e un eventuale provvedimento dell’Esecutivo dovrebbe riguardare incentivi alle vendite a favore di tutto il comparto. Tra le ipotesi anche quella di interventi tra i 260 e i 290 milioni di euro. Ma la strada degli incentivi all’auto resta tutta in salita. Tutti i principali Paesi europei hanno già previsto provvedimenti per sostenere la propria industria automobilistica. La Lega tuttavia frena. «Incentivi alla Fiat? Per quel che ci riguarda – ha detto il ministro leghista per la Semplificazione legislativa, Roberto Calderoli – mi sembra che si è già dato. Quella di mercoledì comunque è una riunione durante la quale il governo ascolterà le richieste e i problemi legati al settore dell’auto. Raccoglieremo le proposte e dopo ne parleremo ». Intanto, continua lo stillicidio della cassa integrazione: le presse dello stabilimento di Mirafiori chiuderanno tre settimane, dal 23 febbraio al 15 marzo, resteranno a casa tutti i 600 lavoratori (519 operai e 83 impiegati). E altre aziende dell’indotto pensano di chiudere, come la multinazionale Valeo, che nel torinese ha due fabbriche con 600 dipendenti e potrebbe chiuderne una. Sergio Marchionne