Assosomm. Agenzie per il lavoro garanti della continuità retributiva e contributiva
Rosario Rasizza, presidente di Assosomm
Assosomm, Associazione italiana delle Agenzie per il lavoro, rendiconta i numeri relativi alla capacità dimostrata dal sistema della somministrazione di far fronte al pagamento dei lavoratori in cassa integrazione causa emergenza Covid-19. «Nel mese di marzo – spiega Rosario Rasizza, presidente di Assosomm – sono stati messi a disposizione 56 milioni di euro per il pagamento degli stipendi ai lavoratori in somministrazione che hanno avuto accesso alla Tis, trattamento integrativo salariale, l’ammortizzatore sociale previsto per i lavoratori del settore. La cifra si è fatta ancor più alta per il mese di aprile, in cui sono stati resi disponibili 136 milioni di euro. Questo ha significato, per quasi 200mila lavoratori ingaggiati dalle Agenzie per il lavoro, aver ricevuto in tempi record l’accredito del proprio stipendio, spesso ancor prima rispetto ai colleghi assunti alle dirette dipendenze dell’azienda. Un sistema davvero virtuoso e capace di non pesare sulle pubbliche casse – osserva Rasizza – se pensiamo che sono state tantissime le imprese prive della solidità necessaria ad anticipare i soldi della cassa integrazione, o addirittura nell’impossibilità tecnica di procedere con tale anticipo e quindi obbligate ad aspettare i tempi non certo snelli della macchina Inps».
Ancora una volta la somministrazione, quindi, anche in virtù della possibilità di attingere al Fondo di solidarietà istituito nel confronto e nella sinergia con Forma.Temp e le parti sociali, ha rivelato la sua efficacia e i lavoratori ancora chiamati “interinali” si sono rivelati tutt’altro che di serie B. La somministrazione da sempre, del resto, è autonoma nella gestione degli ammortizzatori sociali previsti per i lavoratori.
«Un sistema che si auto tassa per accantonare un fondo da destinare alla formazione professionale continua e alle emergenze economiche e sociali quale quello della somministrazione, meriterebbe senz’altro un maggior riconoscimento sociale, sia da parte della pubblica opinione (presso la quale siamo ancora visti come precarizzatori e non come portatori di flexisecurity) sia presso le istituzioni, con le quali il dialogo ancora fatica ad avviarsi con costanza, restando in un inspiegabile clima di tiepidità», conclude Rasizza.